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FERRARIS Giovanni Maria (Presidente) Passiamo alla discussione dell'interpellanza generale n. mecc. 201301448/002, presentata in data 28 marzo 2013, avente per oggetto: "Ritardi pagamenti Comune alle imprese" FERRARIS Giovanni Maria (Presidente) Ricordo che, dopo la risposta dell'Assessore Passoni, ogni Consigliere avrà la possibilità di intervenire per un tempo non superiore a 5 minuti. La parola, per la risposta, all'Assessore Passoni. PASSONI Gianguido (Assessore) Sostanzialmente, l'interpellanza generale chiede alcuni dati, che in parte sono disponibili e in parte lo saranno nei prossimi giorni; parte da un'analisi abbastanza articolata legata alle circostanze per le quali anche il Legislatore si è occupato recentemente del concetto dei tardivi pagamenti del settore pubblico, dei Comuni, delle Regioni e dello Stato alle imprese. L'interpellanza parte dal presupposto che vi sono condizioni economiche particolarmente favorevoli, in quanto i tassi della Banca Centrale Europea sono ai minimi storici, che vi sono rilevamenti statistici (che, per la verità, non sono di per sé attendibili rispetto al comparto Enti Locali, ma sono riferiti alla media complessiva della Pubblica Amministrazione), che sono stati attivati strumenti di smobilizzo, anche estemporanei (come specifici fondi convenzionati con attività che hanno, fra virgolette, "rilevanza" legata alle organizzazioni rappresentanti i settori delle imprese private), che effettivamente in questo momento l'uso di questi fondi non si è rivelato risolutivo (anche tenuto conto del tema delle certificazioni) e che, naturalmente, ciò comporta un ragionamento finale sul tema dello smobilizzo dei crediti che riguardano alcuni settori (nella fattispecie nel penultimo capoverso viene citata la manifestazione organizzata dalla Federazione Italiana Scuole Materne). Sostanzialmente, l'interpellanza chiede quale sia lo stato delle cose e quali provvedimenti potrebbero essere adottati per affrontare questo annoso tema. Comincerò il mio intervento spiegando - lo farò partendo dal fondo - che la situazione economica generale ha richiesto al Legislatore un intervento di 2 tipi: uno legato agli interventi di spesa in conto capitale, per i quali i tardivi pagamenti della Pubblica Amministrazione sono in parte e sostanzialmente dovuti alla difficoltà del contemporaneo rispetto dei limiti del Patto di Stabilità e al pagare nei termini di puntualità quelle che sono le prestazioni di servizi, o di opere scadute, o in corso di scadenza. Questa considerazione fa discendere una delle due cause della difficoltà del settore pubblico a pagare nei vincoli del Patto di Stabilità (e poi vedremo come questo è stato affrontato dal Legislatore). In realtà, questo tema per la Città di Torino è parzialmente incidente, nel senso che sicuramente lo è stato in passato, per le note vicende per le quali la Città ha pagato, al 31 dicembre 2011, oltre 400 milioni di Euro di arretrati al Titolo II; sforando il Patto di Stabilità, ha scaricato, utilizzando tutta la liquidità disponibile nei fondi di tesoreria e ricorrendo anche all'anticipazione, un'enorme quantità di residui passivi derivanti dal Titolo II. Abbiamo già ampiamente discusso di questa scelta, ma, a conferma della bontà di questa operazione, vorrei citare "Il Sole 24 Ore" di domenica 7 aprile, che, in una tabella a pagina 5, rappresentava la condizione dei pagamenti in conto capitale sospesi nelle Pubbliche Amministrazioni italiane. Per quanto in quella tabella qualcuno abbia letto una circostanza negativa, cioè il fatto che la Città, avendo già utilizzato l'anticipazione per pagare i fornitori, non abbia ulteriori margini di pagamento, in realtà la tabella dice una cosa molto chiara: a fronte di città che - come Milano - hanno 3 miliardi di Euro di debiti liquidi esigibili in conto capitale e che potrebbero sbloccare 112 milioni di Euro, la Città di Torino svetta in fondo alla graduatoria - fortunatamente, in questo caso - con solo 642 milioni di debiti complessivi. In questo caso l'essere in fondo alla graduatoria è un titolo di merito, perché significa che la Città, al 31 dicembre 2011 e al 31 dicembre 2012, ha erogato consistenti pagamenti in Titolo II e conto capitale, chiaramente utilizzando le giacenze di cassa in allora e pertanto la giacenza è indicata a zero, in quanto non ci sono margini aggiuntivi per la Città di Torino in conto capitale. È pur vero che, a fronte di un Bilancio che non è neanche la metà del Bilancio della Città di Milano, la Città di Torino ha praticamente il 25% del problema rispetto al pagamento di quote di investimenti o ai pagamenti in Titolo II. Se guardiamo città come Napoli, con un miliardo e 600 milioni di Euro, o Roma, con 3 miliardi e mezzo di Euro, la nostra situazione indica che abbiamo ampiamente pagato spese da investimenti, ovviamente ricorrendo ai margini del Patto di Stabilità e scaricando, avendo una situazione particolarmente complessa per effetto degli investimenti olimpici, buona parte dei pagamenti sulla liquidità ben prima che intervenisse un provvedimento, peraltro assolutamente parziale; infatti, ricordo che, in questo caso, lo sblocco dei pagamenti è il 13% della liquidità disponibile nel conto corrente degli Enti. Quindi, con questo provvedimento Milano pagherà comunque 100 milioni di Euro sui 3 miliardi di Euro di debiti; Torino, di fatto, non ha sblocchi straordinari, ma ribadisco che comunque ha meno del 25% dei debiti verso il sistema delle imprese in conto capitale, che hanno le altre grandi città italiane. Questo è il primo dato che sottolineo, perché, in termini strutturali, è la parte più comunicata della manovra del Governo che ha rilevanza con l'interpellanza generale, in quanto, i pagamenti sono di 2 tipi: i pagamenti per investimenti ed i pagamenti per debiti di natura commerciale. Se andiamo a verificare il dato legato all'utilizzo di ulteriori somme per smobilizzare i crediti di qualunque natura, l'interpellanza generale cita la circostanza dei cosiddetti fondi "sbloccacrediti". Bisogna circostanziare il fatto che, per quanto la Città di Torino abbia comunque partecipato in sede di discussione a quella fase in cui il fondo "sbloccacrediti" è stato inserito nel territorio delle Camere di Commercio della provincia di Torino (storicamente il primo comparto ad istituire questo fondo "sbloccacrediti" fu quello lombardo e, poi, fu allargato ad altre Camere di Commercio), devo tuttavia ricordare che il fondo ha un'utilità su crediti di entità piuttosto piccola. Vi fornisco 2 dati (peraltro l'interpellanza lascerebbe intendere una resistenza all'uso dello strumento): non c'è una resistenza all'uso dello strumento, ma c'è il fatto sostanziale che sono talmente piccoli gli importi in termini di liquidità che, quando si dovrebbe arrivare ad un livello di sofferenza tale per cui si utilizza il fondo, in realtà la Città paga, perché, fino ad oggi, l'utilizzo medio del fondo da parte di 16 aziende nella provincia di Torino e di 62 aziende in tutto il Piemonte (quindi, numeri assolutamente minimali) ha portato ad una media di importo erogato di 26.800 Euro. Si tratta, quindi, di cifre per le quali, probabilmente, potrebbe avere interesse a ricorrere al fondo un piccolo Ente o un piccolo acquirente di beni e servizi, ma non certamente la Città di Torino, che non ha mai assolutamente ingerito sulla scelta delle imprese di ricorrere al fondo, ma che, a fronte di 26.000 Euro, ovviamente è disponibile e pronta a pagare, naturalmente sempre rispetto al criterio della cronologicità dei pagamenti. Anche perché, visto in sé e per sé, il tema del fondo "sbloccacrediti" sembrerebbe un elemento di puro vantaggio, ma va tuttavia ricordato che, in realtà, il fondo rotativo viene erogato ad un costo, per chi vi provvede, di tasso Euribor più 3,50 di spread, che oggi, con l'Euribor basso, non è una cifra elevata rispetto al mercato, ma, ovviamente, è altamente preferibile che l'Ente paghi a prima richiesta anziché certificare e ricorrere al fondo, in quanto porterebbe comunque un ammontare di interessi passivi del 4% circa al soggetto che lo chiede. Non ci sono commissioni, perché, di solito, queste sono sostenute dal sistema camerale, ma, di fatto, c'è comunque una scadenza a 12 mesi (quindi, neanche tanto a medio-lungo termine) del finanziamento ed un costo abbastanza alto. Per quanto riguarda la domanda: "Perché il fondo "sbloccacrediti" funziona parzialmente?", la risposta è che è uno strumento che, storicamente, è servito per pagamenti di ridottissimi importi tra enti creditori e debitori, prova ne è che l'importo medio è, appunto, di 26.800 Euro; tendenzialmente i casi di debiti e crediti che hanno rilevanza sulla Pubblica Amministrazione si hanno quando ci sono cifre più importanti, perché ricordo sempre che la Città, anche nei momenti di peggiore liquidità possibile, opera comunque pagamenti per oltre un milione di Euro al giorno, quindi si tratta di cifre piuttosto consistenti. A fronte di oneri di questo tipo e, peraltro, di un fondo che comunque è operativo ed è utilizzabile, per cui ha la sua finalità specifica, si tratta sostanzialmente di un fondo che nasce con delle intenzioni - vorrei usare questo termine - di nicchia, cioè per casi circostanziati e crediti evidentemente molto piccoli. Questo fondo è certamente importante e ricordo solo che tutti gli strumenti finanziari che comportano un costo aggiuntivo per le imprese vanno scelti ed utilizzati da parte delle imprese stesse solo qualora ne ricorra effettivamente la fattispecie. A Vercelli sono ricorse al fondo 3 imprese, nel Verbano 6, a Torino 16, a Novara 11, a Cuneo 19, a Biella 3, ad Asti 1 e ad Alessandria 3 e questo prova il fatto che non è il comportamento degli Enti che determina il ricorso al fondo, ma è effettivamente il fatto che il fondo interviene in modo talmente chirurgico che, spesso, gli stessi Enti provvedono a pagare prima di ricorrervi e comunque le aziende preferiscono non ricorrervi per non avere ulteriori interessi, oltre a quelli che già scontano sui propri affidamenti bancari di natura diretta. È sicuramente uno strumento poco conosciuto, ma assolutamente chirurgico e poco rilevante in particolare in una realtà come Torino, perché i 16 soggetti di Torino che vi sono ricorsi non sono fornitori della Città di Torino, che ha sempre pagato queste cifre, ovviamente secondo disponibilità, ma in tempi tali da rendere inutile il ricorso a qualunque tipo di certificazione o fondo. Per quanto riguarda la liquidità in generale, più che l'osservazione che viene riportata al terz'ultimo capoverso dell'interpellanza generale, si rileva una considerazione diversa: perché il Governo si è reso conto della necessità di un fondo "sbloccacrediti" per sopperire ad esigenze di liquidità temporanea? Perché nel Decreto governativo è stato previsto che, nel periodo intervenente tra la pubblicazione del Decreto (cioè il mattino di lunedì scorso) ed il 30 settembre, le anticipazioni di tesoreria degli Enti vengano portate da tre dodicesimi a cinque dodicesimi? Per la ragione molto semplice che, al di là della congiuntura economica, vi è una congiuntura finanziaria che è determinata proprio da scelte di natura centrale. Provo a spiegarmi meglio: sapete benissimo che sono 2 anni che è entrato in vigore il regime dell'IMU. Teoricamente, il regime dell'IMU continua a mantenere, in termini economici, il livello di entrate finanziarie uguale al livello dell'anno precedente; cioè, a fronte di un'entrata da IMU di 420 milioni di Euro, la partita a debito/credito con il fondo, ex trasferimento, è sostanzialmente in pari e, pertanto - teoricamente -, quello che prendevamo dal trasferimento, lo prendiamo anche dall'IMU. C'è però una differenza fondamentale: negli ultimi 2 anni, grazie alle manovre che hanno previsto il fatto che sull'IMU veniva recuperato il trasferimento tagliato, in termini temporali il trasferimento veniva erogato nel mese di febbraio dell'anno medesimo e, quindi, la Città riceveva a febbraio di ogni anno una cifra progressivamente in riduzione, ma comunque sempre consistente, che, fino all'anno scorso, è stata pari a 70-80 milioni di Euro. Quest'anno è entrata in vigore un'ulteriore riforma dell'IMU che prevede che neanche l'IMU sconterà più la divisione tra IMU sull'abitazione principale del Comune e IMU sulle altre abitazioni, che invece va allo Stato, per cui si lascia l'IMU ai Comuni. In termini di competenza, apparentemente questa riforma non produce differenze, cioè noi incasseremo l'IMU complessiva, anziché lo Stato. Che cosa fa lo Stato? Lo Stato ci taglia il trasferimento per pari misura e, a livello economico, la quadratura è perfetta. Ma che cosa cambia in termini finanziari? Cambia il fatto che, mentre il trasferimento veniva pagato dallo Stato a febbraio, l'IMU viene pagata in acconto il 16 giugno, tardando quindi la liquidità di oltre 100 milioni di Euro di oltre 4 mesi. Tradotto questo significa che una città come Torino, che, comunque sia, ha un'anticipazione di tesoreria di tre dodicesimi (quindi, circa 260 milioni di Euro), paga tutti i mesi obbligazioni verso terzi già contratte (stipendi e contributi, piuttosto che altre somme), che naturalmente ogni anno si accumulano senza alcuna entrata tributaria o statale. Perché - combinazione - il Ministero ha previsto il fondo nel mese di maggio? Perché, da gennaio a maggio, gli Enti Locali italiani non hanno ricevuto un Euro o, comunque, hanno ricevuto (nel caso sia accaduto) una cifra al di sotto del 5 o del 10% dei fondi ricevuti l'anno precedente, dicendo naturalmente - lo Stato - che il principio economico è salvaguardato perché li prenderemo a giugno. Certo, ma che cosa cambia in termini di scadenza dei pagamenti? In termini di pagamenti, nel sistema pubblico ciò era già allungato per effetto della generale crisi di liquidità e questo va ulteriormente ad aggravare la condizione ed a generare un'emergenza reale. Pensate al tema dell'emergenza rifiuti in alcune regioni o città italiane. Il rinvio della TARSU o TARES ad un decreto che, alla fine, l'ha istituita (ne parleremo tra un po', quando avremo l'argomento all'Ordine del Giorno) ha portato i Comuni a dover utilizzare fondi non TARES e non TARSU per pagare il servizio della raccolta rifiuti, arrivando al limite di non riuscire a pagarla e quasi ottenendo il risultato di mettere in crisi l'intero sistema della fornitura della filiera dei servizi ambientali. Ravveduto il Governo su questo tema, dispone che possiamo determinare quali sono le scadenze di pagamento, ma comunque stiamo parlando di un sistema che ha previsto fino ad oggi e fino a ieri addirittura l'incertezza sul fatto che vi fosse un'imposta di natura tributaria sul tema dei tributi di natura ambientale. Tornando all'interpellanza, le ragioni per le quali si è aggravata la situazione generale del comparto Enti Locali in tutta Italia (Torino e provincia compresi) derivano da questa circostanza. Applicandolo al sistema, quali sono le modalità che vengono attuate e quali sono gli strumenti? Fino al 31 dicembre dell'anno scorso la Città cercava di garantire il pagamento a 90 giorni (per rispondere al primo punto); naturalmente da allora i tempi possono essersi dilazionati, non abbiamo la statistica puntuale, ma adesso spiegherò quale lavoro è obbligatorio per Legge e che cosa stanno facendo gli Uffici con sanzioni se non viene fatto entro il 30 aprile, perché sostanzialmente è possibile che qualche fornitore, che prima veniva pagato a 90 giorni, abbia ulteriormente tardato i pagamenti. "Non sarebbe preferibile che uno strumento quale il fondo 'sbloccacrediti' venisse creato dal Comune di Torino?", c'è già ed ho appena fornito i dati, ma naturalmente questo fondo ha una rilevanza sostanzialmente minimale. Se prendiamo una media di 26.000,00 Euro e la applichiamo ai 16 casi di Torino (non del Comune di Torino), vuol dire che a Torino il fondo "sbloccacrediti" ha sostanzialmente smobilitato circa 400.000,00 Euro di pagamenti, che, per il nostro Comune, rappresentano il 40% dei pagamenti di un giorno e questo dato è riferito a tutto il fondo "sbloccacrediti" da sempre usato alla data del 15 aprile 2013, cioè fino all'altro ieri. Di fatto è uno strumento chirurgico, marginale, che attiene funzioni e tipologie di Enti che non sono i grandi Comuni. Peraltro, c'è un limite di utilizzo sull'importo medio, per cui spesso i fornitori non vi ricorrono, perché non hanno effettivamente profittabilità. C'è poi una domanda che si riferisce alle difficoltà manifestate dal Comune a certificare i pagamenti scaduti; in realtà, non è così, nel senso che, ad oggi o - meglio - a ieri (fino a quando la norma era in vigore e non c'era ancora l'attivazione del portale cosiddetto per la certificazione), la Città, come qualunque pagatore, evitava accuratamente, ove possibile, di certificare il credito. Per il momento, la Città sta sempre pagando liquido, senza dover certificare i soggetti che potrebbero attingere alla certificazione, che peraltro sono solo i contratti di somministrazione, forniture ed appalti, quindi non crediti derivanti da convenzioni o altre fonti di impegno della Città rispetto a terzi, per cui non potrebbe pagare convenzioni, come peraltro quella citata nel penultimo capoverso dell'interpellanza generale, ma ovviamente lo fa a fronte di fatture certificate che, per Legge, sono certe, liquide ed esigibili. Il Decreto "sblocca pagamenti" riprende questo concetto con riferimento al 31 dicembre 2012, quando dice che gli Enti non possono limitarsi a trattenere la banca dati dei pagamenti secondo scadenze, liquidazioni e pagamenti, ma devono fare un lavoro aggiuntivo; poi racconterò quella che è la fase attuale, cioè, da una parte, la fase sostanziale di cambiamento del sistema della certificazione e, dall'altra parte, del pagamento. Naturalmente, poi questa forma di pagamento della certificazione è oggetto di certificazione. Non mi dilungherò a descrivere le complessità tecnico-amministrative perché la piattaforma telematica venga attivata e non è un problema degli Enti, ma non mi risulta che ci siano molti Enti in tutta la Regione Piemonte che abbiano la piattaforma già operativa; comunque sia, bisogna sempre ricordarsi che la certificazione non sostituisce il tema dell'onere a carico del soggetto che riceve la certificazione. Provo a spiegarmi meglio; la certificazione ha un sistema operativo di questo genere, ovvero può essere usata per 3 finalità: in caso di cessione, anche parziale, del credito certificato a banche e intermediari finanziari con la cessione notificata all'Amministrazione debitrice. Per essere chiari, quindi l'iniziativa parte sempre da un terzo, non parte dalla Città che dice "certifico", ma si tratta di una piattaforma che è sempre partita da un soggetto che richiede la certificazione. Di fatto, noi non abbiamo avuto alcuna certificazione, ma neanche alcuna richiesta, perché, quando si arriva alla certificazione, l'Amministrazione, per quanto in scadenza di fattura, riesce comunque a pagare. Questo peraltro comporta e denota il fatto che, essendo una certificazione, in realtà è un strumento ultimo di smobilizzazione, che la Città non ha profittevolmente dovuto utilizzare per il fornitore, perché comunque comporta oneri. Il secondo caso di utilizzo è che l'anticipazione valga sul credito certificato da parte di banche e, naturalmente, deve essere notificata all'Amministrazione debitrice (quindi, è un caso leggermente diverso). Il terzo caso è che la certificazione venga utilizzata per compensazione, anche parziale, del credito certificato con l'agente della riscossione; questo è il caso che avrebbe più "senso", tra virgolette, ma, di fatto, spesso non è stato operativo, cioè non è mai stata richiesta in questi termini. Peraltro, converrebbe alla Città, perché vorrebbe dire che la contropartita non è il movimento finanziario, ma è, tra virgolette, una "compensazione diretta" tra Enti Pubblici debitori e creditori. In questo senso, la Città sta comunque instaurando questa dimensione, anche perché la normativa è stata riformata a fine anno ed è ribadita nel D.L. n. 35 approvato lunedì scorso, che sostanzialmente potrebbe aprire qualche spazio. Però perché non ha grandi spazi di successo? Perché la certificazione deve essere presa da una banca che, su base affidataria (cioè a prova della liquidità del credito), comunque eroga un finanziamento ad un tasso; la normativa è molto chiara: nessun onere può essere imputato all'Amministrazione finanziaria pubblica e, quindi, per noi deve essere ad onere zero e gli oneri dello sconto del denaro ricadono sul soggetto fornitore. Quindi, il fornitore spesso non ritiene di doversi fare carico di questo e, conseguentemente, viene pagata senza procedura di certificazione e senza ulteriori complessità. Venendo al tema della procedura che adesso entra in vigore (e spero che darà risultati positivi, sempre che naturalmente vengano applicati sufficienti plafond di budget da parte del Protocollo d'Intesa tra soggetti pubblici e Amministrazione finanziaria e tra Amministrazione finanziaria e Cassa Depositi), lo strumento è sostanzialmente interessante, perché in pratica prevede - e rispondo al quarto punto - che l'Ente debba fare una ricognizione non formale in termini meramente compilativi, cioè non è la tipologia di fornitore che potrebbe essere più in "crisi", tra virgolette. Peraltro, nella fattispecie della Città i fornitori più in crisi sono sostanzialmente quelli che hanno grandi forniture. Per esempio, forse la situazione più complicata è quella che riguarda il tema del pagamento della mensa scolastica, in quanto si tratta di un fornitore che, ogni anno, vale qualche decina di milioni di Euro; essendo le scale molto ravvicinate, quindi ha patito di più il fatto che, nel primo semestre, la liquidità sia stata più carente, perché ha un livello di scadenze di fatturazione talmente fitto che ha un effetto economico molto alto. Ciononostante, al momento la Città non ha operato secondo le regole di certificazione (non è stato ancora richiesto, ma, se verrà richiesto, lo faremo) e ovviamente sta cercando di corrispondere il pagamento in tempi certi, ricorrendo agli strumenti - che adesso dirò - di smobilizzo dei crediti della Pubblica Amministrazione. Sostanzialmente, il Decreto dice una cosa molto semplice: per quei debiti che sono certi ed esigibili nelle disponibilità di casse immediate si utilizza lo sconfinamento di cassa in termini di anticipazione fino ai cinque dodicesimi. Naturalmente, l'Ente che autorizza questo sconfinamento deve essere certo che, al mese di settembre, si rientri nei parametri di linea, perché, come una grande azienda che chiede un fido ed un extrafido (in questo caso, il fido è pubblico e per Legge), bisogna essere certi del rientro. Quindi, la Città non è che domani mattina si mette a pagare senza guardare la scadenza del 30 settembre; naturalmente, la Città pianifica i flussi di cassa, come fa sempre, ma rispetto al rientro del 30 settembre che verrà evidentemente operato. Questo interessa tutto il sistema pubblico e serve solo - per capirci e per quello che raccontavo prima del sistema IMU-TARES - a permettere di sopperire i mesi di aprile, maggio e giugno (la liquidità che, normalmente, avremmo avuto in cassa per il trasferimento ricevuto a febbraio e che, invece, ci arriverà a giugno e dicembre). Cioè è una misura estemporanea, visto che l'Amministrazione del Ministero delle Finanze si è resa conto che i Comuni, le Regioni e gli Enti Locali in genere non possono fare conto ad entrate zero per 6 mesi, contando solo sul pareggio economico delle entrate strutturali dei mesi di giugno e dicembre. Pertanto il concetto è il seguente: tu usi per un paio di mesi l'anticipazione, a giugno di fatto la richiudi, e ti riallinei come se avessi avuto "ab origine", tra virgolette, il trasferimento a febbraio. Quindi, è un'operazione di scoperto a brevissimo, che serve a smobilizzare soltanto le emergenze legate a questo bimestre di sofferenza di cassa. Tutt'altro sarebbe ricorrere straordinariamente ed ordinariamente ai cinque dodicesimi, che, alla fine, comporterebbe un incremento di debito, perché l'anticipazione non è altro che una linea di credito che si può tirare, ma che deve essere chiusa nei termini di Legge. Questa è la misura estemporanea. Vorrei dire che quella che potremmo chiamare più emergenziale, che la Città sta iniziando (appena sarà pronta la convenzione quadro per usare questo strumento), servirà per pagare quelle sofferenze immediate che sono state manifestate a più titolo, ma sempre nel rispetto della cronologia ordinaria dei pagamenti, quindi senza strumenti straordinari di smobilizzo. Invece esiste un'altra linea, che è molto più interessante, che è la seconda parte del Decreto dell'8 aprile (cioè, della settimana scorsa), che prevede quello che sostanzialmente viene chiesto nell'interpellanza: l'Ente deve ("deve" non in termini generali, ma in quanto ne ha l'obbligo) censire e certificare l'intero debito certo, liquido ed esigibile al 31 dicembre 2012; quando lo ha raggiunto e, con un parere dei Revisori dei Conti, lo manda al Ministero per il censimento e la verifica, il Ministero stabilisce, sommando tutte le richieste delle fatture e dei documenti (che abbiano natura di debito certo, liquido ed esigibile al 31 dicembre 2012), i cosiddetti spazi di pagamento. In altre parole, stabilisce, fatto un castelletto nazionale, come si attribuisce lo smobilizzo ai singoli Enti territoriali (Regioni, Province e Comuni). A quel punto, volendo fare un esempio che riguarda la Città, devo inventare una cifra, perché non c'è ancora una cifra e sottolineo che questo lavoro - vorrei essere chiaro - si rivolge ad un'attività che per il nostro Ente cumula ogni anno 99.213 mandati e/o 18.773 determine di liquidazione. Quindi, per quanto il sistema sia meccanografico, richiede una verifica giuridica sul concetto di liquido, esigibile e sostanzialmente certo che non è banale, perché ricordo che la norma prevede enormi sanzioni amministrative e pecuniarie a carico dei dirigenti che si fanno carico di questa procedura. Quindi, ribadisco che non è una questione banale. Peraltro, noi paghiamo 86.550 mandati all'anno per circa 16.382 mandati di liquidazione, determine di liquidazione all'anno; capite che mettere il censimento in un primo semestre (che sono, più o meno, la metà di queste quantità), oltre a quelle dell'anno scorso (che non sono ancora evase), il 30 aprile diventa una scadenza molto ravvicinata e, evidentemente, gli Uffici lo stanno facendo giorno e notte. Immaginiamo che questo lavoro produca un censimento del debito (che, per Legge, è certo ed esigibile) di 100 Euro (ribadisco che sto immaginando una cifra); se il plafond nazionale è di 1.000 Euro, verrà trovato un criterio - che non è noto - di ripartizione e, sulla base di questi fabbisogni, ci sarà un fondo nazionale finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti che, in questo caso, a medio-lungo termine (cioè a 30 anni) finanzia il debito scaduto con un tasso di anticipazione molto basso (si parla di una cifra al di sotto del 3% complessivo). Che cosa sta succedendo? È una cosa particolarmente innovativa? Non è innovativa. Chi ha qualche capello bianco più di me - penso tanti, specialmente nei settori comunali - ricorderà che, negli anni Settanta, quando i Comuni arrivarono alla grande riforma della contabilità, si parlò dei famosi Decreti Stammati, cioè di una sorta di Decreto per cui, in termini economici, i Bilanci venivano finanziati a piè di lista, secondo ordinativi di spesa. Forse grazie alla crisi e forse per fortuna della crisi, sta ritornando un sistema in cui il censimento nazionale, dopo anni di autonomia dei debiti e crediti, torna a finanziare nazionalmente quello che è lo sconto generale di arretrato dei pagamenti. Con il nuovo sistema contabile vi è lo scopo di riallineare, probabilmente entro qualche anno - ricordo che il fondo per lo smobilizzo dei crediti che raccontavo ha valenza biennale, quindi sarà un'operazione da fare quest'anno, da rifare l'anno prossimo e, probabilmente, da fare in futuro, per i margini di spesa che verranno concessi -, ma a che cosa serve esattamente? A fare in modo che gli Enti Locali, pur avendo pagato il Titolo II di cui parlavo prima (cioè Milano che deve ancora pagare o Torino che ha già pagato), fronteggino comunque i pagamenti ancora in scadenza. Come lo può fare sapendo che il sistema pubblico degli Enti Locali si sta facendo carico del rischio di inesigibilità? Sarò più chiaro: il mondo del 2012 è quello del 2000? È quello in cui il trasferimento erariale copriva il 70% delle spese comunali, ma il trasferimento, se ti dicevano che era di 700 milioni di Euro, era effettivamente, al centesimo, di 700 milioni di Euro ed era accreditato sul conto corrente di tesoreria? Il sistema della fiscalità derivata cosiddetta da federalismo fiscale (cioè l'IMU comunale o la TARES) è un sistema per il quale le entrate sono economicamente di pari valore nominale, ma, in realtà, in termini finanziari scontano il rischio di inesigibilità. Per farla breve, se alla fine la TARES e l'IMU saranno uguali al trasferimento di 10 anni fa, non è vero che verranno pagate per intero, perché è il sistema tributario che, ovviamente, sconta il rischio di inesigibilità, cioè gente che non pagherà e, per quanto li inseguiremo e li cercheremo, magari non lo farà per 2 o 3 anni. Qual è il problema della liquidità strutturale? Il nuovo sistema del federalismo pone a carico degli Enti una quota di bilancio che dovrà essere destinata a riscontare il fatto che i flussi di liquidità saranno diversi dai flussi economici. Ne abbiamo parlato in Commissione l'altro giorno, pensate alla cosiddetta IMU convenzionale dell'anno scorso: abbiamo accertato convenzionalmente 20 milioni di Euro di IMU obbligatoriamente per Legge, che, per il momento, lo Stato non ci paga. In questa condizione ed in questo momento, l'Amministrazione Comunale di Torino non è diversa da tutte le altre, ma il dato economico è molto semplice: se prima il trasferimento era di 400 milioni di Euro secchi e ne arrivavano 400 milioni, adesso sono arrivati 380 milioni di Euro, anche se sul Bilancio abbiamo iscritto 400 milioni e questo per Legge dello Stato. Quindi, il rischio dell'appesantimento dei pagamenti dei fornitori non è insito nella gestione finanziaria degli Enti Locali tout court, ma è insito nel sistema di spostamento del rischio di inesigibilità agli Enti Locali, un sistema di finanza derivata che non ha ammortizzatori per il credito, che non sposta su di noi il rischio dell'inesigibilità dei contributi ai cittadini. Ribadisco, che è oggettivo, perché nessun Paese al mondo (non so neanche se accada in Norvegia o Svezia) incassa il 100,00% delle entrate tributarie. Noi avremo i dati precisi il 30 aprile (per rispondere al quarto punto dell'interpellanza) e, quindi, avremo il totale stato passivo del debito certificato liquido esigibile al 31 dicembre 2012, che verrà portato, obbligatoriamente, al MEF per lo sconto ed il finanziamento di quota parte e di spazi di pagamento. Quindi, in quel momento avremo una fotografia statica e ci verrà anche detto come affronteremo e per quanto verrà il concorso statale su quelle quote di pagamento; questo certamente smobilizzerà una parte di quel debito. Sarà sufficiente a recuperare margini di manovra? Sì, però nella misura in cui il nuovo sistema di inesigibilità non appesantisca ulteriormente l'incasso degli Enti in partita propria, cioè sostanzialmente nella misura in cui noi abbiamo Bilanci che riescono ad incassare il 100% delle entrate fiscali - pur in un sistema federale - e non, invece, una percentuale più bassa (come, in realtà, ha dimostrato essere il 2012), quindi perdendo ogni anno, in termini di liquidità, dei pezzi di competenza e di entrata finanziaria legata, ad esempio, all'IMU o alla TARES. Per quanto riguarda il quesito sul pagamento delle rateizzazioni, non è pensabile che la Città faccia il piano di rateizzazione senza assistenza di valutazione della ricaduta. Il massimo della rateizzazione è che un soggetto chieda la certificazione e ribadisco che non dipende da noi, nel senso che noi dobbiamo concederla, ma non dipende da noi chiederla, per cui sono i soggetti che la devono chiedere e, poi, gli si dice che la scadenza è tra un anno. Possiamo considerare quel piano un piano di rateizzazione? No, perché, in realtà, è uno spostamento che la norma mette a carico del sistema fornitore con degli interessi passivi e degli oneri; ecco perché è stato poco utilizzato. Tutti gli strumenti fino ad oggi utilizzati, tranne quello del fondo "sbloccacrediti" della CDP che citavo prima, hanno oneri per il soggetto fornitore, per cui, nel sistema di crisi economica, pochi soggetti vogliono mettere a carico del proprio Bilancio economico anche degli interessi passivi di parte economica. La Città (che, tutto sommato, è in una condizione di pagamento e di liquidazione dei fornitori ancora gestibile anche rispetto a questo semestre nero di liquidità del sistema pubblico) intende sicuramente utilizzare, come la Legge impone e come naturalmente certificheremo, ampiamente il sistema della certificazione del credito con gli spazi e lo sblocca-pagamenti, perché quel sistema ha il vantaggio di mettere a carico del sistema pubblico un interesse convenzionale legittimo e riconosciuto dalla Legge che è molto basso e sgrava degli interessi passivi il sistema terzo del fornitore, che non si aggrava di altre perdite economiche. Quello è uno strumento sensato. Vedremo se sarà sufficiente o meno, perché, alla fine, il problema è che, nazionalmente, il fondo è stato stanziato per soli 2 miliardi di Euro. Se, alla fine, le certificazioni di tutti gli Enti nazionali diranno che il problema è di 100 miliardi (per dire una cifra facile), allora il fondo coprirà il 2% del fabbisogno. Quindi, o si stanzieranno risorse aggiuntive o, altrimenti, il sistema pubblico (per quanto in miglioramento, per quanti sforzi si facciano e per quanto l'attività di tutti gli Enti - del Comune di Torino in particolare - sia orientata a scegliere scientemente di privilegiare il pagamento delle opere piuttosto che il rispetto del Patto di Stabilità) e l'attuale quadro complessivo non saranno risolvibili nel breve; ciò richiederà mesi ed anni di lavoro e di miglioramento dei conti pubblici aggregati, compresi quelli della Città di Torino. LEVI Marta (Vicepresidente) Ricordo ai Consiglieri che sull'interpellanza generale ogni Consigliere ha a disposizione 5 minuti. La parola al Consigliere Curto. CURTO Michele Ringrazio l'Assessore Passoni per questa articolatissima risposta, che almeno ci permette di fare un po' il punto. Però, io vorrei, al netto della valutazione contabile, economica e ragionieristica dell'Ente, provare a rimandare alla situazione della città. Due giorni fa, un uomo di 62 anni, di fatto operatore della Città di Torino, perché era un imprenditore storico del CAAT di Torino, si toglie la vita per un debito stimato intorno ai 50.000,00 Euro che non riusciva più a pagare. Quindi, io penso che, al netto di quello che noi possiamo definire residuale, sicuramente piccolo, microscopico, anche non particolarmente significativo rispetto alle cifre importanti che uno dei primissimi operatori pubblici del territorio, cioè il Comune di Torino, tutte le settimane e tutti i giorni - come ci diceva prima l'Assessore - muove, dobbiamo renderci conto che, probabilmente, per una serie lunga di soggetti, quelle cifre sono rilevanti e significative, che poi, nella narrazione della carne degli uomini e delle donne di questa città, ritornano quotidianamente. Da qui, il grido di dolore del sistema di impresa, soprattutto del sistema di piccola impresa del nostro territorio e poi anche di tutta quella serie di soggetti che non sono imprese, ma sono imprese sociali o, magari, addirittura Enti senza scopo di lucro. Un anno fa, davanti alla pressione molto forte dei sistemi della cooperazione sociale che si occupano di pezzi significativi del welfare di questa Città, quindi, per capirci, decriptando anche un po' il linguaggio tecnico, per chi non stava nella scelta dei 400 milioni di Euro del Titolo II, perché non opera con questa Città in conto capitale, ma opera in spesa corrente, perché correntemente si occupa dei servizi di questa Città, noi rispondevamo a quel sistema di cooperazione, quel sistema di associazionismo, quel sistema anche di impresa, che, nel rapporto con il sistema bancario, avremmo cercato delle soluzioni del territorio per evitare l'asfissia e il soffocamento. Da lì, avvenne il parto dello strumento "sbloccacrediti" del sistema camerale, che - voglio ricordare - è la rappresentanza istituzionale di una parte di quel sistema di impresa. Quantomeno, dalla relazione dell'Assessore di oggi, alle cose che dice quel sistema camerale, c'è un dato di incomunicabilità, perché la Città di Torino dice che non ci chiedono le certificazioni, mentre invece quel sistema camerale, interpellato dai giornali (ma devo dire che anch'io ho parlato lungamente con il Segretario Generale di Unioncamere Piemonte, Paolo Bertolino), dice che il problema sta nella certificazione da parte di questo Ente, tanto che questo Ente non ha certificato nessuna delle richieste, evidentemente esiste un problema di comunicazione. La politica, quantomeno, dovrebbe risolvere questo problema di comunicazione. Peraltro, in realtà, quel fondo opera leggermente in maniera diversa da come veniva raccontato; fino a 50.000,00 Euro non ha costi, non ha oneri, né finanziari, né di gestione della pratica, per cui potrebbe, almeno in esemplarità, rispondere a delle esigenze del territorio. Anche per questo è interessante capire se non debba essere oggetto di azione di indirizzo politico dell'Ente e degli Enti del territorio la costituzione di strumenti più avanzati e più allargati. Per questo, Assessore, io non ho capito per quale ragione noi non certifichiamo; non ho capito se è perché non ce lo chiedono, come diceva lei prima, o se invece è, come dice Unioncamere, perché noi non lo facciamo, in quanto - loro dicono, ma vi invito ad un dibattito alla luce del sole - i dirigenti della Città di Torino, in particolare, non vogliono assumersi la responsabilità della certificazione dei crediti. Questo non glielo so dire; era l'oggetto dell'interpellanza generale e devo dire che, a valle di questa interpellanza generale, non per sua responsabilità, questo dubbio non mi è stato possibile fugarlo. Vedendo che il tempo sta scadendo e immaginando che, poi, ci saranno gli interventi dei miei Colleghi, vorrei fare un ultimo passaggio sul tema di tutto quello che non è prestazione di servizio. Mi riferisco, per esempio, alle convenzioni, alle concessioni e anche ai contributi, cioè a quel sistema prezioso di soggettività che lavora nella città e contribuisce alla vita quotidiana della città, spesso in un'azione di supplenza e di sussidiarietà alla stessa. È chiaro che la risposta, che non sta nell'impegno del Governo e non sta nel fondo di Unioncamere, consiste nell'individuare degli strumenti ad hoc. Anche qui, non ho capito; noi avevamo fatto una domanda precisa: se le Leggi vigenti consentano la possibilità di stabilire criteri e priorità di utilità sociale nei Regolamenti della Tesoreria. Mi sembra di capire di no. Allora, rilancio, da questo punto di vista, la domanda e chiedo: non è possibile, in virtù di questa fragilità, anche per un sistema che si baricentra e si appoggia su strumenti convenzionativi, individuare nel rapporto con il sistema bancario - lo dicevamo già un anno fa, sono passati 365 giorni - degli strumenti ad hoc? In un momento in cui si apre una discussione profonda, lunedì prossimo, per quanto riguarda la Fondazione Sanpaolo di Torino (e non possiamo dire, come diceva una volta qualcuno, che abbiamo una banca, però almeno abbiamo espresso l'ex Sindaco della Città in quella banca, o almeno in quel sistema bancario), non possiamo chiamare quel sistema bancario ad una responsabilità rispetto al tessuto interconnettivo della nostra Città? Quindi, oltre al tema relativo alla Tesoreria, non esiste forse anche un grande tema politico rispetto a questi temi? Non ho altro da aggiungere. MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) La parola al Consigliere Marrone. MARRONE Maurizio (Intervento fuori microfono). MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) Chiedo scusa, non era stato segnato prima dalla Vicepresidente. La parola al Consigliere Altamura. ALTAMURA Alessandro Quando abbiamo discusso dell'argomento con il Consigliere Curto e tanti altri Consiglieri (fra l'altro, facenti parte anche della Commissione Bilancio), alcuni temi sono stati posti con particolare virulenza, soprattutto dall'ultima assemblea Confindustria piccole e medie imprese, ma si tratta di temi che ormai vengono riportati da parecchie settimane e da mesi rispetto ad un sistema che sta, effettivamente, correndo enormi rischi e che - mi permetto di dirlo anche al Consigliere Curto, con cui ho condiviso gran parte della discussione che ci ha permesso di preparare e sottoscrivere quel documento - non porta solamente un limite nella capacità di dare delle risposte con dei tempi completamente diversi, come d'altronde, correttamente, l'Assessore Passoni ha identificato, rispetto a parametri di riferimento che, con il resto dell'Europa, hanno ben poco a che vedere, ed è evidente anche rispetto alle tempistiche. Nella risposta dell'Assessore all'interpellanza generale, che è durata quasi 40 minuti, alcuni punti sono stati chiaramente enunciati, soprattutto per quanto riguarda il nuovo Decreto che è stato approvato e le necessità che lui stesso ha definito fondamentali, ossia il monitoraggio e il censimento, che però - mi permetto di dire anche ai Colleghi che hanno sottoscritto il documento - in alcune parti non vedono una risposta immediata, probabilmente perché - come è stato detto - risposta immediata non può esserci. Però, su alcuni numeri, su alcune richieste specifiche, sullo studio di alcuni strumenti, io credo che si possa fare un lavoro di concerto con la Giunta, che non si è fatto precedentemente. Io ricordo che, quando eravamo in Giunta, Assessore Passoni, sul tema del fondo rotativo e dei fondi a sostegno della piccola e media impresa le discussioni erano già allora molto animate e si intendeva spesso scollegare il rapporto del sistema Enti Locali con il rapporto del sistema camerale, piuttosto che addirittura con il fondo stesso rotativo della Regione Piemonte. Però, ha ragione il Consigliere Curto quando dice che alcuni parametri non sono corretti o quando si dice, evidentemente, che gli oneri fino ad una certa cifra non ci sono. Allora, qual è l'altra domanda - mi piacerebbe che lei mi ascoltasse - che, forse, varrebbe la pena fare a tutti noi, come classe politica, come Enti Locali e soprattutto capacità di fare o no sinergia con un sistema, in un momento in cui vi è la definizione di parametri complessi (che l'Assessore ha appena articolato in modo assolutamente ipertecnico, quindi lo ringrazio). Fra l'altro, annuncio già che vorrei che in Commissione Bilancio si potesse proseguire questo argomento, a fronte anche di quanto è stato appena annunciato dall'Assessore in merito al fatto che ci debba essere l'obbligatorietà di fare un censimento e un monitoraggio dei nuovi strumenti che vengono identificati dal Decreto Legislativo e in merito al percorso che avremo nei prossimi mesi e nei prossimi anni rispetto anche allo sblocco di quei crediti da parte della Pubblica Amministrazione e dello Stato stesso (i 20 miliardi attuali, i 20 che saranno successivi, per un totale, se non ricordo male, di 70 miliardi di Euro, che le Amministrazioni e lo Stato hanno ancora, ovviamente, come debiti nei confronti dell'impresa, senza dimenticare il fiscal compact, che è un ulteriore 40 miliardi, per un totale di 110 miliardi di Euro). Questo lo dico in chiusura dell'intervento, perché vorrei lasciare ancora la possibilità di intervenire anche al Consigliere Genisio che l'ha chiesto. Io chiederei semplicemente che su questo argomento ci sia anche un ragionamento che il Consigliere Curto ha solo accennato, anche se in modo, ovviamente, non retorico, ma assolutamente chiaro, netto e soprattutto triste, visto che stiamo parlando di una persona che, tra l'altro, io stesso conoscevo, perché era un grossista del CAAT e, da Assessore al Commercio, conoscevo bene le persone che vi lavoravano, perché si tenevano spesso assemblee a cui dovevamo partecipare come Amministrazione. Devo dire, tra l'altro, che questa persona, Luigi Melillo, era considerata di grande qualità dalla stessa struttura, dalla stessa organizzazione e dalle Associazioni di Categoria, che, tra l'altro, come avete potuto notare in questi giorni sui giornali, hanno preso una posizione molto chiara e netta rispetto al grido disperato di queste persone, che, per cifre assolutamente non incredibili (stiamo parlando, in questo caso, di 50.000 Euro), arrivano al suicidio. Credo che, da questo punto di vista, noi siamo obbligati a proseguire il monitoraggio, dando alcune risposte che, ancora parzialmente, non ci sono state, ma è evidente che le tempistiche non ci permettono - lei l'ha detto chiaramente - di poter fare un'analisi sia riguardo alla tempistica, ovviamente, sia riguardo agli strumenti. Ma la domanda che volevo fare all'inizio - e concludo così l'intervento - riguarda quale tipo di sinergia abbiamo oggi, anche rispetto alla comunicazione di questi strumenti, perché, se è vero che non viene richiesta la certificazione, se è vero che, spesso, non si conosce lo strumento del fondo "sbloccacrediti", è altrettanto vero che, molto spesso, manca la comunicazione rispetto alla piccola e media impresa e, ovviamente, alle attività che poi producono disoccupazione nel momento in cui crollano. Infatti, abbiamo tantissime chiusure, un saldo negativo fra aperture e chiusure degli ultimi 12 mesi, sia nella Regione Piemonte, sia nella Città di Torino. Questo è un dato reale da cui non possiamo prescindere per proseguire un lavoro che, chiedo a lei, Assessore, prosegua nelle Commissioni competenti, con dati, ovviamente, che ci permetteranno di fare un monitoraggio e un censimento rispetto anche ai numeri che lei ha annunciato ancora in modo, così, ovviamente, generale. MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) La parola al Consigliere Marrone. Le ricordo che ha 5 minuti a disposizione. MARRONE Maurizio Gli spunti di riflessione sono tanti, anche perché il tema, come è stato ricordato, è drammatico. Però, io credo che siano già state dette parecchie parole, forse anche troppe, per cui io cercherò veramente di essere sintetico. Io non voglio mettere in discussione gli elementi, che anche con grande precisione l'Assessore ha portato a nostra conoscenza, però rimango dubbioso che ci siano imprenditori che arrivano - come è stato anche ricordato - a gesti estremi, come spararsi in testa con un fucile da caccia, piuttosto che informarsi su quali sono gli strumenti che possono consentire alla propria impresa (che spesso coincide con la loro vita e le vite altrui, dei loro cari e dei dipendenti spesso avvertiti come membri della famiglia, soprattutto in realtà di piccola e media impresa) di sopravvivere. Io credo che, se abbiamo dei casi addirittura di suicidio, oggettivamente, più che una conoscenza superficiale di questi strumenti, ci sia un cortocircuito nei rapporti tra piccola-media impresa e Pubblica Amministrazione che impedisce, fattivamente nei vortici spesso della burocrazia, l'attivazione di tali strumenti. Mi permetto anche di dubitare che, per quanto la cronaca nazionale ce lo ricordi, lo sblocco dei debiti che le Pubbliche Amministrazioni hanno verso il circuito privato sia un tema fondamentale. Di sicuro, sarebbe una grande boccata d'ossigeno per quel mondo riuscire finalmente ad onorare questi debiti da parte del pubblico. Io credo che, in realtà, questo territorio abbia anche un problema ulteriore. Se - come è - ci troviamo di fronte ad un circuito o tessuto, più ancora che circuito, produttivo, commerciale, imprenditoriale profondamente depresso, oggettivamente ci poniamo non solo un problema di debiti onorati tra pubblico e privato, bensì di attrattività di un territorio, di strategie di sviluppo di un territorio. Allora, io ritengo che oltre ai suicidi dei singoli, dovremmo ricordare e assurgere a simboli del declino che sta vivendo questo territorio anche le numerose gare pubbliche andate deserte per i capannoni teoricamente destinati ad attività produttiva di TNE, che si stagliano anche simbolicamente a fianco a quelli, invece, fioriti rispetto all'attività di ricerca del Politecnico di Torino. Possiamo ricordare anche - e ci vede da vicino - l'assenza di risposta che questa Città ha avvertito rispetto a tutte le gare pubbliche di dismissione delle partecipate comunali, che sono spesso, poi, sbocciate e degenerate, anzi, mi viene da dire, in trattative private che hanno dimostrato che l'interlocutore del Comune di Torino era spesso un privato "drogato", un privato fortemente, a sua volta, partecipato dal pubblico, un privato spesso privato solo di nome e non di fatto, un privato che spesso ha dimostrato di vivere di scatole cinesi col mondo delle fondazioni bancarie. Con questo tema che è stato appena accennato, voglio andare a concludere. È stata ricordata dal Capogruppo di SEL, Curto, una frase: "Abbiamo una banca". Non so, probabilmente quella frase era fuori contesto nel caso originario; in questo caso, mi viene da dire: avrete una banca. Con le dinamiche di individuazione dei vertici di Intesa Sanpaolo - voglio ricordare brevemente a verbale -, con un Sindaco, che è il Sindaco Fassino, che nomina in Fondazione Compagnia di San Paolo l'ex Sindaco Chiamparino, che, a sua volta, come Presidente dell'organo amministrativo, in virtù di un aumento di capitale, ha indebitato, per la prima volta nella storia di tutta la Compagnia di San Paolo, l'Ente Fondazione, per mantenere un pacchetto di controllo che gli consenta di andare a delineare la maggioranza del Consiglio di Sorveglianza, che, a sua volta, va a decidere i vertici realmente amministrativi della banca, non voglio dire che questo significhi centrosinistra o Amministrazione Comunale, ma di sicuro, in questa Città, qualcuno avrà una banca. Bene, l'auspicio è che, magari, finalmente la finanza possa essere utilizzata in chiave di rapporto virtuoso nei confronti del polmone dell'impresa e non sempre in una specie di circuito vizioso con il pubblico, per cui poi le ricadute positive per un tessuto produttivo non arrivano mai. Di fronte ad un grande potere c'è anche grande responsabilità e, di fronte a quella, le parole contano poco, anche se sono tante, anche se sono precise; contano solo i fatti. MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) La parola al Consigliere Appendino. APPENDINO Chiara Io sarò molto breve e cercherò di fare dichiarazioni che, a mio avviso, sono più attinenti rispetto all'interpellanza specifica e alle questioni poste. Mi permetto di rispondere all'Assessore Passoni, quando faceva riferimento al costo del credito. Guardi, è vero che le imprese oggi valutano e valutano con attenzione il costo dell'interesse che incide sul conto economico, però saprà meglio di me che oggi le imprese hanno proprio difficoltà ad accedere a castelletti, quindi hanno difficoltà a vedersi le fatture scontate. Quindi, non è solo una questione prettamente economica, di valutazione di costo, dove, tra l'altro, il tre e mezzo di cui lei parlava è abbastanza in linea, sono d'accordo; non è una condizione così vantaggiosa rispetto a quello che può cedere l'impresa in quanto tale, però, in questo momento, ci sono situazioni che, tra l'altro, vengono anche spesso - soprattutto dall'Unione Industriali - definite proprio di chiusura di rubinetti e quindi di inaccessibilità al credito, anche a fronte di una fattura che normalmente veniva scontata. Quindi, mi sento di dire che, al di là del costo, bisogna anche valutare, in realtà, che questa è un'opportunità. Poi, mi rendo conto che ci siano problemi di comunicazione e burocratici, però è una possibilità per le imprese di accedere ad una fonte nuova per poter scontare i crediti in essere. Mi ha fatto piacere che l'Assessore abbia fatto riferimento al Decreto, in particolare, perché penso che il ricorso ai tre quinti della Tesoreria - e se non l'avesse posto lei, l'avrei posto anch'io in questa sede - sia una buona notizia (poi magari sbaglio, forse sono troppo ottimista), poiché immagino che avrà un effetto positivo; tra l'altro, immagino - ma glielo chiedo - che si possano già sforare quei famosi due terzi e portarli a tre quinti e, quindi, immagino che, soprattutto per quanto riguarda la spesa corrente, questo avrà un impatto, che mi auguro vedremo. Cioè, mi auguro che, visto che c'è stato un innalzamento da due terzi a tre quinti, noi vedremo i pagamenti, perché è evidente che se il problema è stato - come lei ha detto - il fatto che c'è un problema finanziario dovuto all'IMU, per cui l'incasso è posticipato a giugno, oggi possiamo ricorrere a tre quinti, che non è poco rispetto alla situazione iniziale, quindi mi auguro che ci sia un impatto positivo. Invece, non ho capito sinceramente - e pongo una questione che è magari pleonastica -, in merito al discorso, invece, delle spese in conto capitale, quindi il ricorso alla Cassa Depositi e Prestiti, se questo sarà permesso in deroga al famoso 7% di indebitamento. Cioè, dal Decreto non l'ho capito, perché non c'è scritto; mi auguro che sia così, perché, altrimenti, vorrebbe dire che, di fatto, i Comuni sono totalmente bloccati. Inoltre, mi piacerebbe sapere effettivamente quanto sarà - magari non c'è ancora il dato, ce lo dirà successivamente - l'importo comunicato al 30 aprile. MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) La parola al Consigliere Genisio. GENISIO Domenica Concordando con quanto hanno detto i miei Colleghi di maggioranza, senza voler entrare nel merito di alcune affermazioni del Capogruppo Marrone, vorrei però aggiungere un altro elemento che credo sia importante per quanto riguarda i finanziamenti di Union Credit. Il Capogruppo Curto ha fatto presente di essersi collegato con la realtà che ha messo in atto questo modello di finanziamento; io mi sono collegata anche con le cooperative, con tutte le centrali delle cooperative per capire qual era l'ostacolo che loro riscontravano per non fare la domanda all'Amministrazione Comunale, perché venisse rilasciata la certificazione. È impressionante leggere che ci sono 10 milioni di Euro a disposizione, dei quali soltanto 1 milione e mezzo viene richiesto ed utilizzato da soggetti che stanno licenziando delle persone, che corrono il rischio di chiudere e di interrompere l'attività, anche attività essenziali per la Città di Torino e per i suoi abitanti. È emersa, con grande mio sconforto, proprio la difficoltà dell'iter burocratico per accedere a queste certificazioni/dichiarazioni. Allora, io chiedo, sia all'Assessore Passoni, ma anche ai Presidenti delle Commissioni Consiliari, di fermarci e di ragionare per vedere quali atti noi possiamo semplificare, perché o è vero che quel mondo che attende e che avanza crediti verso l'Amministrazione non è assolutamente disponibile a correre degli altri rischi per avere i soldi in fretta, oppure c'è veramente un gap di comunicazione fra noi, Union Credit e il mondo delle imprese, perché le cooperative sociali sono imprese a tutti gli effetti, hanno un Bilancio d'impresa, hanno dei tempi e degli obblighi da rispettare, anche nei confronti dei lavoratori, e allora non è possibile che noi ragioniamo su queste situazioni burocraticamente e ragionieristicamente. Io credo che debba esserci non quel salto di fantasia, ma quell'obbligo normale e naturale che ha un'Amministrazione, che ha a cuore il benessere dei suoi cittadini, perché è a catena - noi qui lo diciamo tutti i giorni, lo leggiamo sui giornali - però continuiamo ad avere gli stessi identici sistemi. La pratica, la burocrazia che tanto i cittadini contestano, noi continuiamo a lasciarla così com'è nei suoi binari ingessata. Dev'esserci un raccordo fra i vari Enti; non chiediamo ad Unioncamere di inventarsi un mutuo, una prestazione, un anticipo di soldi che poi non può erogare. Allora, è quasi ridicolo. Unioncamere viene a parlare con la Città o non dialoga con la Città? La Città dialoga con le cooperative sociali? Loro mi hanno detto di aver fatto molta informazione, però di essere in difficoltà nelle procedure. Questo, però, non è accettabile. Io non voglio citare Papa Francesco, ma lui ci ha detto di puzzare di pecore. Vogliamo puzzare anche noi un po' di pecore e scendere mettendoci tutti insieme a capire? Ci vuole una svolta, perché non è pensabile che 8 milioni e mezzo di Euro stiano nelle casse di un Ente e non vadano, invece, a dare anticipi di contributi a cittadini che hanno lavorato per la città; non è che fanno attività pleonastiche o attività superficiali, stanno erogando servizi alle nostre persone in difficoltà. Quindi, chiedo anche che le Commissioni, compresa la Capigruppo, la I Commissione, la III Commissione, tutte quelle che volete, si fermino per trovare dei percorsi facilitatori, perché i soldi non rimangano fermi a fare interessi a qualcuno, mentre mettono in crisi tutti gli altri. MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) La parola al Consigliere Tronzano. TRONZANO Andrea Sul tema non c'è tanto da dire, se non tantissimo da fare, pertanto io cercherò di essere breve. Era mio intendimento (ma poi ho evitato di farlo, non avendolo concordato con la Presidenza) copiare - perché le cose giuste sono da copiare in alcuni momenti - il minuto di silenzio che sabato il Presidente ha fatto alla riunione degli industriali, anche per l'imprenditore scomparso proprio ieri. Volevo non parlare per un minuto, ma ho deciso di non farlo, perché non l'ho concordato con la Presidenza, ma credo che noi avremmo dovuto ragionare su questo tema, perché, effettivamente, è un momento drammatico, difficile e molte volte disperato. Io, in certi momenti, non ho idea di come il nostro Paese possa uscire da questa situazione drammatica. Però, nell'ambito delle mie competenze, quindi sempre nell'ambito delle cose concrete da dire a chi oggi amministra questa Città, provo ad ipotizzare alcuni suggerimenti. Il primo dei quali è sicuramente, Assessore, la massima informazione. Mi sembra che entro il 30 aprile le imprese debbano presentare i loro dati, o almeno così ho letto su una circolare dell'ANCI, ma non riesco a capire (magari leggo poco, non lo so, ma non credo di essere disinformato) se noi stiamo informando di nostra sponte le imprese e gli imprenditori che da noi aspettano dei pagamenti. Secondo aspetto. Si parla di spese in conto capitale e di spese di investimento, ma non mi pare che nel Decreto si parli di spese correnti; pertanto, anche attraverso il Presidente Regionale dell'ANCI e la nostra azione nei confronti del Governo, credo che le spese correnti che citava prima il Consigliere Genisio (che sono una parte importante dei pagamenti che noi dobbiamo, ad esempio, alle cooperative sociali, sia di tipo A, sia di tipo B) siano un argomento da toccare, perché non mi pare che in questo Decreto siano citate. Pertanto, Assessore, nella sua eventuale replica potrebbe anche dare una nozione in questo senso, perché, ad esempio, so che la Regione ha attivato un fondo per il pagamento di queste cooperative e, magari, potrebbe non essere negativo copiare quel fondo, utilizzando parte delle modalità che la Regione ha attuato. In ogni caso, aspetto la sua replica. Terzo aspetto. Non credo avverrà (lo dico soltanto perché a verbale è importante dire le cose, affinché poi non ci sia il rimorso di non averle dette), ma, naturalmente, in questo percorso burocratico, che porterà le imprese a fare le proprie rimostranze nei confronti del Comune e a pretendere i giusti pagamenti, e il Comune, che, attraverso una Legge dello Stato, dovrà attivare questi pagamenti, è importante che non ci siano discriminazioni di settore nelle modalità di liquidazione dei debiti e ci siano meccanismi chiari e rapidi. Su questo, volevo anche da lei una delucidazione. L'importante è anche quello che noi abbiamo chiesto - lo dico anche al Presidente pro tempore dell'Assemblea, Vicepresidente Vicario - al Presidente Chiamparino. Abbiamo chiesto la sua audizione in Conferenza dei Capigruppo (ancora non è avvenuta), perché vogliamo capire quale mandato sia stato dato ai componenti della Fondazione che andranno poi a votare le più alte cariche della banca. Pertanto, io su questo sollecito un intervento. Poi, bene ha fatto il Presidente di Commissione, Altamura, a mio giudizio, a citare un percorso condiviso in I Commissione, perché io vorrei capire puntualmente - e qui non c'è nessuna critica e nessuna polemica, Assessore - se siano 300 o 400 i milioni di Euro pagati attraverso l'uscita del Patto di Stabilità, quali fornitori siano stati pagati attraverso quella disponibilità di capitale dovuta all'uscita dal Patto di Stabilità e, naturalmente, è importante anche in I Commissione sapere quali siano ancora i creditori a cui il Comune dovrà dare soddisfazione nel pagamento. Ultima analisi. È naturalmente importante ritornare sul Patto di Stabilità. Così com'è, non è più accettabile, lo sappiamo tutti. La Commissione Europea, attraverso il nostro Commissario Europeo, Tajani, è riuscita a sbloccare parzialmente questo tipo di impostazione. Adesso, secondo me, è arrivato il momento per gli Enti Locali - ma vedo che l'ANCI lo fa con grande forza - di dire al Governo che verrà, se verrà, che è ora di mettere mano al Patto di Stabilità; stupido, cieco, quello che sia, ma così non è più proponibile. Pertanto, Assessore, queste erano alcune delle domande che le ho posto per capire se, nell'eventuale replica, si possa sapere con più cognizione quelle che sono le modalità complessive di cui ho accennato in questo breve intervento. MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) La parola al Consigliere Grimaldi. GRIMALDI Marco Io credo che sia stato un dibattito molto proficuo. Spero che molti dei temi affrontati dalla risposta dell'Assessore all'interpellanza siano parte anche attiva della discussione più politica del nostro Consiglio verso il Governo e il Parlamento per i prossimi mesi; vale per l'IMU, vale per la TARES, ma vale in generale per la situazione macroeconomica del nostro Ente. Credo che, invece, continuiamo a non capirci su questo fondo Unioncamere. Se capisco bene, se ho colto le risposte dell'Assessore, sostanzialmente, anche se il fondo fino ai 50.000 Euro, di fatto, non ha oneri per i fornitori, essendo che sotto i 50.000 Euro i pagamenti, diciamo al 31/12/2012, sono stati fatti non dico nei 90 giorni, ma più o meno nei tempi giusti, nessuno - e chiedo all'Assessore se ho capito bene - ha richiesto di certificare, sotto i 50.000 Euro, quei crediti. In quel senso, nessuno di questi fornitori, poi, è andato con questa certificazione da Unioncamere. Se fosse così, allora, chiedo al Presidente di Commissione, Altamura, di convocare, se è possibile, Unioncamere, per capire effettivamente cos'è che non funziona. Perché, se effettivamente sotto i 50.000 Euro i nostri fornitori sono, in qualche modo, sereni, nel senso che, tutto sommato, nelle difficoltà, entro i 90 giorni, vengono pagati e quindi non ci chiedono neanche di aprire un sistema di certificazione che gli può essere utile con il fondo Unioncamere, è un conto, oppure cosa diversa è che il sistema delle cooperative ha debiti superiori ai 50.000 Euro nei nostri confronti. Allora, il secondo suggerimento che do al Consigliere Altamura, in congiunta però con il Consigliere Centillo, è che, soprattutto per il mondo delle politiche sociali del welfare, si faccia un incontro, anche con la presenza di Unioncamere, con le centrali delle cooperative e con il sistema cooperativo in generale, per capire effettivamente cos'è che ha bloccato il sistema cooperativo, che è venuto più volte qui davanti ai nostri palazzi a urlare per quella che è la situazione di fondo, cioè l'indebitamento del loro sistema rispetto ai servizi già dati. Certo, è vero che spesso hanno riconosciuto il fatto che il 70% dei crediti sono detenuti dalle ASL e dalla Regione. Dopodiché, vorrei sentirmi dire dal sistema cooperativo: con tutte le difficoltà economiche che abbiamo, in realtà il Comune non è l'erogatore più lento di questo tipo di pagamenti e il fondo Unioncamere non ci serve. Allora, se ci verranno date queste risposte, noi saremmo, forse, un po' più preoccupati, ma un po' più sereni del fatto che il nostro ruolo l'abbiamo fatto. Se, invece, c'è qualcosa che non ha funzionato, credo che lo scopriremo nelle Commissioni. È importante, però, dirci - e l'interpellanza ci ha detto una cosa - che, di fatto, ad oggi, le Leggi non consentono alla Città di dare una priorità ad alcune forniture rispetto ad altre. Questo ci riporta anche un po' alla discussione che abbiamo fatto con la FISM, che non è neanche una fornitura di servizi, ma è una convenzione. Io spero che nei prossimi mesi ci adopereremo, anche a fianco al sistema bancario e anche a fianco di Unioncamere, per capire se questi strumenti, che, in qualche modo sono stati messi in campo, possano diventare più flessibili, più veloci e più utili soprattutto al nostro sistema in crisi. MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) La parola, per la replica, all'Assessore Passoni. PASSONI Gianguido (Assessore) Io naturalmente ringrazio tutti i Consiglieri intervenuti per aver arricchito il dibattito. Userò questi pochi minuti per fare una precisazione e poi per rifocalizzare un attimo sui temi, secondo me, centrali di questa discussione. Il primo punto è che non è che la Città non voglia certificare il credito. Provavo a spiegare che, alla fine, se un fornitore ha 48.000 Euro da ricevere, prima di aver attivato il portale e il certificato, viene pagato. Questo è il punto. Allora, il problema non è che noi abbiamo l'allergia o l'orticaria all'uso del fondo Unioncamere, ma volevo certificare che noi non siamo mai dovuti ricorrere al fondo in termini estremi, perché, di fatto, per quell'entità, trascorso il tempo burocratico dopo la scadenza della fattura, il fornitore viene pagato e quindi è meglio, nel senso che non si attiva la procedura, non si va a burocrazia e non si fanno carte bollate. Con questo voglio dire che io credo fermamente che sia uno strumento adatto, però, rispetto al tema generale, un fondo di questa entità per questi importi, passatemi il termine, è chirurgia plastica applicata ad un pezzettino di pelle, nel senso che siamo veramente ad una portata molto, ma molto circostanziata. Però, ben venga che ci sia e ben venga che le imprese possano valutare se ricorrervi o meno. Peraltro, la Città, come ho detto, si accredita al portale ed opera con la convenzione - quindi, se richiesto, in futuro - anche al di là del fondo Unioncamere, perché la certificazione non è finalizzata al fondo, ma a qualunque soggetto bancario che voglia fare, tra virgolette, il "servizio" di scontare la fattura o il credito certo, liquido ed esigibile e di anticiparlo al proprio cliente, naturalmente dietro le garanzie che il debito esiste e quindi c'è la certificazione. Sul tema della discussione più generale, devo dire che ritengo di aver risposto compiutamente alle questioni dell'interpellanza, rinviando però su un punto, cioè alla domanda: qual è la quantificazione finale? Ho detto che, purtroppo, l'avremo disponibile i primi di maggio, cioè quando il 30 aprile la norma sarà entrata in vigore a regime. Quindi, direi che potremmo aggiornarci, poi, in futuro, in Commissione anche su questo punto, perché sarà un dato importante, ma comunque avremo più di un'occasione in Commissione per il Rendiconto. Il tema vero, però, è che la dimensione del fondo "sbloccacrediti", che non ha nulla a che fare con il fondo Patto di Stabilità e che, ribadisco, è un fondo, invece, a mio avviso, utile, ha un plafond limitato, cioè 2 miliardi su base nazionale è una cifra, in realtà, abbastanza piccola. Probabilmente, questa cifra non sarà sufficiente a raccogliere il fabbisogno, ma questa è la misura giusta. Riguardo al problema del sistema della liquidità del Paese, vorrei che ci dicessimo le cose come stanno; io non sono qui per essere comprensivo o non comprensivo dei fatti drammatici che succedono rispetto alla realtà italiana quotidiana e locale, ma se il sistema pubblico non riesce a pagare in tempo è perché il sistema pubblico è carente di liquidità e questa cosa bisogna che si dica in modo chiaro. Ribadisco, un sistema pubblico ha un sistema di riscossione dei tributi in bonario assolutamente fallace, un sistema pubblico che in coattivo è totalmente fallace e che sta spostando questo rischio dal centro alla periferia sugli Enti Locali, non può che andare peggio. Cioè, non facciamo finta di non sentire. Non può che andare peggio. Perché se domani facciamo un Bilancio di un miliardo di entrata e un miliardo di spesa, ma nelle entrate ne entrano 850 milioni e non un miliardo, quei 150 saranno nella spesa minori pagamenti del sistema. Quindi, bisogna trovare un sistema che regga il sistema pubblico per recuperare, che non è soltanto il rinviare a medio-lungo, altrimenti lo Stato che cosa sta facendo? Fa come un'azienda che dice: ho i debiti a breve, li riscadenzio a medio-lungo, li contraggo con una banca e li pago a trent'anni. Perfetto. Si chiama operazione finanziaria, non operazione economica di sistema. Quindi, ha ragione il Consigliere Tronzano quando dice: se non si affrontano i fondamentali dell'economia effettiva, questo rischia di essere un far fronte all'emergenza, ma non crea il presupposto affinché l'emergenza non si ricrei tra quattro, cinque anni, o magari tra dodici mesi se l'economia andasse peggio. Quindi, il mio appello è far capire al Consiglio e quant'altro che c'è un'utilità oggettiva dei provvedimenti; la Città ci crede e li userà, anche perché deve usarli, ribadisco che sono atti obbligatori, non sono facoltà, e noi lo faremo fino in fondo, perché questo è un grande aiuto anche ai conti della Città. Dall'altro piano, non si può non vedere che il tema della capacità del pubblico di pagare è legata alla quantità di liquidità in circolazione e quella liquidità nel sistema pubblico viene fondamentalmente, se non dalla capacità di contrarre prestiti (che per la Costituzione è diventato vietato), dalla capacità di generare liquidità dall'attività tributaria ordinaria, cioè dalla fiscalità generale. Allora, il tema è che o creiamo ammortizzatori di questo tipo o, altrimenti, possiamo ben parlare di imprese, ma stiamo facendo un ragionamento a brevissimo termine. Strutturalmente, questo non cambierà le sorti della tempistica dei pagamenti pubblici. Ribadisco, ci dobbiamo credere, dobbiamo farlo, lo faremo convintamente, ma non è una misura strutturale. Per fare misure strutturali servono provvedimenti di respiro decisamente più ampio, che, in questo caso, intervengono - ahimè - non su una strutturalità nota già due anni fa, ma sulla strutturalità di una crisi che in questo semestre ha trovato il suo massimo picco. Se posso fare una critica al provvedimento che ha visto questo "sbloccacrediti" è la intempestività, non perché fatto in questo momento, ma perché non fatto sei mesi fa, questo è il punto vero, perché questa è la questione reale, perché queste avvisaglie c'erano perfettamente identiche anche prima. Lo si è fatto, invece, solo quando si è capito che gli Enti Locali erano oltre il limite di tolleranza di sopportazione per effetto della manovra che dicevo precedentemente. Quindi, se vogliamo fare un ragionamento politico di prospettiva, stiamo attenti che in futuro margini di liquidità sul pagamento si otterranno solo se otterremo margini di entrata migliori, più efficienti, da parte delle leve di entrata che i Bilanci pubblici hanno. Diversamente, accantoneremmo vecchi debiti a medio-lungo, pagandoli a breve, ma cumuleremmo in quel preciso istante altri debiti a breve. MAGLIANO Silvio (Vicepresidente) L'interpellanza generale è discussa. |