Interventi |
CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) Passiamo all'esame congiunto della proposta di deliberazione n. mecc. 200901800/64, presentata dalla Giunta Comunale in data …, avente per oggetto: "Fusione per incorporazione della società 'ENÌA SpA' nella società 'IRIDE SpA'. Atti necessari. Approvazione" della proposta di mozione n. mecc. 200902434/02, presentata dai Consiglieri Cerutti, Cugusi, Grimaldi, Salinas e Gallo Domenico in data 27 aprile 2009, avente per oggetto: "Collegata alla delibera mecc. 200901800/064 oggetto 'SMAT autonoma, no all'industrializzazione dell'acqua e al nucleare, livelli occupazionali e massimali per compensi dei componenti del Consiglio di Amministrazione'". E della proposta di mozione n. mecc. 200902525/02, presentata dai Consiglieri Cassano, Castronovo, Ferrante e Silvestrini in data 29 aprile 2009, avente per oggetto: "Collegata alla deliberazione (mecc. 200901800/064) avente oggetto 'Fusione per incorporazione della società 'ENÌA SpA' nella società 'IRIDE SpA'. Atti necessari. Approvazione'". CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) Comunico che in data 27/04/2009 la competente Commissione e la Conferenza dei Capigruppo hanno rimesso il provvedimento in Aula. La parola al Vicesindaco, per l'illustrazione. DEALESSANDRI Tommaso (Vicesindaco) Non illustrerei totalmente la deliberazione, perché abbiamo avuto modo di discuterne più volte in questo mese. Credo, infatti, che la struttura dell'operazione, la governance, i modelli organizzativi, il quadro economico, il presidio torinese e i progetti di sviluppo siano stati ampiamente approfonditi. Credo, però, sia utile aggiornare il Consiglio in merito a che cosa è successo in queste ore e a che punto è il rapporto con i nostri soci. Da una parte, in rapporto al nostro rinvio, abbiamo tenuto l'assemblea di FSU; FSU ha tenuto aperta l'assemblea, riconvocandola per domani. Di conseguenza, anche l'assemblea di IRIDE si è svolta regolarmente. Questo per quanto riguarda le due assemblee in via ordinaria. Invece, per quanto riguarda la parte straordinaria, ovvero l'oggetto di fusione, l'assemblea è stata mantenuta aperta. Restava sempre aperto il problema del 51%, essendo che tutti gli altri avevano trovato un punto di congiunzione. Ieri - così come il Consiglio di Genova, nella notte di lunedì -, si sono riuniti, invece, gli azionisti del gruppo ENÌA, cioè, oltre 70 Comuni, con i loro Sindaci, per approvare la fusione. La fusione è stata approvata, ed hanno approvato un dispositivo all'unanimità (per cui ha valore di patto parasociale), in cui hanno deliberato di "…Condividere quanto deliberato dal Consiglio Comunale di Genova, in attesa della delibera del Consiglio Comunale di Torino…" ed hanno dichiarato di "impegnarsi ad esperire tutte le procedure del caso, di carattere amministrativo e societario - per cui sia di Consiglio che di Società -, nonché in relazione ai patti parasociali vigenti e vigendi in futuro, affinché venga inserito nello Statuto della Società post-fusione il vincolo maggioritario pubblico al 51%, al fine di potere ottenere un voto favorevole e poter deliberare in tal senso nella convocanda assemblea della Società post-fusione da tenersi entro fine anno.". Quindi, non siamo solo di fronte ad una dichiarazione, ma ad un impegno assunto dall'insieme dei Comuni e dai loro Sindaci, che ha valore di patto parasociale tra di essi, e, di conseguenza, con noi. Invece, la deliberazione di Genova, che approva la fusione, dà mandato a FSU di procedere alla sua conclusione, però, recita: "Dare mandato al Sindaco, o a un suo delegato, a perfezionare la fusione di IRIDE-ENÌA solo a modifica statutaria, che contempla il 51% da Enti pubblici locali, avvenuta". È evidente che questa si potrebbe correttamente interpretare con il fatto che, prima, bisogna modificare lo Statuto. Se, invece, lo vediamo con gli altri punti precedenti, questa cosa non sta insieme, perché, in realtà, invece, si dice di poter approvare. Dico inoltre che, come abbiamo più volte detto nelle nostre riunioni di questi giorni, non è possibile, neanche dal punto di vista del Codice Civile, procedere ad una modifica di un patto che incida su soci terzi. Per cui, in realtà, il perfezionamento non può che avvenire esattamente - come dicono gli emiliani - nella prima assemblea utile che si impegnano a tenere entro l'anno. Per queste ragioni, noi siamo assolutamente espliciti e coerenti col fatto che, con gli emendamenti che abbiamo proposto, che sono a vostre mani, non stiamo dicendo che per avere mandato dobbiamo ritornare in questa sede, ma che diamo mandato a FSU e ad IRIDE di modificare quello Statuto appena possibile. A tal proposito, gli emiliani ci hanno detto - come ho appena letto - quando sarà possibile. Per questa ragione, saremmo per tenere esattamente così - perché è coerente - gli emendamenti a vostre mani (nel corso della seduta vedremo), che chiariscono questi punti che consentono di fare la fusione, per cui possano procedere, e che, quindi, alla prima assemblea, che, quasi sicuramente, si farà in autunno inoltrato, ci sia la possibilità di quella modifica statutaria, ovviamente raccogliendo quanto i soci emiliani hanno posto in essere. Sul piano tecnico, sarebbe impossibile fare il contrario, nel senso che, oggi, non c'è un'altra assemblea in cui ci si riunisce per decidere quello Statuto (che è già stato condiviso). Lo Statuto non può essere modificato da una delle parti in essere nel momento di fusione; può essere modificato, ma immediatamente un minuto dopo. I nostri emendamenti vanno in questa direzione, raccogliendo - credo - le preoccupazioni che erano emerse e chiarendo il nostro rapporto con le altre situazioni. Siamo, però, su un testo sicuro, nel senso che, poi, non abbiamo possibilità di interpretazioni, o, peggio, di azioni d'invalidità degli atti che noi stiamo compiendo. Ovviamente, mi fermo qui, perché il resto è già noto. COPPOLA Michele (Vicepresidente) Come ha correttamente ricordato il Presidente all'inizio del dibattito sulla proposta di deliberazione e delle mozioni collegate, ricordo anche io ai Consiglieri che coloro che desiderano intervenire sulle proposte di mozione, collegate evidentemente alla deliberazione, devono farlo in questa fase del dibattito e non successivamente. La parola al Consigliere Cantore. CANTORE Daniele Ringrazio il Vicesindaco. Sindaco, lei ha dichiarato a La Stampa: "Siccome questo pasticcio l'ha combinato Genova, ora noi abbiamo riaggiornato il Consiglio a domani, in attesa di vedere...", eccetera. Peraltro, il Sindaco di Genova, nel corso della seduta dell'altra notte, ha anche detto: "Si è auspicata una legge nazionale sulla ripubblicizzazione dell'acqua" (peraltro, questo organo di informazione di Genova si pone la domanda: "Chissà cosa ne pensa Chiamparino?"). Lei capisce che è difficile, nello stesso Consiglio, prevedere una fusione di due aziende già municipalizzate e pensare che ci sia, invece, una nazionalizzazione dell'acqua. Questo per dare un'idea dello stato di confusione. Purtroppo, però, Sindaco, il pasticcio continua. Quanto ha letto prima il Vicesindaco Dealessandri è oggetto di verifica degli avvocati. Voglio rileggerlo in Aula, Colleghi della maggioranza che governa questa Amministrazione. È passato un emendamento dell'Italia dei Valori - voglio leggerlo con precisione, perché, trattandosi di Italia dei Valori e del leader di Italia dei Valori, non voglio peccare in italiano e fare errori, ma voglio essere all'altezza anch'io dell'Onorevole Di Pietro - che recita: "Dare mandato alla Sindaco o suo delegato a perfezionare la fusione IRIDE-ENÌA solo a modifica statutaria, che contempla il 51% da Enti pubblici locali, avvenuta". Il senso si è capito; forse, l'emendamento si poteva impostare meglio, ma ognuno è libero di fare quello che vuole. Questo significa che, a quest'ora, ore 16.50, Sindaco, se gli avvocati non troveranno qualche possibilità di uscire, il Consiglio Comunale di Genova, attraverso questo emendamento approvato e, quindi, inserito nella deliberazione, non può accedere alla fusione tra IRIDE ed ENÌA. Non vengano i responsabili dell'Italia dei Valori a raccontare altre cose, perché, peraltro, l'Italia dei Valori, in questo Consiglio Comunale, con l'emendamento classificato n. 515, dice che: "Il capitale sociale della società deve essere detenuto in maniera rilevante e, comunque, non inferiore al 51% da soggetti pubblici" e chiede che questo venga messo nella riformulazione dell'articolo n. 9 dello Statuto. Sull'emendamento, c'è una nota degli Uffici: "di fatto il condizionare in maniera così imperativa la fusione la renderebbe impraticabile". A dire: a Genova è stato votato un emendamento che, ad oggi, rende impraticabile la fusione; qui, la maggioranza è di fronte ad un emendamento dell'Italia dei Valori, che renderebbe impraticabile la fusione. (INTERVENTO FUORI MICROFONO). Non lo so, lo vedremo in Aula. Questo per dire che la confusione è totale. Avevamo fatto bene a dire, lo scorso venerdì, che era meglio rimandare di due mesi una situazione pasticciata, che, certamente, ha inizio a Genova, ma che vede coinvolti anche i Consigli Comunali dell'Emilia che vanno al voto. Si vede, comunque, una divisione palese all'interno di questa maggioranza; non stiamo a raccontare la telenovela avvenuta in Conferenza dei Capigruppo, dove avevamo visto Gruppi passare progressivamente da un "no" definito ad una fiducia nei confronti del Sindaco e del Vicesindaco. Mi dispiace, ma devo dare di nuovo ragione al Consigliere Olmeo, che, ieri, ha fatto anche un comunicato stampa dicendoci come andrà a finire questa deliberazione di oggi. Non so se sarà così, certo è che c'è un grande pasticcio politico ed amministrativo, perché che il Sindaco di Genova proponga che venga nazionalizzata l'acqua mi fa venire da ridere! Di fatto, non si è affrontato il problema del 51% del pubblico, dividendo - come ha detto, per esempio, il responsabile di un'associazione di consumatori di Genova - le infrastrutture e le reti dal servizio. Questo sarebbe il passaggio fondamentale per ragionare veramente - se vogliamo - su una gestione che deve essere pubblica, a garantire il pubblico e i cittadini che stanno nelle infrastrutture e nelle reti; è una gestione che, invece, deve stare sul mercato, e deve cercare di starci e di offrire ai propri utenti le tariffe migliori. Di tutto questo, non c'è niente; potreste procedere all'aggiornamento dell'assemblea di FSU e, poi, di IRIDE, con una situazione politica ed amministrativa che, di fatto, in situazioni di diritto non è certa, perché questo emendamento approvato a Genova, se non c'è - ripeto - qualche cavillo che lo supera, è vincolante per la deliberazione di Genova: non si può procedere senza la modifica dello Statuto. È possibile che in Aula voi, invece, bocciate l'emendamento dell'Italia dei Valori, e quindi sarebbe risolto questo problema, ma, di fatto, procediamo nei confronti di una fusione, senza avere chiarito a monte questo fantomatico 51%, che, messo così, non vuol dire nulla, anzi, può essere negativo per lo sviluppo industriale ed economico della futura società. Questa è l'incertezza che è calata, non per responsabilità nostra, ma per responsabilità di Genova e - aggiungo - per i problemi all'interno del Partito Democratico, che si sono espressi anche nel voto del Consiglio di Genova (hanno votato 25 Consiglieri su 51); si è spaccata non solo la maggioranza, ma anche il Partito Democratico. La situazione è difficile all'interno di questo Consiglio, dove alcuni, almeno alla Conferenza dei Capigruppo, hanno espresso una posizione, che, oggi, invece, può darsi vogliano modificare a livello politico ed amministrativo. A fronte di questo, a fronte del fatto che, comunque, il percorso individuato non è stato chiarito nelle sue ricadute industriali e - come ho detto prima - di vantaggio nei confronti degli utenti, sia torinesi che genovesi (ma a me interessano gli utenti torinesi), e, lo dico con grande franchezza, a fronte di una situazione politica che si era ingarbugliata per massima responsabilità delle due maggioranze, di Torino e di Genova, e anche con la corresponsabilità dell'opposizione (che, non vedendoci chiaro, ha voluto fermare, anche con un metodo ostruzionistico, questa fusione), di fatto, noi oggi ci troviamo a discutere della fusione. Probabilmente, approverete questa deliberazione - di fatto, avete ridotto i nostri mille emendamenti, a circa 30 (tra questi, ce ne sono 5 della Giunta e 25 è l'accorpamento ostruzionistico) - e domani potremmo trovarci nell'impossibilità di procedere alla fusione per questa deliberazione di Genova. A parte questo, posso dire che, in questi giorni, ci siamo accorti che, nonostante il lavoro di approfondimento fatto dall'Assessorato e dagli Uffici, era necessaria un'ulteriore istruttoria e che era soprattutto importante capire che interlocutore avevamo davanti? Mi riferisco ovviamente a Genova. Era necessario capire meglio - lo dico anche per quanto riguarda il mio Gruppo politico - che cosa volesse dire questo 51%, e se non dovesse prevedere questa divisione essenziale, non solo per questa fusione, ma anche per future altre operazioni di questo tipo. Quindi - mi rivolgo al Vicesindaco, che ha seguito la vicenda molto da vicino -, forse era opportuno rinviare tutto di due mesi. In questo modo, davamo la possibilità ai Consigli che vanno al voto di essere di nuovo legittimati. Anche perché - mi rivolgo al Sindaco, in senso molto obiettivo -, è vero che, di solito, c'è consuetudine a mantenere quanto è stato deciso dalle Amministrazioni precedenti, ma non sempre questo avviene. Quindi, non sappiamo se questi Comuni che andranno al voto, se vincerà la stessa maggioranza che governa o altra maggioranza, saranno intenzionati a mantenere quanto è stato deciso nella precedente tornata amministrativa. Quindi, prudenza avrebbe voluto già all'inizio di rimandare a dopo… (INTERVENTO FUORI MICROFONO). Certo, a dopo le elezioni, ma a fronte di questo nuovo problema che era stato assunto. Cioè, siccome era emerso un problema dieci giorni fa, relativo al 51%, che, prima, nessuno aveva sventolato, a fronte di questo, forse, era il caso di usare maggiore prudenza. Termino, dicendo che, comunque vada questa sera (non sappiamo se ci sarà la fusione, per voi può essere indifferente), abbiamo dialogato con un partner che si è dimostrato inaffidabile, che è l'Amministrazione di Genova; questo mi pare chiaro. L'altro elemento - siccome non ci sono solo le caramelle, Sindaco, c'è anche un po' di carbone - è che, lo scorso venerdì, questa deliberazione, su proposta del Sindaco, non è stata liberata per l'Aula, con tutta la Conferenza dei Capigruppo d'accordo, ad eccezione del Partito Democratico. Quindi, ci sono dei problemi seri all'interno della sua maggioranza. Venerdì, ho assistito a dichiarazioni dei moderati, dell'Italia dei Valori, che sembravano più scaldati di noi! È vero che, poi, lunedì ai Capigruppo hanno subito cambiato posizione; in alcuni casi, nel weekend lei ha richiamato qualcuno all'ordine, ma non l'ha fatto con altri. Rimaniamo, però, nella situazione che lei si trova con degli alleati che dicono delle cose e, poi, magari, anche se non convinti, potranno farne altre, e con una fronda seria della sinistra radicale. Quando vorrà prendere atto di questo, forse potrà essere un servizio alla Città. COPPOLA Michele (Vicepresidente) Sono iscritti a parlare, per ora, i Consiglieri Ravello, Carossa, Cerutti, Giorgis, Petrarulo e infine il Consigliere Gallo Domenico. Ricordo che un Consigliere per Gruppo può intervenire fino ad un tempo di 20 minuti; i restanti membri del Gruppo possono intervenire fino ad un tempo massimo di 10 minuti. La parola al Consigliere Ravello. RAVELLO Roberto Sergio La ringrazio, Presidente, perché stavo per chiederle lumi rispetto ai tempi dei nostri interventi. Inizio nel rivolgermi a lei, Presidente, perché ritengo di avere bisogno di un chiarimento rispetto a quello che mi pare un precedente un po' preoccupante. All'emendamento n. 515, presentato dal Consigliere Petrarulo del Gruppo l'Italia dei Valori, è stato dato un parere sfavorevole sulla regolarità tecnica, sulla base della seguente considerazione: di fatto il condizionare in maniera così... COPPOLA Michele (Vicepresidente) Però, mi scusi, comunque il suo è un intervento generale sul dibattito; ora, sta parlando di un emendamento sul quale ritorneremo. RAVELLO Roberto Sergio Le rivolgo un quesito, poi la prego di rispondermi dopo il mio intervento. Ripeto, il parere tecnico è sfavorevole, poiché si dice: "di fatto il condizionare in maniera così imperativa la fusione la renderebbe impraticabile". Sicuramente, ho dei problemi nell'interpretare la formula con la quale si è espresso questo parere, però a me pare una considerazione, più che tecnica, smaccatamente politica. Capirei se fosse la Giunta ad esprimere un parere di questo tipo rispetto ad un emendamento - qualora glielo fosse richiesto -, ma che siano gli Uffici e che sia un tecnico a dire che l'emendamento è un po' troppo imperativo, perché, di fatto, rende impraticabile la fusione, mi sembra - ripeto - una considerazione di natura prettamente politica e che, di conseguenza, debba restare in capo alla parte politica, che non è di certo il Dirigente del Settore. Detto questo, spero che lei abbia preso nota, Presidente. (INTERVENTO FUORI MICROFONO). La ringrazio. Vorrei, innanzitutto, ringraziare il Vicesindaco, in maniera sincera. L'ho già fatto in qualche seduta delle Conferenze dei Capigruppo che ci sono state (le numerose Conferenze dei Capigruppo e Commissioni che si sono tenute negli ultimi giorni), perché ritengo che abbia condotto un'operazione estremamente delicata in maniera puntuale, garantendo una costante presenza e non si può negare che tutto ciò lo abbia fatto dimostrando un'apertura non comune, almeno all'interno della sua Giunta, al dialogo nei confronti dell'opposizione consiliare. Mi auguro che qualcuno della maggioranza, in Consiglio Comunale, prenda esempio dal Vicesindaco, perché se c'è stata tanta puntualità da parte della Giunta nel confrontarsi con i rappresentanti consiliari, non c'è stata altrettanta puntualità da parte dei Gruppi di maggioranza e, in particolare, da parte del Gruppo di maggioranza relativa, che, ancora lo scorso lunedì (cioè, 2 giorni fa), si è presentato in quest'Aula senza avere maturato una posizione, non dico condivisa, ma senza avere nemmeno tentato di smussare gli angoli che, evidentemente, rendevano incompatibili le posizioni di diversi Gruppi che compongono la maggioranza. L'ho già detto e lo ripeto ancora una volta: questo atteggiamento mi ha stupito, quasi come se fosse una non palesata intenzione, da parte di qualcuno, di arrivare allo scontro finale e definitivo, dal quale - non vi illudete - non ci si sarebbe potuti rialzare. Ho avuto il sospetto che qualcuno, all'interno della maggioranza, ma, soprattutto, all'interno del principale partito di maggioranza, abbia voluto lavorare per cercare - senza mai dirlo, senza mai ammetterlo e senza mai riconoscerlo - di arrivare allo stop anche di questa operazione. Diversamente da ATM e GTT, dove chi volle lo stop si firmò, in questo caso non sappiamo chi sia l'autore. Poi, per carità, magari sono illazioni, ipotesi non comprovate, posso facilmente sbagliarmi, ma, diversamente da GTT, dove ci fu un nome e un cognome rispetto a chi si oppose a quell'operazione, in questo caso nessuno ha voluto mettere la faccia. Innanzitutto, devo riconoscere che è stato detto qualcosa di vero. Si è tentato, secondo me, in maniera - lo dico anche qui con onestà - non troppo inopportuna, di scaricare buona parte delle responsabilità di questo pasticcio al Sindaco di Genova, che si sarebbe svegliato in ritardo e che avrebbe comunicato in ritardo a questa Amministrazione, soprattutto all'altra metà del cielo che sta sopra ad IRIDE, l'intenzione di volere costruire un soggetto che fosse controllato in maniera determinante e non rilevante dai soggetti pubblici. Se è vero - ed è vero - che il Sindaco di Genova si è svegliato in ritardo, e se è giusto riconoscerlo, non posso negare che il Sindaco di Torino non si sia ancora svegliato, o meglio, che abbia deliberatamente scelto di non svegliarsi, perché, evidentemente, a differenza del Sindaco di Genova, il Sindaco di Torino (questo deve essere chiaro, bisogna dirlo una volta per tutte in questa occasione) non ha mai ritenuto e non ritiene che il nuovo soggetto, quello che andrà a nascere dalla fusione di IRIDE ed ENÌA, debba essere controllato in maniera determinante dal pubblico. Approccio che io non condivido, ma è un approccio legittimo, sostenuto da un punto di vista culturale profondamente distante dal mio. E arrivo a quello che, secondo me, è il nodo cruciale di questa partita, ma, soprattutto, è il punto fondamentale che dovrebbe determinare una svolta da parte di tutte le forze politiche che cercano di superare un momento di crisi come mai si è visto prima: il ruolo del pubblico in soggetti che dal pubblico sono costruiti, mantenuti e foraggiati. Noi abbiamo visto gli effetti di logiche liberiste; abbiamo veduto quanto questi effetti si siano dimostrati pericolosi; abbiamo preso atto e toccato con mano - e lo stiamo ancora facendo quotidianamente - che cosa ha significato per il mondo intero lasciare che l'economia, la finanza e l'industria fossero abbandonate al libero mercato. Credo che la situazione attuale dovrebbe farci riflettere e credo che, nel nostro piccolo, dovremmo approfittare di un contesto particolarmente difficile per dare un esempio da Torino, all'Italia, al mondo intero. Da Torino dovrebbe partire il messaggio che il pubblico non può restare uno spettatore consapevole, ma non protagonista di ciò che accade sulle spalle dei suoi cittadini; da Torino, dovrebbe essere lanciato il messaggio secondo il quale il pubblico deve tornare a rivestire il ruolo di protagonista in operazioni di questo tipo; da Torino deve partire il messaggio secondo cui ciò che viene costruito dai cittadini e dai contribuenti deve restare indiscutibilmente nelle loro mani; deve partire il messaggio secondo cui il ruolo di primazia debba restare nei cittadini che, con le loro tasse, hanno permesso che IRIDE diventasse ciò che è. Quello che vorrei che partisse è un messaggio a tutti, secondo cui ciò che i cittadini hanno donato e lasciato, ciò che i cittadini hanno investito in qualcosa che appartiene a loro non vada disperso in un sistema dove i cittadini non avranno più alcun ruolo. La nostra battaglia (nella quale - mi creda - abbiamo fortemente creduto e ne siamo ancora sicuramente molto convinti) è una battaglia - ripeto - culturale; noi vorremmo che, da questo punto di vista, ci fosse una vera e propria rivoluzione, perché non si può non tentare di dare al mondo, che sta andando a rotoli, una risposta concreta rispetto agli effetti di un approccio che, in materia di economia e di finanza, si è dimostrato estremamente dannoso. Non ci bastano gli sforzi che ha fatto questa Amministrazione e non ci bastano le modifiche a un patto parasociale, perché rimandare il nostro parere rispetto a questa operazione alla prima assemblea dei soci, che si terrà - così come detto dal Vicesindaco - nell'autunno inoltrato, significa sospendere di fatto l'espressione di un parere politico all'interno di questo Consiglio Comunale fino al momento in cui il terzo socio si esprimerà rispetto a quella che è la nostra richiesta, ma, in quel momento, non si potrà più tornare indietro. Se, alla prima assemblea, nell'autunno inoltrato, i soci emiliani dovessero cambiare idea rispetto a quello che lei dice di avere sentito - ma che io, con le mie orecchie, non posso confermare -, e dovessero dire che non ritengono più necessario che il controllo pubblico resti determinante e non solo rilevante, noi avremmo già approvato un mandato, avremmo già dato un mandato a questa Amministrazione, la fusione si sarebbe già tenuta e nessuno potrebbe più tornare indietro. Questo non ci basta. Devo dire che non comprendo le ragioni che vi hanno portato a questa prova di forza che tentate di fare pur senza avere i muscoli, perché voi, oggi, arrivate in quest'Aula dopo avere rischiato nemmeno che ciò fosse sufficiente a farvi arrivare a conclusione di questo progetto; arrivate in quest'Aula senza numeri e senza muscoli, perché nessuno ha ancora garantito che questa maggioranza resterà in piedi e sosterrà la sua Giunta in questo provvedimento. Anzi, devo dire che immagino che il partito di Rifondazione Comunista (il partito i cui 4 Consiglieri hanno sottoscritto la mozione di accompagnamento che c'è stata consegnata) nemmeno esprimerà una dichiarazione di voto, poiché questo è già stato fatto nella mozione. Infatti, nella mozione si dice molto chiaramente, lo cito proprio per evitare equivoci e strumentalizzazioni interpretative: "che l'ipotesi di fusione tra IRIDE ed ENÌA predisposta dalla Giunta Comunale si ritiene che non possa essere portata a conclusione e che pertanto non possa essere dato mandato alla prossima assemblea di FSU di procedere in tal senso". Questa è l'espressione di voto di un partito che siede con lei, Vicesindaco, nella sua Giunta; è l'espressione di voto di un partito che siede di fronte a me nei banchi di questa Aula consiliare; è l'espressione di voto di un partito che, come dicevo all'inizio del mio intervento, evidentemente non è stato minimamente coinvolto da parte del resto della maggioranza nella predisposizione di una posizione che fosse minimamente condivisa. Direi che possiamo, allora, anche risparmiarci del tempo e della fatica e di evitare persino di arrivare al voto, perché, se l'emendamento dell'Italia dei Valori non dovesse essere accolto, noi sappiamo benissimo che l'Italia dei Valori non voterà questa deliberazione, perché, senza i voti di Rifondazione Comunista e dell'Italia dei Valori, voi non avete l'autosufficienza necessaria per portare avanti questo progetto. Devo dire che, anche in questo caso, da parte vostra mi sarei aspettato che, così come il leader del Partito Democratico - leader nazionale, non locale - chiede che, ad esempio, per le riforme costituzionali vi sia un accordo tra maggioranza ed opposizione, mi aspetto che, su operazioni che riguardano la collettività, che vanno a determinare il futuro di un'azienda costruita dai cittadini di destra, di centro, di sinistra, lo stesso invito, rivolto dal Presidente nazionale del Partito Democratico, al Presidente nazionale del Popolo della Libertà, possa essere accolto dalla maggioranza, che risponde al Partito Democratico e che in questa sede ha condotto un'operazione non solo senza arrivare ad una condivisione con l'opposizione, ma nemmeno senza arrivare ad un accordo all'interno della sua maggioranza. COPPOLA Michele (Vicepresidente) Prima di dare la parola al Consigliere Carossa, cerco di rispondere al quesito che mi ha posto in principio il Consigliere Ravello. Lei fa riferimento esclusivamente ad un solo emendamento (il n. 515 a firma del Consigliere Petrarulo); in realtà, come lei può notare, tutti gli emendamenti relativi a modifiche legate al progetto di fusione e agli articoli dello Statuto o, comunque, in generale, agli allegati, quindi non al testo della deliberazione, hanno tutti parere negativo. Il parere negativo nasce dal vincolo - spiegano gli Uffici - di non poter intervenire in una modifica che renderebbe differente il documento da quello approvato in seno ai Consigli di Amministrazione e, quindi, documento relativo al progetto di fusione. Va da sé che il parere di regolarità tecnica negativa non osta ad un'approvazione da parte della nostra assemblea del medesimo emendamento, il che significa che il parere di regolarità tecnica negativo non impedisce all'Aula di approvare la proposta emendativa ed evidentemente modificare quel famoso documento di cui parlavamo ora. Va da sé che una modifica intervenuta ex post all'approvazione in seno al Consiglio di Amministrazione renderebbe - se ho bene inteso - non praticabile la fusione stessa. Prego, Consigliere Ravello. RAVELLO Roberto Sergio Mi permetto di dichiararmi insoddisfatto della sua risposta, non nel metodo - lei è stato molto cordiale e puntuale -, ma nel merito, perché ritengo che un parere sulla regolarità tecnica debba essere basato, soprattutto, sostanziato con elementi di natura tecnica. Scrivere che una definizione così imperativa renderebbe impraticabile la fusione è una considerazione di natura politica. Nel momento in cui il Consiglio Comunale presenta un emendamento, sa bene che bene che quell'emendamento può persino rendere impraticabile la fusione, ma è una decisione di natura politica che il Consiglio Comunale, soprattutto il presentatore dell'emendamento, si assume. Immaginavo che gli Uffici - il personale preposto all'espressione di pareri di regolarità tecnica - facessero un lavoro diverso rispetto a quella che, a mio avviso, resta una valutazione di natura politica. COPPOLA Michele (Vicepresidente) La parola al Consigliere Carossa. CAROSSA Mario Innanzitutto, Consigliere Coppola non se la prenda; lei è molto istituzionale, però, in questi casi, soprattutto in questi dibattiti in cui vi è vera opposizione, mi farebbe piacere, come Lega Nord, che al posto della Presidenza sedesse quel Consigliere Comunale che, nonostante la volontà del Consiglio, è stato legittimato, da parte di un organo giudiziario, ad occupare nuovamente quel banco. Non vuole essere una critica verso il Consigliere Coppola, perché so che lei è troppo buono, però, ogni tanto, si tolga da quel banco. Per quanto riguarda la deliberazione, venerdì avevo chiesto - ed è stato ribadito anche dal Consigliere Cantore - che questa deliberazione venisse posticipata. Ho chiesto anche al Vicesindaco - qui presente - e al dottor Garbati se questo spostamento in avanti dell'approvazione della deliberazione comportasse qualcosa di irreparabile. Il Vicesindaco mi ha risposto, dicendo, in definitiva, che un rinvio non comprometteva nulla. Il rinvio, anche se c'era, non comprometteva questa conglobazione. Nonostante questo, si è arrivati al dibattito che c'è stato venerdì in sede di Conferenza dei Capigruppo, nella quale - ribadisco (perché non ci si può nascondere dietro un dito e bisogna sempre mettere la faccia) - il Gruppo di Italia dei Valori, ma, soprattutto, quello dei Moderati erano assolutamente contrari al fatto che questa deliberazione venisse liberata. Venerdì, erano assolutamente contrari; ritengo che, magari, tra sabato e domenica, folgorati sulla via di Damasco - naturalmente, intesa come San Paolo -, abbiano cambiato idea. Ci siamo ritrovati lunedì, e coloro che erano determinati a non liberare una deliberazione così importante, nonostante non fosse cambiato assolutamente nulla (perché, in definitiva, in soldoni non è cambiato nulla), hanno cambiato idea; ma tant'è, ognuno si assume le proprie responsabilità, come siamo abituati a fare noi della Lega Nord da sempre. Riguardo alla deliberazione, non voglio togliere nulla ai pasticci che combinate voi, ma questo è solamente lo specchio del pasticcio in cui si trova il Partito Democratico a livello nazionale. Questa è una lotta di consolidamento di potere. Apro un inciso, dicendo che dei cittadini, in queste deliberazioni, non importa nulla a nessuno, tanto meno a voi; questa è una lotta interna al PD, di consolidamento di potere. È un pasticcio, come lo è attualmente il PD a livello nazionale. Siete riusciti ad arrivare, dopo mesi, durante i quali avevate la possibilità di fare quanto volevate, all'ultimo giorno, anzi, fuori tempo utile, perché ancora non mi convince il discorso di tenere aperte assemblee (escamotage a cui voi siete abituati a fare). Allora, abbiamo chiesto un rinvio, che non c'è stato dato, nonostante - ripeto - nulla compromettesse questa conglobazione - perché me lo ha detto lei -, salvo diversi scenari politici, che non sono quelli riguardanti qualche Comune dell'Emilia che, magari, cambia colore, ma il rischio di disgregamento del PD e di ulteriori lotte dopo le elezioni provinciali ed europee. Allora, non saprete più come controllare nulla, tanto meno un'eventuale operazione così importante. Questo lo sapete benissimo, ma bisogna dirlo e pregherei che mi rispondeste, dicendo che non è vero! Avevate tutto il tempo necessario; adesso, si rimpallano le responsabilità tra il Sindaco di Torino, il Sindaco di Genova, si dà la colpa all'opposizione, alla sinistra radicale, alla Lega Nord. Tutto, tranne che è colpa vostra. Questo mai! Santi subito e santi sempre! Questo è chiaro. Voglio ribadire che per la Lega Nord il problema non è solo quello del 51%; questo è uno dei problemi, ma non è - oserei dire - il problema principale. Il problema è che, come accennavo prima, ai cittadini di questa fusione non arriverà assolutamente nulla. Noi abbiamo fatto una domanda ben precisa, alla quale non c'è stata data risposta. Penso che posso dire che ho fatto fare questa domanda tramite il gentilissimo Consigliere Coppola, durante una delle ultime riunioni di Commissione (io ero assente). Nei documenti, alla fine, c'era una bella cifra: 70 milioni di sinergie. Belle parole, come voi siete abituati a scrivere. Ho chiesto: in quanto tempo? Non mi è stata data risposta. Ho chiesto come sarebbero arrivati questi 70 milioni di sinergie. Il dottor Garbati ha dato una risposta riguardo al costo degli idrocarburi, eccetera; tutte cose - mi permetto di dire - molto minimali. Non è stata assolutamente data una risposta seria. Visto che noi siamo "terra terra", popolari e bisogna arrivare alla fine del mese, vogliamo sapere: sulla base di questi 70 milioni di sinergie (che, tra l'altro, non si sa in quanti anni arriveranno, pensate la vostra serietà), potete almeno dire che, per i prossimi anni, le bollette dei cittadini torinesi non verranno aumentate (non chiedo che vengano diminuite)? Non avete risposto, perché non ve ne importa nulla. Oltre a non sapere, non ve ne importa nulla. A voi interessa solo consolidare questo strapotere economico che avete come partito. Sempre riguardo questi 70 milioni di sinergie, è vergognoso che non mi si risponda in quanto tempo si pensa di averli come società! Vengono fatti tagliando l'occupazione? Da sempre, quando avviene una fusione, viene tagliata l'occupazione, ma non viene tagliata a livello di dirigenza o di poltrone (che vi spartite tutti quanti molto bene), ma avviene tra gli impiegati e gli operai. Di questo, non rispondete; non avete risposto nulla. E voi pretendete che un partito come Lega Nord, di fronte a queste non risposte volute, voti favorevolmente un'operazione così importante? Non si è detto nulla riguardo all'occupazione; non si è detto nulla su quanto arrivi in soldoni ai cittadini; non si è detto nulla - anche riguardo a questo ho fatto domande, non solo io naturalmente - del futuro di Amiat e di Smat, perché tutti guardano Smat, ma dimenticano che nella mission di ENÌA è molto importante la quota dell'ambiente. A medio termine, che cosa capiterà di questo, che cosa capiterà di Amiat, anche alla luce di quanto sta accadendo con l'inceneritore, eccetera? Di questo, nessuno ha dato una minima risposta. Di Smat, manco a parlarne, assolutamente. Naturalmente, questa non è una domanda che ho avanzato solo io, ma l'hanno fatta altri partiti. E non è stata data alcuna risposta. Si è andato avanti per giorni solamente a disquisire di statuti, di frasi da modificare, eccetera; questioni che non cambiano assolutamente nulla nel panorama completo di questa operazione. Ricordo a voi della maggioranza come stanno andando a finire le questioni - fusioni - CRT, oppure Sanpaolo: a rimetterci sono solo i cittadini e i dipendenti. Certo, determinati gruppi di azionisti non ci rimettono mai, anzi, ci guadagnano; determinati partiti non ci rimettono mai, ci guadagnano, consolidando il loro potere. Lo dico chiaramente, perché questa - lo ripeto - è un'operazione assolutamente di consolidamento di potere vostro, che dovete fare prima che ci sia il rischio di sfaldamento del vostro partito, perché, altrimenti, non potrete più farla, in quanto vi scapperanno tutti da tutte le parti! Chiedo ancora quali benefici arriveranno ai cittadini? Mi rivolgo a lei, naturalmente, perché - in questo ha ragione il Consigliere Ravello - lei è una persona corretta, alla quale tocca però un triste compito (naturalmente, lo ha voluto, perché poteva anche rifiutarlo). So che lei è una persona onesta; c'è tutto il resto che non è così chiaro. Che cosa arriva ai cittadini torinesi? Non mi venga a dire che, da questa fusione, ai cittadini torinesi arriverà il fatto che non perdono un'azienda! Perché queste sono tutte storie! Ricordo che l'attuale IRIDE era nata circa 100 anni fa - non mi ricordo la data - come AEM. (INTERVENTO FUORI MICROFONO). Non venga a provocare, Sindaco; volevo complimentarmi con lei, perché, anche se il colore non è giusto, inizio a vedere che con quella cravatta verde sta andando sulla via giusta. Forse, il pranzo a me è servito per stare in piedi e a lei per iniziare ad intonare bene le cravatte. Questo mi fa piacere. Comunque, poi, sul colore discuteremo, però non mi provochi. L'attuale IRIDE, nata circa 100 anni fa come Azienda Elettrica Municipale, era un'azienda dei torinesi, quindi non mi venite a dire che continuerà ad esserlo, perché non lo sarà più (come - ho detto prima - il Sanpaolo). E non si otterrà alcun vantaggio. Anzi, temo veramente - in questo sono d'accordo con diverse persone - che i torinesi ci rimetteranno. Anche per quanto riguarda l'acqua, bisognerà veramente approfondire il discorso, perché - lo ribadisco ufficialmente - l'acqua deve, a tutti i costi, rimanere pubblica, non può venire assolutamente privatizzata! Quindi, detto questo, chiedo ancora ai Consiglieri di maggioranza (non ai Gruppi di maggioranza) di riflettere nel momento in cui andranno a votare questa deliberazione, che rappresenta uno stravolgimento della questione economico- finanziaria riguardante la Città di Torino; uno stravolgimento che - ritengo - non sia in positivo. Faccio appello al vostro buonsenso ed al vostro senso di responsabilità. Su questi argomenti non siate vincolati! Abbiate il coraggio di smarcarvi dai Partiti di appartenenza! Abbiate quel coraggio e, forse, se ci sarà questo esempio, nascerà qualcosa di buono anche all'interno di questo Consiglio Comunale. Ricordo solamente che nella Regione Lazio (sempre per parlare di acqua), dopo la privatizzazione le bollette sono aumentate del 30%. Questo è stato il risultato ed è una delle cose che temo fortemente per la Città di Torino. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Cerutti. CERUTTI Monica Signor Sindaco e signor Vicesindaco, penso sia necessario fare anche delle considerazioni di carattere generale. Il Consiglio Comunale della città in cui si è svolta la Biennale della Democrazia si trova, negli stessi giorni, a doversi esprimere su un atto molto importante qual è l'integrazione tra IRIDE ed ENÌA, con modalità che definirei poco democratiche; infatti, lo Statuto della società risultante da questa fusione è stato trasmesso ai Consiglieri solo all'inizio di aprile, sapendo che avrebbe dovuto essere votato entro fine mese e col vincolo, emerso in corso d'opera, che risulterebbe essere immodificabile, in quanto già votato dai Comuni emiliani, molti dei quali impossibilitati, eventualmente, a ripronunciarsi, poiché si terranno le elezioni il prossimo 6/7 giugno. Spesso viene lamentata l'inutilità di queste Assemblee elettive; il problema è, però, non continuare a considerarle meri organismi di ratifica di decisioni prese altrove. In questo caso, lo statuto che ci è stato proposto non tiene conto degli indirizzi programmatici che il nostro Consiglio Comunale ha votato all'inizio del suo mandato, secondo il quale il controllo pubblico delle imprese dei servizi rivolti ai cittadini è ritenuto strategicamente necessario. La mozione di accompagnamento alle linee stesse che abbiamo presentato impegna il Sindaco e la Giunta nell'integrazione con le altre utilities locali all'interno dell'accordo AEM e AMGA (ora IRIDE) di mantenere il controllo pubblico, con particolare attenzione al servizio idrico, in quanto, essendo l'acqua un bene comune dell'umanità, la gestione delle risorse idriche non può essere assoggettata alle norme del mercato. Non è un proclama ideologico - vorrei sottolinearlo -, ma è l'affermazione di un principio democratico. Avere posto la necessità della modifica statutaria affinché preveda il mantenimento di almeno il 51% di partecipazione pubblica della società risultante non è un dettaglio od una mera posizione di principio da sventolare come una bandierina. Avere trovato tra gli oggetti sociali - e questo vorrei ricordarlo - l'imbottigliamento e la vendita al dettaglio ed all'ingrosso di acqua potabile, sia direttamente che indirettamente, sembrerebbe avallare l'industrializzazione del servizio idrico, contraria alle nostre linee programmatiche che prima ho enunciato. Molti cittadini sono giustamente sensibili a questo tema. La proposta di legge di iniziativa popolare per l'acqua pubblica presentata in Parlamento dal forum dei Movimenti per l'Acqua è stata sottoscritta in tempi rapidissimi da quasi mezzo milione di persone. L'esperienza dimostra che la privatizzazione non ha portato miglioramenti - lo ha ricordato il Consigliere Carossa nel suo intervento - né sulle tariffe, né sulla qualità del servizio offerto; realtà importanti come Parigi (quindi, non parlo di città piccole o che, magari, potrebbero non essere d'esempio) hanno abbandonato gli operatori privati per ritornare al pubblico. Nella nostra area metropolitana SMAT (totalmente pubblica) deve mantenere la sua autonomia rispetto all'aggregazione IRIDE-ENÌA, che riguarda i servizi idrici di altre città; anzi, SMAT dovrebbe diventare un modello esportabile in altri Comuni, seguendo l'esempio parigino di ripubblicizzazione. Ciò potrebbe, per esempio, essere perseguito a Genova, che potrebbe avviare lo scorporo della gestione del servizio idrico provinciale da IRIDE. Per questo motivo abbiamo presentato un emendamento da inserire nella deliberazione che vincola la Città di Torino a non avvalersi di società del Gruppo IRIDE o del Gruppo risultante dalla fusione per il servizio idrico integrato o, più in generale, della filiera dell'acqua attualmente in capo a SMAT e siamo felici che molti Consiglieri del Gruppo del Partito Democratico lo abbiano sottoscritto. Ci siamo soffermati sull'acqua quando abbiamo appreso che sul fronte energetico non si escludono programmi di sviluppo e progettazione di impianti elettronucleari. Si è detto poco sulla progettazione e la produzione di energia da fonti rinnovabili, a partire dal solare, dal geotermico e dall'eolico. Per noi è irrinunciabile che i servizi pubblici locali siano pubblici. Abbiamo, perciò, presentato un altro emendamento, che modifica direttamente l'articolo 9 dello Statuto della società risultante dalla fusione, introducendo il vincolo di almeno il 51% pubblico, che è diverso dal proporlo successivamente all'attenzione degli Enti locali, come, invece, prevede l'emendamento presentato dal Vicesindaco Ricordiamo che vi sono 42 Comuni su 60 di ENÌA che vanno al voto e sulla cui volontà futura non possiamo avere certezza. Il Vicesindaco ha detto che oggi abbiamo un impegno dell'assemblea di Comuni che, però, dopo il 6 e 7 giugno cambieranno o manterranno il loro rappresentante - non lo possiamo sapere -, invece la fusione sarà irreversibile. A Genova abbiamo visto, nella deliberazione, una formulazione di questa volontà più netta, con contorni che ancora adesso non risultano essere chiari, come ha evidenziato prima il Consigliere Cantore. Siccome in IRIDE - lo ha già sottolineato il Consigliere Cantore e non se n'è parlato - la separazione tra società di gestione e rete non è stata ancora fatta, abbiamo il dovere di blindare almeno il 51% in mano agli Enti locali, proprio a garanzia del controllo pubblico almeno delle reti, visto che parliamo sempre di proprietà pubblica delle reti che non può essere garantito dai semplici patti parasociali modificabili in qualsiasi momento. Sono incomprensibili - mi spiace che non sia presente il Sindaco - le accelerazioni del nostro Sindaco sulla contendibilità prima della separazione tra gestione delle reti e gestione del servizio. Se questo è volersi affrancare dall'invadenza della politica, ben venga, allora, la politica che difende principi giusti. L'invadenza della politica è un fatto negativo quando si cerca, per esempio, lo scambio politico, il baratto e in questa chiave abbiamo letto la proposta della semplificazione dello scioglimento di FSU come contropartita del 51%. Ricordiamo che FSU è indebitata per circa 210 milioni di Euro per l'operazione precedente. Temiamo che la maggior semplicità che si vorrebbe attribuire al suo scioglimento renda più facilmente cedibile l'azionariato pubblico, non tanto la risoluzione dei problemi di funzionamento che già adesso dovrebbero sussistere, indipendentemente dalla fusione con ENÌA. Spesso, purtroppo, sulle partecipate vediamo applicate mere logiche di cassa, legittime, ma non condivisibili se parliamo del futuro dei servizi pubblici locali. Se, poi, in FSU esistono visioni diverse fra Torino e Genova (come afferma, tra l'altro, oggi Sandro Baraggioli su La Stampa), parliamone, visto che finora la questione non è mai stata affrontata. Se tre indizi fanno una prova (come dice il Sindaco Sergio Chiamparino), anche noi abbiamo qualche indizio che non depone nella direzione che auspichiamo: prima che IRIDE archiviasse le nozze con HERA, una delle tante frizioni tra Cofferati e Chiamparino, oltre le poltrone, riguardava propria la richiesta di Cofferati di garantire il 51% agli azionisti pubblici; l'intesa è saltata ufficialmente proprio per l'opposizione del Comune di Bologna a fare scendere il controllo pubblico sotto il 51%. È sempre più necessario confrontarsi in cosa si tradurrà l'azionariato pubblico. Abbiamo verificato grande attenzione al consolidamento industriale e finanziario del soggetto nascente e meno per gli aspetti legati alla qualità del servizio reso, ai risvolti occupazionali e lavorativi (di cui nessuno ha parlato), ai costi tariffari. Su nostra proposta è stato aggiunto, fra gli obiettivi, il miglioramento degli standard di qualità dei servizi resi ai cittadini; chiediamo garanzie sui livelli occupazionali, che non risultano superflue in un periodo come questo e ci risulta che gli occupati in IRIDE siano diminuiti. Proprio in accordo a queste considerazioni, resta la riflessione generale sul fatto che le aggregazioni siano effettivamente il futuro per i servizi pubblici locali, perdendo il carattere territoriale, che dovrebbe essere, invece, una delle loro caratteristiche peculiari e punto di forza nel consolidamento della comunità locale. A questo proposito, proprio qualche giorno fa il sociologo Giuseppe De Rita è intervenuto a Torino, manifestando dubbi su questo indirizzo, su queste politiche e rivalutando la centralità della Città. Questo non significa chiudersi in un fortino, ma valutare tutti i pro ed i contro delle future alleanze, quindi, crediamo che questo Consiglio Comunale dovrebbe riflettere sul da farsi e rinviare la deliberazione. Sono passati moltissimi mesi, che hanno visto solo la politica dei consigli di amministrazione in azione con nessun coinvolgimento della politica dal basso. Questi sono stati i ritardi denunciati adesso, non quelli dei Consigli Comunali. Il risultato è un consiglio di amministrazione per la società frutto dell'aggregazione molto ampia, pletorica. Sarebbe necessario, inoltre, che il Consiglio Comunale potesse definire dei massimali per i compensi ed i premi dei componenti di questo futuro consiglio, tema che abbiamo accantonato. Noi non lo abbiamo lasciato da parte nella discussione ed abbiamo provato a reinserirlo in una mozione di accompagnamento, in cui abbiamo citato il mantenimento dei livelli occupazionali nella nuova società IRIDE-ENÌA, il coinvolgimento del Consiglio Comunale nella definizione degli indirizzi strategici della nuova società e nella definizione dei massimali per i compensi ed i premi dei componenti del suo consiglio di amministrazione, con l'impegno verso le energie rinnovabili (quella solare, eolica e geotermica), la non partecipazione a programmi di sviluppo e progettazione di impianti elettronucleari e l'autonomia di SMAT. Abbiamo introdotto questi temi non approfonditi e che avremmo voluto fossero stati oggetto di una vera discussione politica, che è del tutto mancata. Siamo sconcertati dalle modalità con cui viene condotta un'operazione così significativa per il futuro dei servizi pubblici locali torinesi. Stiamo procedendo a vista, con norme regolamentari sulle assemblee degli azionisti che apprendiamo strada facendo. Rileviamo con amarezza che l'unica certezza granitica di questi ultimi giorni è stata quella di dichiarare immodificabile lo statuto della società risultante; questa è l'unica certezza, il cui testo non è mai stato visto precedentemente. Un grave deficit democratico che, responsabilmente, si poteva evitare. Il mio Gruppo, pertanto, non si può esprimere favorevolmente su questa deliberazione; noi non siamo la sinistra dei "no a prescindere", ma il "sì" sarebbe un venir meno ai principi di una sinistra che vuole tutelare l'acqua pubblica, i beni comuni, la qualità del servizio offerto ai cittadini che non vorremmo chiamare "consumatori") e promuovere le energie rinnovabili con un "no" chiaro al ritorno del nucleare. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) D'accordo con i richiedenti l'intervento, prima del Consigliere Giorgis interviene il Consigliere Petrarulo. Dopodiché, interverrà il Consigliere Domenico Gallo. La parola al Consigliere Petrarulo. PETRARULO Raffaele Noi dell'Italia dei Valori siamo fermamente ed irremovibilmente contrari alla privatizzazione dell'acqua. Lo abbiamo detto, quindi, dobbiamo cominciare a capire. Vorrei partire da questo presupposto, per arrivare a parlare della fusione di IRIDE- ENÌA, sul quale, già nelle Commissioni, abbiamo più volte espresso il nostro parere. Il diritto al bene essenziale dell'acqua non può e non deve sottostare a stratagemmi ed escamotage. Sono stati presentati emendamenti all'ultimo minuto, che, in parte, modificano e, dall'altra, attenuano, ma, di fatto, restano vaghi su cosa si andrà a fare; pur mantenendo formalmente e garantendo nella sostanza, vanificano quanto vuol dire la newco e la nuova fusione, il nuovo statuto. Il Consigliere Cantore ha detto una cosa all'inizio, che è giusta in parte; l'Italia dei Valori non ha riportato l'emendamento presentato a Genova, perché quello che abbiamo presentato oggi (che, naturalmente, i tecnici ci hanno bollato come negativo) è ancora più imperativo. Al Comune di Genova l'hanno firmato l'Italia dei Valori (primo firmatario), il Partito Democratico, i Verdi, il Partito di Rifondazione Comunista ed il PDCI con la Sinistra. Un emendamento di questa portata ha tenuto tutte le forze di centrosinistra coese nel riportare che l'articolo 9 dello Statuto della newco non può essere formulato così. (INTERVENTI FUORI MICROFONO). Lei ha ragione, glielo leggo, perché ce l'ho qua davanti. L'emendamento è il n. 23/2009 del 09/04/2009, che dice: "Sostituire il punto 10" - parlo di Genova -: "di approvare l'emendamento proposto nel corso della seduta della Giunta dal Sindaco, che prevede la seguente riformulazione dell'articolo 9 dello Statuto della newco: 'Il capitale sociale della società deve essere detenuto in maniera rilevante e, comunque, non inferiore al 51% da soggetti pubblici'". Firmato il 27 aprile 2009 da IDV, Verdi, PD, PRC, PDCI. L'emendamento che l'Italia dei Valori ha proposto a Torino è il n. 515, che recita (perché qui bisogna leggerle le cose, altrimenti, alla fine, qualcuno pensa che sono emendamenti diversi da quelli proposti): "Condizione essenziale ed inderogabile per procedere alla fusione per l'incorporazione della società ENÌA S.p.A. nella società IRIDE S.p.A. è che la riformulazione dell'articolo 9 dello Statuto della newco sia: 'Il capitale sociale della Società deve essere detenuto in maniera rilevante e comunque non inferiore al 51% da soggetti pubblici'.". Questo emendamento è stato firmato dal sottoscritto, dal Consigliere Porcino e dal Consigliere Sbriglio. Naturalmente, gli altri Partiti non hanno firmato, quindi, né i Colleghi che li avevano firmati a Genova, né quelli della minoranza. È stato espresso il parere sfavorevole sulla regolarità tecnica dal Dirigente di Settore. Ha ragione il Consigliere Ravello sul parere tecnico, che così recita: "di fatto il condizionare in maniera così imperativa alla fusione la renderebbe impraticabile…". Sono d'accordo con chi l'ha scritto; lo sposo in pieno. Non siamo d'accordo a fare una fusione che non contempli il 51% di proprietà pubblica della rete (quindi, delle risorse idriche, dell'acqua). Se questo emendamento non può essere accettato, l'Italia dei Valori non accetterà nessun compromesso, nessun emendamento che deleghi a qualcun altro quanto non si può fare oggi. Ognuno si prenda le proprie responsabilità. Noi non facciamo giri di parole o di valzer su emendamenti che potrebbero fare concessioni: vogliamo che la rete pubblica dell'acqua sia detenuta per il 51% da soggetti pubblici e non da consorzi collegati fra i privati ed il pubblico. Questo sia chiaro. A livello nazionale, Vicesindaco, deve pensare che in molte città d'Italia si sta procedendo anche con fusioni delle nuove reti. Noi abbiamo tre problemi. Il primo è che abbiamo l'obbligo che il capitale di queste società, al momento della costituzione e per tutta la loro durata, sia maggioranza assoluta degli Enti pubblici. È categorico. Il tempo può essere portatore di pensiero, quindi, si potrebbero apportare modifiche all'interno di questi statuti. In secondo luogo, il rapporto coi privati. Ben vengano, perché non abbiamo nulla contro l'apporto privato nelle società pubbliche a capitale misto; possono dare un contributo di capitale alla funzione pubblica, ma, naturalmente, debbono essere esclusi categoricamente da politiche gestionali o tariffarie: la tariffa deve essere assolutamente dettata dal soggetto pubblico. È logico che il nostro Presidente Antonio di Pietro ha detto di votare negativamente a qualsiasi deroga a quanto ho detto poc'anzi. Non anticipo votazioni, perché potrebbe darsi che - come ha detto il Consigliere Ravello nel suo intervento - se qualcuno vuole, l'emendamento è politico; può avere un parere tecnico sfavorevole, ma è politico. Come ottenere il 51% spetta agli Uffici, ai tecnici, alle persone preposte definirlo; se ci vorranno 30 o 60 giorni non importa: ci prenderemo il tempo necessario, Vicesindaco, perché, altrimenti, giriamo intorno agli emendamenti, per, poi, arrivare alla fine e non concludere nulla. Siamo pronti a liberare per l'Aula la fusione, perché vogliamo capire veramente quali siano i Partiti a favore della rete pubblica, quindi, di un controllo pubblico sulla rete pubblica dell'acqua e quelli che voteranno contro, perché non esistono vie di mezzo su questo argomento. Il programma elettorale della Città di Torino non contemplava questo e noi ci adopereremo per farlo rispettare. L'eventuale passaggio di uno statuto in chiave privata dove il controllo non può essere che pubblico, potrebbe determinare danni alle future tariffe di chi eroga i servizi. Chi dice che il privato può determinare qualcosa di meglio di un soggetto pubblico? Solo un soggetto pubblico può incidere sulle tariffe, può determinarle anche per persone meno abbienti, che non hanno la possibilità di pagare le tariffe stabilite da una libera società di consumo. Io parlo con fatti e carte alla mano; chi vuole, può leggerle, sono qua davanti a me. Sia l'emendamento n. 515 presentato a Torino, che quello di Genova riportano quanto segue. La deliberazione di Genova è stata licenziata con il voto dei Partiti che ho citato prima, con qualche differenza; adesso non ho sottomano il testo, però mi pare che alcuni si siano astenuti, altri abbiano votato contro o a favore. Quello che conta è la votazione finale di quella deliberazione, con la quale il Comune di Genova ha dato parere favorevole alla deliberazione di fusione con una clausola molto determinante, ossia che lo statuto specifichi che il 51% del capitale sia in mano a soggetti pubblici. Se anche Torino vuole condividerlo, noi abbiamo lanciato l'assist con il nostro emendamento n. 515. Tutti pensiamo che la fusione sia importante e determinante per il futuro della nostra Città, di Genova e del territorio circostante. Penso che l'Aula si possa esprimere tranquillamente a favore di questo emendamento, variando la deliberazione nel modo in cui è stato poc'anzi citato e, naturalmente, chiedendo anche un atto di responsabilità, in maniera diversa, con un voto contrario, con una determinazione diversa da quella della deliberazione stessa. Se non avremo queste garanzie, voteremo sicuramente contro un progetto di fusione di questo tipo e in questo mi conforta anche il Partito a livello nazionale, con i suoi onorevoli e con il mio Presidente in testa. Questo deve essere chiaro, senza se e senza ma; parliamo di tante cose, però, alla fine, i cittadini vogliono sapere chi è favorevole e chi è contrario a che le reti siano controllate pubblicamente o privatamente. Il mio Gruppo è per un controllo pubblico dell'acqua. Ho concluso il mio discorso; naturalmente, mi riservo di intervenire nel momento in cui ci sarà l'esposizione degli emendamenti. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Giorgis. GIORGIS Andrea Se sto a quanto ho appena ascoltato dal Consigliere Petrarulo, ne traggo un voto favorevole, perché l'acqua non mi sembra che sia l'oggetto della deliberazione, rimane pubblica; SMAT non la fondiamo con nessuno, per il momento, ed anche le reti rimangono pubbliche, vorrei rassicurare il Consigliere Petrarulo. C'è anche una disciplina legislativa che noi non possiamo modificare. Se il voto favorevole è condizionato a che l'acqua rimanga pubblica, a che le reti rimangano pubbliche, a che i privati non possano definire le tariffe - le tariffe non possono definirle i privati, è la Legislazione che lo dice - e se è vincolata al fatto che IRIDE rimanga un soggetto di tipo privato (lo è già, è quotata in Borsa), allora credo che non ci siano problemi. Mi sembra che, da questo punto di vista, possiamo stare ulteriormente tranquilli dopo questo chiarimento molto puntuale sul tema oggetto di questa discussione. Solo per inciso, anche il Partito Democratico - non vorrei che qualcuno pensasse che il PD è favorevole alla privatizzazione delle reti - vuole che le reti rimangano pubbliche. La discussione è se la separazione tra reti e gestione dei servizi possa migliorare la qualità dei servizi medesimi e, soprattutto, migliorandoli, se si possa offrire ai cittadini, a costi minori, maggiore qualità, ma questo è un tema di carattere nazionale. CAROSSA Mario (Intervento fuori microfono). GIORGIS Andrea Non ho capito se la contrarietà è la separazione tra reti e gestione dei servizi, perché, allora, dovrebbe dire qualcosa ai suoi parlamentari nazionali da questo punto di vista. Il numero di cui il Governo Berlusconi dispone in Parlamento è tale da potere approvare - come ha fatto in tema di indulto, amnistia e depenalizzazione dei reati personali - in 48 ore una disciplina che impedisca la separazione tra le reti e la gestione dei servizi, ma non mi sembra che né la Lega Nord, né le Amministrazioni lombarde pensino il contrario, anzi, se non vado errato, in quella regione la separazione tra le reti ed i servizi è persino più avanti che nel resto dell'Italia. Il tema sul quale meriterebbe riflettere è a quali condizioni la separazione tra le reti ed i servizi diventi un vantaggio per l'intera collettività, perché è in questa prospettiva che credo dobbiamo inquadrare il tema delle fusioni e, quindi, della realizzazione di soggetti capaci di concorrere e, attraverso un meccanismo concorrenziale, di rappresentare quell'efficienza e quella qualità che siano in grado di realizzare al meglio l'interesse pubblico. I Consiglieri del Partito Democratico, anche in altri interventi, ritorneranno sul tema al quale vogliamo stare, cioè al merito di questa deliberazione, che è quello di capire se sia conveniente e rispondente all'interesse pubblico aumentare le dimensioni e la capacità, quindi, di gestione del servizio di un soggetto come IRIDE e se sia conveniente realizzare la fusione. Voglio solo completare questo breve intervento ricordando come le considerazioni che ho sentito svolgere dal Consigliere Cantore non vengono portate alle loro logiche conseguenze, perché quanto ho sentito dal Consigliere Cantore indurrebbe ad immaginare un voto favorevole anche da parte del Partito di Forza Italia, in quanto non ho sentito contrarietà di merito alla fusione, ma critiche al modo in cui siamo giunti a questa discussione ed al modo in cui trattiamo, oggi, la deliberazione. A questo riguardo, però, bisogna esser chiari: un contributo l'hanno dato anche l'opposizione - che ha presentato tutti questi emendamenti di carattere puramente ostruzionistico - e, sicuramente, il Comune di Genova. Sul modo in cui oggi trattiamo il tema del 51%, credo che si debba essere molto chiari nei confronti di coloro che ci ascoltano, di chi vorrà, poi, esprimere considerazioni su quanto stiamo deliberando. Chi oggi dice che, perché ci sia un voto favorevole alla deliberazione sulla fusione occorre che nello Statuto sia inserita da subito la clausola del 51%", sta, in realtà, dicendo che è contrario alla fusione. Sappiamo che la fusione oggi è possibile realizzarla sulla base di quanto abbiamo discusso per più di un mese in diverse Commissioni, ossia solo se il testo approvato sarà analogo a quello approvato dai Comuni emiliani e solo se prevarrà un'interpretazione tecnica del testo approvato dal Comune di Genova, che tende a considerare come privo di efficacia l'emendamento che sia il Consigliere Petrarulo, sia il Consigliere Cantore ci hanno ricordato. Queste sono le condizioni. Se oggi riteniamo che la fusione sia nell'interesse della Città e di un miglioramento del servizio, dobbiamo riconoscere che l'unico modo possibile è procedere all'approvazione della deliberazione che, peraltro (come abbiamo più volte detto in Commissione), contiene anche un'indicazione molto precisa sul punto, sulla quale avremo anche la possibilità di ritornare con, magari, una discussione più approfondita sui modi attraverso i quali si potranno realizzare al meglio la funzione di indirizzo e la separazione tra gestione e controllo. Concludo con un'ultima considerazione di metodo. Su vicende così complesse - ma vale per gran parte degli atti amministrativi che deliberiamo in quest'Aula - è naturale e fisiologico che ci sia uno scarto tra la quantità di informazioni, l'approfondimento e le cognizioni tecniche di cui dispongono la Giunta e gli Uffici e quelle di cui dispongono i Consiglieri. L'atteggiamento che deve essere seguito dall'Esecutivo è quello di coinvolgere il Consiglio e di metterlo nella condizione di poter esprimere al meglio una valutazione, ma il Consiglio, da parte sua - naturalmente questo riguarda i Gruppi che sostengono la Giunta -, non può - anche qui, per natura dei ruoli - che avere un atteggiamento di fiducia nei confronti di questioni presentate come aperte o da risolvere. È nella normalità dei rapporti tra Consiglio e Giunta che quest'ultima si adoperi per mettere a parte il Consiglio nella maniera più puntuale e che il Consiglio si adoperi per colmare, per accompagnare, per aiutare la Giunta in ogni momento di difficoltà. Senza questo reciproco atteggiamento è difficile riuscire ad amministrare bene una città ed è difficile, se non impossibile, pensare che un Consiglio Comunale ed una Giunta riescano ad essere all'altezza della complessità e della difficoltà delle situazioni che noi, comunque, per dovere di ruolo, siamo chiamati ad affrontare. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Gallo Domenico. GALLO Domenico La maggioranza non sta sicuramente bene, ma, sentendo gli interventi dei Consiglieri Cantore, Ravello e Carossa, mi pare che anche l'opposizione viva una fase di forte disorientamento rispetto alle questioni dei servizi pubblici locali, perché nell'intervento del Consigliere Cantore mi sembra che ci fosse un appello al "Dio Mercato", quello del Consigliere Ravello mi è sembrato improntato ad un forte statalismo (quindi, quasi di estrema sinistra) ed il Consigliere Carossa, invece, ha fatto un intervento da partito di governo di opposizione (che non gli confà molto, visto che il suo Governo sta accelerando l'iter della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, da quanto mi risulta). I processi di liberalizzazione sono nell'agenda del Governo Berlusconi, quindi, trovo in voi una contraddizione molto pesante oggi in quest'Aula, ma ci sono contraddizioni anche nella maggioranza. Su un'operazione di queste dimensioni credo che sia normale avere punti di vista molto diversi. La cosa che mi lascia più perplesso di tutta questa operazione - francamente, questa sera devo ammetterlo, voterò con disagio questa deliberazione - è il clima di incertezza; mi preoccupa il fatto che si stia costituendo un'utilities con oltre 1,7 milioni di clienti serviti nel settore energetico e di oltre 2,3 milioni nel ciclo idrico ambientale e questi dati danno l'idea della portata economica di questa operazione. Le domande che porrò saranno molto banali, ma sono ovvie e credo che l'ovvietà, in questi casi, diventi sostanza. La collettività (quindi, la popolazione di Torino) trarrà dei vantaggi da questa operazione e quali saranno? Migliorerà la qualità del servizio? Ci saranno tariffe più convenienti per gli utenti? Ci sarà uno sviluppo dell'occupazione? Sono tutte domande che credo siano sempre insite nelle operazioni di questo tipo. Solitamente, purtroppo, le fusioni mirano a razionalizzare le risorse e, quindi, tendono al risparmio più che ad espandere i livelli occupazionali. Questo è accaduto con la fusione Intesa-San Paolo, nonostante le promesse dell'azienda, ma qui siamo di fronte ad aziende pubbliche, che aspirano a creare una concentrazione in un settore strategico, quello dell'energia, cioè un settore che non può essere affidato, dal mio punto di vista, prevalentemente ai privati, o con modalità in base alle quali il pubblico possa trovarsi in situazioni di subalternità rispetto a logiche privatistiche. Questo è il punto politico della questione, non ideologico. Per questo motivo abbiamo posto con fermezza (almeno, i Gruppi de La Sinistra Democratica, Rifondazione Comunista ed Italia dei Valori) la questione del 51%, ossia della maggioranza azionaria dei soci pubblici, per non mettere in discussione la proprietà delle reti e del controllo pubblico. Se non l'avessimo fatto, non so quale sarebbe stata l'impostazione della deliberazione. Alla fine, questo ragionamento ha prevalso e ci è costato fatica, perché non era scontato, nei dibattiti che abbiamo fatto in Commissione, che questo aspetto spiccasse con gli emendamenti proposti, poi, dal Vicesindaco. Non comprendiamo come mai siamo arrivati a questo risultato in extremis. Genova pone il problema del 51% dopo l'approvazione degli statuti; Torino è costretta ad adeguarsi dopo che alcuni Gruppi politici hanno posto la questione; il Sindaco di Reggio Emilia si è impegnato alla modifica dello statuto per garantire il 51% ai soci pubblici. Tutto questo, chiaramente, non rende certo il risultato politico - a mio avviso - che avevamo auspicato, ossia che effettivamente almeno il 51% resti in mano ai soci pubblici. Spero che anche il Vicesindaco mi dia un chiarimento ulteriore rispetto a quello dato in Commissione a questa domanda: cosa accadrà se i Comuni emiliani non modificheranno in tal senso lo statuto? Salta la fusione? Penso che sarebbe la conseguenza naturale di questa mancata decisione di 42 Comuni emiliani, che, peraltro, andranno al voto. Ritengo che questo sia uno dei punti nodali che il nostro dibattito dovrebbe chiarire subito, per poter votare con coscienza, con cognizione di causa e con senso di responsabilità. A questo interrogativo chiedo una risposta e spero che mi venga data, perché potrebbe essere utile anche a dirimere i dubbi di alcuni Consiglieri circa il voto favorevole, o di astensione, o negativo a questa deliberazione. È chiaro che, come Consigliere Comunale - ma penso come tutti i Consiglieri presenti - avrei preferito giungere all'operazione di voto in una situazione più ordinata, con tutti i Comuni allineati nei confronti delle deliberazioni e degli statuti, negli obiettivi politici e nella trasparenza delle posizioni. Siamo, invece, in una situazione in cui non tutto è chiaro, a partire da cosa faranno i 42 Comuni emiliani. In ogni caso, credo che, se questa sera passerà la deliberazione, dovremo attivare immediatamente un osservatorio per monitorare ogni passaggio della fusione, l'attuazione della deliberazione ed i risultati che si conseguiranno (le politiche tariffarie, le ricadute sulla qualità del servizio, i vantaggi economici per la Città, gli utili e le politiche occupazionali). Ritengo che l'Osservatorio debba essere il soggetto preposto a monitorare questa operazione. Non vorremmo perdere le tracce di questa società; auspico, invece, il controllo politico, da parte di questo Consiglio Comunale, sull'operazione che seguirà alla fusione. Abbiamo il dovere di farlo, altrimenti, perderemo - ripeto - le tracce della società, come, in parte, è avvenuto con IRIDE, perché non abbiamo socializzato gli obiettivi, i programmi, le politiche energetiche. Non mi pare che ci sia stato un momento di discussione politica con i dirigenti di quel Gruppo. Avrei votato sicuramente a favore di questa deliberazione se fosse stato già previsto il 51% di capitale pubblico nel testo; non voterò contro, perché credo che sarebbe sbagliato in questa fase. Il Consigliere Olmeo oggi ha giocato con i pronostici, sottovalutando i ragionamenti dei Consiglieri rispetto ad un tema di grande portata. I pronostici vanno bene per le partite di calcio o a carte. Non ha rispettato i punti di vista degli altri Consiglieri Comunali. Il mio voto d'astensione, Consigliere Olmeo, nasce dal fatto che il senso di responsabilità mi porta a voler capire cosa accadrà dopo, per questo sto proponendo l'idea di un osservatorio come soggetto che controlli i passaggi della fusione. Non stiamo parlando di un giardino, di un'aiuola, di un'area verde, ma di un'operazione economica gigantesca ed importantissima per questa Città. Guai se non ci sarà il controllo politico e pubblico. Invito il Consiglio Comunale ad assumersi questa responsabilità. L'azienda IRIDE, o la futura nuova società, non sarà dell'amministratore delegato, del Sindaco di Genova, del Sindaco di Torino, ma dei cittadini di Genova, di Torino, di Reggio Emilia, di Piacenza e di altri 72 comuni, quindi, dovrà appartenere sempre alla collettività. In questo senso auspico veramente che non se ne perdano le tracce e che tutti ci assumiamo le giuste responsabilità, anche nel voto, Consigliere Olmeo: ognuno si assume le proprie. Non me la sento di votare a favore, reputo sbagliato votare contro. Credo che l'astensione sia un voto che mi consenta di non essere del tutto negativo rispetto a quanto si sta decidendo. COPPOLA Michele (Vicepresidente) La parola al Consigliere Ferraris. FERRARIS Giovanni Maria Intervengo brevemente, perché si sono spese già tante parole e se ne spenderanno altre sugli emendamenti. Riporto anche una parte di lavoro che ha seguito il Consigliere Gandolfo. Abbiamo raggiunto dei compromessi, una risposta chiara ed un impegno importante che la Giunta si assumerà nel prossimo periodo. Proprio in relazione a quell'articolo 9 di cui si parla, riteniamo importante che si proceda in questo senso e, soprattutto, che vi siano le garanzie necessarie, dal punto di vista economico e finanziario, sia per quanto riguarda la gestione aziendale, sia per i futuri partner, quali, ad esempio, le banche. Questo è un auspicio che va nel senso pensato ed indicato anche nel momento del dibattito, per cui noi sosterremo questa proposta, ringraziando anche il Vicesindaco per il suo impegno futuro anche in risposta a quanto richiesto a suo tempo. COPPOLA Michele (Vicepresidente) La parola al Consigliere Olmeo, fino a dieci minuti. OLMEO Gavino La prima domanda che pongo al Vicesindaco è questa: cosa c'entra la gestione dell'acqua con questa proposta di deliberazione che ci accingiamo a votare? Perché si sta parlando quasi esclusivamente di questo ed io ho cercato il nesso leggendo il testo della deliberazione, me la sono fatta anche tradurre in sardo da un mio Collega (che, invece, ne è particolarmente convinto) e non l'ho trovato. Ho saputo che il tempo è portatore di pensiero e, allora, mi sono fermato per vedere se, per caso, ne comprendevo le ragioni, ma non ci sono riuscito. Confido, però, nel fatto che lei mi aiuti a capire quale sia il riferimento preciso per quanto riguarda la gestione dell'acqua dei cittadini torinesi. Ho capito che c'è qualche riferimento per i cittadini di Genova e di qualche - neanche tutti - Comune emiliano, ma credo che, anche in quel caso, visto che Genova, comunque, ha appena approvato la deliberazione, non venga modificato nulla. Chiedo al Presidente conferma che stiamo facendo un dibattito congiunto sia per quanto riguarda le mozioni di accompagnamento, sia per la proposta di deliberazione. La seconda questione riguarda la proposta di mozione collegata, che dice, nell'impegnativa (che è la parte che conta della proposta), che, votando questa proposta di mozione, impegniamo il Sindaco e gli Assessori competenti a garantire "l'autonomia di SMAT rispetto alla società che nascerà dall'incorporazione di 'ENÌA S.p.A.' in "IRIDE S.p.A'…". Qualora io impazzisca e non voglia votare questa proposta di mozione collegata, il Sindaco e l'Assessore competente (che, in questo caso, è lei), hanno anche solo una minima possibilità, autonomamente (cioè senza un ulteriore mandato dei Consiglieri Comunali), di non garantire l'autonomia di SMAT rispetto ad IRIDE? Le sarei grato se avesse la cortesia di rispondermi. Mi piacerebbe anche che mi dicesse se, non votando questa proposta di mozione, il mantenimento dei livelli occupazionali delle società IRIDE ed ENÌA sarebbe differente. Cosa succederebbe qualora votassimo questa proposta di mozione? Infine, comunico che voterò volentieri l'emendamento n. 614 (l'emendamento che recita: "Alla pagina 15, inserire il seguente testo: 'di prendere atto che la Città di Torino non intende avvalersi della Società del Gruppo IRIDE o del Gruppo risultante dalla fusione per il servizio idrico integrato o, più in generale, della filiera dell'acqua attualmente in capo a SMAT'"), però vorrei sapere se lei e il Sindaco abbiate la possibilità di agire diversamente, qualora io impazzissi e non lo votassi. In altre parole: avete la possibilità di togliere a SMAT il servizio dell'acqua e di trasferirlo ad una Società di IRIDE, senza un nostro mandato? COPPOLA Michele (Vicepresidente) La parola al Consigliere Tedesco. TEDESCO Giuliana Ringrazio il Consigliere Olmeo per l'assist, perché mi ha ricordato di quale deliberazione stiamo parlando. La deliberazione "Fusione per incorporazione della Società ENÌA S.p.A. nella Società IRIDE S.p.A.. Atti necessari. Approvazione", sottoposta non senza sforzi al nostro voto, addirittura ad assemblea straordinaria in corso, richiede qualche considerazione di fondo. Se siamo giunti ai tempi supplementari (per fortuna, il Codice Civile lo consente), io ritengo che non si possa addebitare questa responsabilità soltanto ad alcuni Gruppi Consiliari. Voglio ricordare, per titoli, i bizantinismi nelle trattative dei manager e tra i manager per i loro ruoli, e voglio ben sperare anche per l'interesse della società, l'estenuante cambio di interlocutori (quando, addirittura, non di posizioni) messo in atto da qualche socio e poi il cosiddetto teatrino della politica - come ama dire qualcuno che non voglio citare - per cui qualcuno può assumere una posizione puramente simbolica, senza entrare nel merito, se non in qualche rara eccezione (come spiegherò più avanti), elevandola al rango di condizione imprescindibile. Preso atto che, per fortuna, questi fatti di cronaca possono considerarsi ormai alle spalle, oggi, secondo me, non ci possiamo esimere dall'analizzare temi di portata un po' più generale (voliamo, quindi, un po' più alto), su cui si gioca la scommessa del sistema economico delle nostre Città. Le privatizzazioni delle imprese pubbliche costituiscono uno strumento utile ad incrementare l'efficienza, quando si accompagnano all'apertura dei mercati e alla concorrenza. Ma, da Smith in poi, la vera ragione di un'economia basata sulla concorrenza è rappresentata dalla garanzia dell'interesse privato dei consumatori. Nel caso di servizi pubblici locali, trattandosi di beni e servizi la cui erogazione incide in modo decisivo su urbanistica, ambiente, vita sociale e lavoro nelle città, l'interesse è pubblico, nel senso di interesse condiviso di collettività locali. Il nostro compito di amministratori pubblici dovrebbe essere quello di esercitare, per non lasciarle al mercato, le scelte in merito alla regolazione sociale dei complessi rapporti tra i soggetti coinvolti, che tengano conto in modo prioritario di fattori sociali, culturali, ambientali, oltre che dei rischi speculativi e finanziari, in cambio di ipotetici e al momento non commisurabili vantaggi per cittadini e contesto sociale. Ma l'analisi dei modelli e le esperienze empiriche non ci consentono di dare assoluta preferenza ad uno dei possibili assetti proprietari. In sostanza, la prevalenza del capitale pubblico su quello privato non è garanzia di risultato, né di condivisione. Pensiamo, per un attimo, se il 51% dovesse essere rappresentato da Tremonti e da Bersani insieme. L'obiettivo, invece, è che il socio pubblico scelga un modello che si basi sul principio di responsabilità che deve caratterizzare l'esercizio delle potestà di governo legittime e del management. Quindi l'obiettivo è il risultato delle loro scelte sui cittadini utenti. La centralità dell'ente, quindi, si dovrebbe realizzare nel ruolo di azionista in nome e per conto dei cittadini, di socio pubblico che chiede ai suoi manager conto delle performance in termini di efficienza. Non solo, quindi, dovremmo poter dire che quel Sindaco o quell'Assessore devono andare a casa, ma anche che quel manager deve cambiare mestiere. Ecco perché, secondo me, perde di valore - anzi, potrebbe diventare perniciosa - una fisionomia delle società quotate ingessate da un controllo pubblico aprioristico, quantitativo e non qualitativo. Una logica questa, che, secondo me, sa molto poco di impresa mercantile, forse troppo di azienda speciale di vecchia memoria, anzi di municipalizzate, delle quali sinceramente non mi pare si possa sentire nostalgia. D'altra parte, si assiste già ad un mutamento delle forme di governo dei servizi pubblici e del settore pubblico in generale, attraverso lo spostamento in senso lato dalla gerarchia della politica al contratto di servizio, che diventa il criterio prevalente di regolazione delle attività del settore: un mutamento da forme di governo burocratiche a meccanismi dettati dal mercato. Quello che io immagino è un governo democratico dei cittadini, che non teme un rafforzamento dei poteri e delle prerogative dei manager, che devono però essere in cambio sottoposti a stringenti controlli finanziari, anche con l'adozione di tecniche e pratiche gestionali del tutto simili a quelli delle imprese del settore privato. D'altra parte, però, i nostri enti, a mio avviso, in qualità di soci di riferimento, hanno una carente informazione da parte dei manager, i quali spesso partecipano ai nostri lavori d'Aula e di Commissione solo se toccati da qualche estemporanea interpellanza o da qualche deliberazione che li riguarda. Le società quotate in borsa, ad esempio (e non solo quelle), redigono le cosiddette trimestrali, forniscono cioè dei report continui sugli scostamenti tra i budget e i consuntivi, sono sottoposte a periodi controlli e verifiche contabili. Lo chiedo alla Giunta ma anche a noi, facendone ammenda: abbiamo mai esaminato in Commissione una trimestrale di IRIDE o di qualche altra Società? Perché, se da un lato il controllo pubblico del 51% potrebbe avere una sua finalità, è poi l'esercizio di questa prerogativa che gli dà un senso compiuto. Quindi il mix ottimale di pubblico e privato non risiede, secondo me, in un numero percentuale, non esiste una regola generale da seguire. Sono convinta che il limite inviolabile del 51% in mano pubblica potrebbe addirittura recare con sé un ulteriore rischio, cioè una minore efficienza del management, in conseguenza del fatto che la società non sarebbe contendibile. È la causa del cosiddetto "quieto vivere", un fenomeno purtroppo molto diffuso nella Pubblica Amministrazione, Brunetta o non Brunetta. In concreto, con il venire meno del 51%, il socio pubblico potrebbe anche riconsiderare il diritto/dovere del sostegno a tutti i costi e il manager dovrebbe adottare soluzioni più efficaci, proprio perché in assenza di aiuto politico. Mentre, invece, i meccanismi che regolano il mercato finanziario, con il pericolo di takeover e quindi una successiva estromissione del management, potrebbero indurre i dirigenti a comportamenti più responsabili, più efficienti e votati al risultato. In conclusione, io penso si debba essere disposti a mettere in gioco il controllo pubblico, a patto che gli extraprofitti generati da tali aggregazioni e i benefici delle economie di scala, nel rispetto del mantenimento dei livelli occupazionali, vengano esclusivamente riversati sui consumatori (cittadini, utenti) in termini di tariffe inferiori. Diciamo sì alla fusione, perché la riteniamo uno strumento democratico per accrescere il peso dei regolati sui regolatori. Ma voglio dire anche sì alle economie di scala nei confronti dei manager, senza sovrapposizione di incarichi, di ruoli e di prebende. Voglio dire sì alla selezione dei manager e dei dirigenti su criteri rigidamente meritocratici, non dimenticando che, per legge, spetta alla Città, nella persona del Sindaco, l'onore e l'onere della loro nomina. Voglio ancora dire sì alla fusione, in cambio della verifica e del controllo dei risultati, affinché nessuno si senta né inamovibile, né indispensabile. COPPOLA Michele (Vicepresidente) La parola al Consigliere Silvestrini. SILVESTRINI Maria Teresa Intervengo a nome del Gruppo di Rifondazione Comunista. La deliberazione che questo Consiglio si accinge a votare riveste un significato politico e strategico certamente non indifferente. Stiamo costituendo, in queste ore, il contenitore futuro, necessario ed utile ad assorbire buona parte dei servizi pubblici locali attualmente gestiti dal Comune, direttamente o attraverso società ex partecipate. Stupisce la retorica di quanti continuano, ancora oggi, nel mezzo di una crisi che riscrive le leggi dell'economia, a lodare termini quali "concorrenza", "competizione" e "mercato", quello stesso mercato che riscrive le sue regole e chiede soccorso allo Stato, alle istituzioni e agli enti locali. Tanti sarebbero gli aspetti da sottolineare in una discussione incompleta, che andrebbe condotta insieme alla Città, alle sue forze sociali, ai movimenti per la difesa dei beni comuni. Si è, invece, scelta la strada più semplice: quella di affrontare il dibattito in maniera tardiva e distratta, senza garantire gli adeguati approfondimenti ai Consiglieri, ricalcando il vecchio canovaccio degli amici del progresso da un lato e delle forze conservatrici dall'altro, o invocando il concetto tanto caro della fiducia come passepartout, con cui superare i dubbi legittimi e le richieste di approfondimenti e chiarimenti. Il lungo elenco di attività previste dall'articolo 4 del nuovo Statuto ci consegnerà una realtà in cui i Consigli Comunali non saranno più chiamati a decidere sui servizi pubblici erogati e le cui scelte saranno operate da una quotata in Borsa, il cui scopo prioritario è quello di distribuire utili e dividendi ai propri azionisti. Scopo legittimo per una società di capitali, meno per una società nata dal Comune, con lo scopo di offrire servizi e occupazione ai territori in cui la società è radicata. Forse sarebbe stato utile interrogarsi sull'opportunità di affidare, un domani quanto mai prossimo, materie quali la gestione dei cimiteri o le manutenzioni dei parchi e delle strade ad una quotata in Borsa che sia distante dai nostri territori e dalle loro esigenze, senza concentrarsi esclusivamente sulla governance e sui consigli di amministrazione, che è il tema caro a molti, che ha prevalso nel dibattito. Oltre agli aspetti tecnico-finanziari di non facile comprensione per i non addetti ai lavori, stupisce la sottovalutazione delle implicazioni dirette per i servizi pubblici locali che questa votazione avrà, a cominciare dalla possibilità per la nuova società di occuparsi dell'imbottigliamento e della vendita al dettaglio o all'ingrosso di acqua potabile, sia direttamente che indirettamente. È un argomento già affrontato da altri Consiglieri Comunali,che anche noi riprendiamo. C'è anche il discorso secondo il quale Amministrazioni come Parigi assumono decisioni di portata storica, tornando alla gestione totalmente pubblica dell'acqua (che era stata cancellata dall'ex Presidente Chirac nel 1984), scendendo in campo nella battaglia mondiale per la ripubblicizzazione del servizio idrico e per il riconoscimento dell'acqua come bene comune e diritto umano. Si tratta di un tema molto sentito in questi giorni. Dal canto nostro, non vediamo - o facciamo finta di non vedere - che il servizio idrico di Genova e del Nord Emilia verrebbe consegnato a Veolia, proprio quando questa multinazionale viene mandata via da Parigi, e che il futuro della stessa SMAT di Torino entrerebbe in un'inevitabile orbita privatizzatrice. A fine giugno andrà in scadenza la concessione per una parte del servizio idrico nell'area genovese: questo significa che, come a Parigi, potrebbe essere avviato un primo processo di ripubblicizzazione dello stesso. Dare via libera alla fusione significa, invece, aver già deciso che si continua e si rafforza la privatizzazione dell'acqua, anche laddove, come in questo caso, ci sono condizioni più favorevoli che in altri contesti per la ripubblicizzazione (quindi, evidentemente, ripubblicizzazione dell'acqua) Vogliamo ricordare questo ai Colleghi che, in buona fede, rispondono alle tante mail dei movimenti che chiedono che l'acqua resti pubblica. La votazione di oggi rappresenta un'ipoteca sulle promesse che noi possiamo fare ai cittadini. Quando molti, in quest'Aula, si renderanno conto del peso della votazione in cui siamo chiamati a esprimerci, forse sarà troppo tardi. La Borsa avrà brindato a questa aggregazione, sognandone già un'altra, ad esempio con Trieste o con Piacenza, nella fame continua che il mercato ha di aggregazioni, che, il più delle volte, seminano riduzione dei livelli occupazionali, aumento delle tariffe e peggioramento dei servizi offerti. È l'inizio della fine per i servizi pubblici locali ed un'ulteriore mina dell'autorità e dell'autonomia delle assemblee elettive. Un consiglio di amministrazione si sostituirà a noi, artefici della nostra stessa fine. Avvertiamo un senso di responsabilità nei confronti dei cittadini torinesi e siamo da sempre impegnati nella battaglia per i beni comuni e a tutela dei servizi pubblici locali: anche per questo motivo, condurremo, nelle sedi istituzionali, la battaglia per la loro difesa, senza alcuna ambiguità. COPPOLA Michele (Vicepresidente) La parola al Consigliere Grimaldi. GRIMALDI Marco Avrei potuto prendere la parola durante gli emendamenti, ma, essendo stata scelta questa modalità di discussione (che prevede l'accorpamento, nella discussione, delle mozioni di indirizzo), prendo la parola, quest'unica volta, per dire tre cose. Prima di tutto, con dispiacere, ho sentito la parola "purtroppo", sottovoce, del Sindaco Chiamparino, che rispetto e stimo da tanti anni: spero che a quella parola si possa porre un rimedio, nel senso che non le chiedo di fare delle scuse a tutto il Consiglio Comunale, però, Sindaco, credo sia importante, in discussioni come queste, dare una risposta in linea con il ruolo del Consiglio Comunale. Alla domanda del Consigliere Olmeo, che mi pare fosse "Qualora non passasse quell'emendamento - tra l'altro proposto dal nostro Gruppo - si dovrebbe ripassare da quest'Aula per un'eventuale dismissione dei compiti di SMAT o per lo scioglimento di quella società?", la risposta non può essere: "Purtroppo". Lo dico, perché faccio parte di questa maggioranza e perché continuo a pensare che questa maggioranza debba finire il suo mandato e debba continuare a rispettarlo, così come chiediamo di fare al Presidente del Consiglio Berlusconi, quando parla male del Parlamento Italiano. Anch'io devo dire "purtroppo", perché vorrei votare sì a questo accordo. C'è ancora una possibilità. Noi abbiamo presentato un emendamento che chiede che, già nello Statuto, si possa arrivare alla formula del 51%. Non so se sto parlando a nome del Gruppo, ma mi pare fosse abbastanza chiaro il fatto che quell'emendamento, come apparso oggi sui giornali, sia dirimente per il nostro voto favorevole alla deliberazione. Probabilmente, qualcuno mi risponderà che quell'emendamento, oggi, non è votabile, perché se lo Statuto cambiasse, molti altri Comuni dovrebbero rivotare (e non ci sono i tempi, visto che per alcuni sono imminenti le elezioni). Il "purtroppo" è legato a quanto detto dal Vicesindaco Dealessandri, che ringrazio per tutto il lavoro svolto e per il report di quanto accaduto nelle ultime quarantott'ore. Perché dico "purtroppo"? Perché ci è appena stato detto che 70 Comuni sono favorevoli al 51%. Genova, come altri 70 Comuni, è favorevole al 51%. Purtroppo, oggi, quel 51% non è nello Statuto. Possiamo sapere il perché? Allora, è chiaro che si può accusare qualcuno di aver cambiato idea, ma anche il Comune di Torino, oggi, con un emendamento del Vicesindaco Dealessandri, sta cambiando idea, e sta mettendo il 51%, anzi, lo sta vincolando in qualche modo, dicendo che cercherà di fare tutto il possibile, tutta l'azione possibile! In qualche modo, quindi, è legittimo dire che, purtroppo, questa cosa verrà ex post? Possiamo dirlo che c'è un "purtroppo", oppure no? Oppure è sbagliato, in politica, dire che qualcosa è saltato, se tutti questi grandi attori (i 70 Comuni emiliani, il Comune di Torino e il Comune di Genova), ex post, devono dire di cambiare quello Statuto? Si può dire che è cambiato qualcosa (e questo è un errore, perché è compito dei Comuni dire che quella cosa dovrebbe essere vincolante)? Anch'io, come il Vicesindaco, sono convinto che quei Comuni, una volta deliberato, non cambieranno idea. Ne sono abbastanza convinto. Certo è che questa è una questione aleatoria: non lo sappiamo oggi. E allora quel "purtroppo", secondo me, non dovrebbe fare più parte della politica: un Consiglio Comunale dovrebbe votare e dovrebbe sapere esattamente che cosa succederà il giorno dopo. Per questo motivo, ringrazio tutti i Consiglieri che voteranno il subemendamento che, alle proposte del Vicesindaco Dealessandri, aggiungerà due missioni strategiche (che non erano previste) a questa fusione. Mentre tutti parlano di clean tech, di clean economy, di una rivoluzione vegetale che è nell'aria, di una rivoluzione verde che è nell'aria (ma non nell'aria di cospiratori comunisti, non nell'aria di alcuni pericolosi ambientalisti), a noi e all'Europa lo deve ricordare il Presidente Obama, dopo dieci anni di politiche scellerate americane, che quello è il futuro? Non una parola di questa fusione è stata spesa nel campo delle energie alternative. Allora noi chiediamo, con forza, che IRIDE si occupi anche di questo. E lo dico in un altro senso. Sapete qual è la differenza, su questi temi, tra un interesse pubblico e uno privato? Lo dico, seguendo il ragionamento dell'Unione Europea, che parla di 20, 20 e 20. Sul campo del 20% in più di energie alternative possono essere tutti d'accordo ormai, perché è anche un business; sugli altri due 20% no, e sapete perché? Perché non si tratta di un'azienda (che sia pubblica o privata) che, in qualche modo, dice: "Meno 20% di consumi, meno 20% di emissioni". Questo lo chiedo al Sindaco. Un'azienda che non calcola gli interessi privatistici, oggi, chiederebbe ai suoi consumatori di risparmiare il 20%, se non avesse degli interessi pubblici dietro? Oggi chiederebbe di produrre il 20% in meno di emissioni, se non ci fosse qualcuno a sanzionarla? È lì la politica. Guardate, è solo lì. Noi dobbiamo, come dicono in tanti, difendere gli interessi dei consumatori. È giusto, Consigliere Tedesco, ma non è questo l'unico compito della politica. Se sei un liberista forse sì, se sei un iperliberale sì, ma la difesa della Terra dove la mettiamo? La difesa degli uomini e dei lavoratori dove la mettiamo? Sta lì l'interesse pubblico. L'interesse pubblico può anche essere gestito da privati, ma guardate che noi non siamo né degli strani comunisti, né degli strani utopisti dell'Ottocento. Da cento anni, la socialdemocrazia parla di interessi pubblici nei campi privati. Non è questo il tema. Quando, però, si mischiano le reti, quando si mischia il possesso delle reti con i servizi, noi siamo un po' preoccupati. È per questo motivo che, qualora fosse bocciata anche la nostra mozione, non ci potrà essere un voto positivo: quella mozione è vincolante per un'astensione da parte mia, almeno per un'astensione. Ho detto che avrei fatto un unico intervento, poiché mi pare che il Presidente abbia detto che la discussione delle mozioni è congiunta. Mi sembra che, oggi, molti Consiglieri abbiano detto di essere favorevoli alla mozione e mi pare che alcuni l'abbiano anche sottoscritta. Personalmente, credo che, in una maggioranza, viga il principio del rispetto e della lealtà. Qui non c'è nessun fedele a nessuno, perché la fedeltà non è un principio della politica. (INTERVENTO FUORI MICROFONO). Esiste soltanto la lealtà verso un metodo che dovrebbe essere sancito dalle nostre regole democratiche, una lealtà verso i principi che questo Consiglio Comunale (e non il forum dell'acqua) ha sancito nella storia di questa Città, una lealtà nel rispetto dei nostri cittadini che chiedono con forza, dopo una crisi di cui non si vede ancora la fine, che la politica ritorni al centro della nostra azione. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Vicesindaco, per la replica. DEALESSANDRI Tommaso (Vicesindaco) Innanzitutto voglio ringraziare i Consiglieri per le critiche e, soprattutto, per gli apprezzamenti. Cercherò di essere telegrafico. Credo di aver già risposto, nel limite delle mie conoscenze e possibilità, alle questioni poste in Commissione, ma penso che alcuni aspetti debbano essere rivisti. Circa il metodo, voglio ricordare (dopodiché accetto qualsiasi critica mi sia rivolta) che, nel corso delle discussioni sul Bilancio, informai i Capigruppo che avremmo dovuto approvare la deliberazione entro una determinata data, dicendo altresì che eravamo disponibili a riunire Commissioni in preventiva, per non arrivare a discutere insieme le due deliberazioni: questa mia idea era frutto del dibattito svolto in questa Sala, con cui avevamo informato sull'insieme della situazione. Non credo, quindi, di avere mai negato la mia disponibilità ad affrontare richieste di discussione. Per quanto riguarda tariffe ed occupazione, dico solo questo: notiamo che, in Italia, il processo sta andando avanti, soprattutto per le aziende energetiche. È un processo che ha coinvolto anche quelle realtà territoriali che, in base alle ultime ricerche fatte, risultano essere le migliori. Non riesco a capire perché un processo vada bene per la Lombardia e non vada bene per Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Perché il processo di fusione è essenziale? Si è detto molto su questo. Personalmente, credo che, in ogni situazione, se si vogliono ottenere determinati livelli di efficienza e se non si vuole incidere soltanto sul tema occupazionale, oltre ad un certo punto occorra affrontare le economie di scala. Diversamente, l'efficienza riguarda sempre e soltanto la manodopera. Teniamo, poi, conto del fatto che, oggi, il mercato dell'energia è un mercato libero, nel quale c'è concorrenza (che, però, non è la stessa concorrenza che si trova sul mercato dell'auto, è diversa perché legata all'Autorità): infatti, noi, oggi, a Torino, possiamo comprare energia da almeno 30 aziende diverse tra di loro. Ora, per farsi concorrenza, le aziende devono prevedere, al loro interno, cambiamenti che permettano loro di recuperare livelli di efficienza, per offrire di più alle persone, ai cittadini. Si può offrire di più in termini di tariffe ed in termini di servizi: non necessariamente la concorrenza riguarda soltanto un aspetto. Si è parlato, poi, di altre questioni, cioè di rifiuti ed acqua. Più volte, in Commissione, abbiamo detto - e lo ribadisco qui - che possiamo discutere di tutto quello che vogliamo, ma che, in questa operazione, non abbiamo nessun asset né in termini ambientali, né per quanto riguarda l'acqua. Li hanno, invece, coloro con i quali facciamo la fusione. Per quanto riguarda l'acqua, li ha soprattutto Genova, che è controllata da IRIDE tramite la Società Mediterranea delle Acque. Voi sapete, però, che, ad un punto della storia legislativa, era possibile farlo, in caso di Società quotate in Borsa, di poterlo fare. Ora, la legislazione non lo permette più; come sapete, SMAT non è in questa condizione e a tutte le domande, comprese quelle del Consigliere Olmeo, rispondo che nessuno di noi può decidere alcunché sui termini di SMAT, senza l'approvazione di una deliberazione in questo senso. C'è, però, un elemento ulteriore: le reti, per quanto ci riguarda, sono di nostra proprietà. Possiamo anche vedere se, all'interno, ci sia qualcosa per cui, nel momento in cui dovessimo fare operazioni di questo tipo, dovremmo agire diversamente. In ogni caso, lo vedremo al momento opportuno. Vorrei, però, chiarire un aspetto. Non voglio polemizzare, Consigliere Carossa, però voglio ricordare, al fine di chiarire i termini della questione, che siamo di fronte ad un articolo 23 bis presentato dal Governo che, il prossimo anno, ci imporrà necessariamente di andare a gara. Bisognerà, quindi, affrontare l'argomento. Occorre precisare, però, che, con questa operazione, non aggiungiamo né togliamo nulla, nel senso che non abbiamo cambiato e non si cambia nulla. L'unico cambio che potrebbe avvenire (così come ho riferito in Commissione) è un cambio indiretto: se, un domani, AMIAT (quindi, siamo nel campo dell'ambiente) decidesse di indire una gara per i privati, IRIDE potrebbe compartecipare alla gara in modo più forte rispetto ad oggi, perché, facendo la fusione con Enìa, potrebbe apportare know-how e competenze sui temi ambientali che IRIDE non ha. Si tratta, però, di un'operazione indiretta: diciamo che potrebbe partecipare in modo più incisivo, se si dovesse fare una gara ad un'operazione di quel genere. Ovviamente le tariffe (sia di carattere ambientale, sia, a maggior ragione, per quanto riguarda l'acqua) non sono decise dall'azienda, ma dagli ATO. Su questo aspetto, io avrei qualcosa da dire; secondo me, bisognerebbe dire che, essendo un soggetto pubblico (che ha anche il controllo della società), dovrebbe avere la maggioranza nel decidere le tariffe. Ma questa è una mia opinione. Quello che, però, voglio dire al Consiglio per quanto riguarda le richieste fatte è che, in realtà, sulle tariffe, sia qui che altrove, non decidono le Società, ma le Autorità d'Ambito. Veniamo al tema dell'occupazione. Come sapete, ho una provenienza sindacale trentennale. Per quanto riguarda le aziende elettriche, non c'è ombra di dubbio che i livelli di garanzie previsti dal contratto dell'energia (e dai contratti delle multiutilities in generale) rappresentino i contratti più favorevoli ai lavoratori. Poiché è in corso una richiesta sindacale, credo che, dopo l'approvazione di questa deliberazione, dovremo prevedere un incontro; in ogni caso, non c'è uno stato d'agitazione, e non perché si siano dimenticati del problema, ma perché sanno benissimo che, in realtà, la fusione non comporta problemi occupazionali. Che cosa può comportare la fusione? Può comportare il fatto che non necessariamente e solo in quei livelli ci può essere un rinnovo totale del turnover: è successo così, nel rapporto di fusione tra la nostra AEM e l'AMGA di Genova. Ovviamente, le società operative non avranno una riduzione del personale, perché tutti i livelli di servizio sono nel territorio. Tra l'altro, questa impostazione di fusione lascia società di primo livello a Torino, Genova, Reggio Emilia o Piacenza o Parma (questo, per garantire che la fusione non è una spogliazione di lavoro, anche se, ovviamente, tutti noi dobbiamo rinunciare a qualcosa, se vogliamo la fusione); ci sono, poi, tutte le società operative al di sotto per poter corrispondere servizi pubblici come l'ambiente o l'acqua, rispetto ai contratti di servizio delle singole società con i Comuni. Da questo punto di vista, quindi, credo che sia possibile attuare i livelli di garanzia occupazionale; credo, altresì, che, nell'incontro col Sindacato e nell'ambito degli accordi che faremo, si potrà affermare dire che, dal punto di vista del lavoro nel nostro territorio, la fusione non è una spogliazione. Infatti, le funzioni date a Torino (oltre all'amministratore delegato) compensano la perdita della sede legale, che oggi abbiamo e alla quale rinunciamo. Infine, non credo che il mancato raggiungimento, oggi, del 51% (che, forse, potremo raggiungere domani) metta in discussione la fusione o faccia correre dei pericoli. Francamente, non possiamo dire che questa realtà sia possibile per una serie di ragioni, una delle quali è che si tratta, in realtà, di un patto parasociale, che dura, come minimo tre anni (se non cinque), se non disdettato. C'è, infatti, un accordo con gli emiliani, in base al quale sarà cambiato entro dicembre, e questo non è un impegno o una dichiarazione politica, è il frutto dell'assemblea degli azionisti di 72 Comuni dell'Emilia. Quando mai è successo che un Comune (che abbia anche cambiato la maggioranza), dopo aver preso, in sede di assemblea degli azionisti, un impegno che ha valore di patto sociale per sé e soprattutto con altri, non lo abbia rispettato? In questi mesi, non è mai successo. Infine, credo che non possiamo dire che abbiamo questo determinato problema, perché significherebbe fare un atto di sfiducia nei confronti di persone che, invece, hanno assoluta fiducia in noi. Non capisco perché dovremmo pensare che loro siano più affidabili di noi: finora, non possiamo dire alcunché al riguardo. Personalmente, credo sia giusto corrispondere la stessa affidabilità che loro ci corrispondono, perché le possibilità di fusione stanno esattamente in questo, nella possibilità di riconoscere l'affidabilità dell'interlocutore a partire non dalla gestione della società, ma dall'azionista di riferimento, che continuiamo ad essere noi. Si è tutti critici nei confronti delle fusioni, ma guardate se chi non le ha fatte sta meglio o peggio. Non è possibile, però, che le fusioni si facciano soltanto, ad esempio, a partire dal nostro territorio e che le disponibilità vengano solo quando si è carichi di debiti: io credo che occorra pensarci prima. Dopo tutte le critiche e le osservazioni (lo so, perché me ne occupo quotidianamente), prendiamo almeno atto di una cosa: da varie ricerche effettuate, tutte le nostre aziende, compresa IRIDE, sono considerate tra le migliori aziende esistenti in questo Paese. Possiamo certamente dire che non sono sufficienti per concorrere con l'Oltralpe, però non dobbiamo negare a noi stessi una risorsa che è nostra, che credo sia un valore di tutti, un valore che sta nel suo azionista, ma anche nei cittadini e in chi ci ha preceduto. Per questa ragione, dico che, quando possiamo (quando, cioè, si determinano, nel rapporto con gli altri, le condizioni), facciamo queste fusioni! È vero che l'operazione è stata condotta essenzialmente dall'azienda, perché, alle condizioni attuali, oggettivamente occorreva partire da lì, visto che per noi era difficile riuscire a parlarne prima che si esprimessero i consigli di amministrazione. È questo il percorso possibile. Nonostante questo, credo, però, che si debba discuterne, se si ritiene necessario farlo. Vale per oggi e per le prossime discussioni. In questo senso, c'è una sollecitazione negli ultimi interventi, ad esempio nell'intervento del Consigliere Tedesco, che si chiede il motivo per cui non se ne parli, ogni tanto. Ovviamente, sono disponibile a farlo. Ricordo che IRIDE (ed anche le altre società lo fanno) trasmette puntualmente la trimestrale al sottoscritto e al Sindaco, con le necessarie spiegazioni. Dunque, in caso di interesse del Consiglio, in caso di richieste in tal senso, non ci sarà, da parte mia, alcuna negazione al confronto. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Sindaco. SINDACO Non farò conclusioni, perché sono già state fatte dal Vicesindaco. Voglio, però, cogliere l'occasione per ringraziarlo per l'impegno, ai limiti della pazienza certosina, profuso in questa attività (come in altre): anche per questo motivo, mi auguro e gli auguro che vada a buon fine. La mia sarà una dichiarazione di voto: un atto irrituale per un Sindaco, ma ci tengo a farla, soprattutto per le motivazioni, e tolgo la suspence dicendo che il mio voto sarà positivo. Innanzitutto, voglio fare una considerazione: dato che stiamo discutendo della questione del 51% previsto nello Statuto, vorrei fosse chiaro che stiamo, sostanzialmente, discutendo del nulla. Vorrei che questo fosse chiaro soprattutto all'opinione pubblica: lo dico al Consigliere Petrarulo, che non vedo in Aula, ma che spero sia presente almeno in spirito! Ovviamente, l'ho detto apposta. Vorrei che fosse chiaro, a tutti coloro che sono tanto affezionati all'idea dell'introduzione del 51% nello Statuto di una quotata, che non stiamo discutendo di introdurre il 51% in una società che ha un potere contendibile. Magari, dal mio punto di vista! Ritengo, infatti, che i controlli, pubblici o privati, quando non sono contendibili, sono sempre fonte di scarsa efficacia, scarsa efficienza ed opacità (per non dire di peggio). Qualsiasi controllo (pubblico, privato o misto), se non è contendibile (e "contendibile" non vuol dire che è contendibile necessariamente dal capitalista classico, dotato di panciotto e bombetta, può essere anche conteso da un altro pubblico), è sempre fonte di rischi di opacità, di rischi di inefficienza, di rischi di scarsa efficacia e di scarsa trasparenza. Quindi dico: magari! Purtroppo non è così. Perché? Perché ci sono i patti parasociali che garantiscono, come ha detto il Vicesindaco Dealessandri poc'anzi (inizialmente per tre anni, e poi per altri nove - sempre a scaglioni di tre anni - perché è nella facoltà dei soci il rinnovo dei patti parasociali), la maggioranza al 51%, lasciando tutto il tempo possibile ed immaginabile per fare quelle operazioni (le stesse a cui si richiamavano i Consiglieri Cantore e Tedesco) che io condivido molto e sulle quali tornerò più tardi. Stiamo parlando di questo, non di svendite o di privatizzazioni (che non c'entrano nulla in questo contesto). Vorrei anche che fosse chiaro un fatto (mi rivolgo sempre agli amanti dello Statuto che prevede il 51%): i patti parasociali si cambiano, se i soci decidono di cambiarli, ma anche gli Statuti si cambiano, se i soci decidono di cambiarlo. Infatti, così come noi approviamo un impegno a cambiare uno Statuto, allo stesso modo è sufficiente che cambino alcune condizioni (occorre solo più tempo, perché bisogna convocare l'assemblea straordinaria). Poiché è possibile cambiare gli Statuti, non vi è la garanzia assoluta, e credo che siamo d'accordo tutti nel dire che, per fortuna, non esiste, perché altrimenti ci sarebbe la fissità, e la fissità appartiene all'aldilà, non alla vita terrena. Stiamo parlando di questo. E allora, riflettete. Io ho riflettuto e, secondo me, l'introduzione del 51% nello Statuto di una quotata (che non è una municipalizzata, non è un'azienda speciale e non è nemmeno una società per azioni non quotata) rischia - voglio essere molto cauto - di depotenziare l'azienda. Rischia di depotenziare l'azienda, perché la logica delle quotate è quella. Noi avremmo voluto affidarlo (come avviene in tutte le altre quotate) all'accordo fra i soci, perché la logica delle quotate è quella che ci siano quote di azioni che possono essere negoziate e scambiate, quindi che siano i soci a regolare le condizioni del governo dell'azienda. Spero di essere stato chiaro su questo: non esiste garanzia sul fatto che lo Statuto non cambi. È chiaro questo? Secondo me, i patti parasociali sono più adatti ad una quotata di quanto non lo sia la fissità e la rigidità di uno Statuto, che peraltro si può cambiare. Questa era la prima questione. Seconda questione: credo che abbiano ragione i Consiglieri Tedesco e Cantore. Tra l'altro, Consigliere Ravello, noi non saremo tanto uniti (come si è visto da alcuni interventi di maggioranza), ma anche voi state mica male, perché mi pare di capire che lei e il Consigliere Cantore abbiate detto due cose sostanzialmente opposte. Il problema vero - e mi stupisco che chi è affezionato ai cittadini, alla torinesità e al controllo pubblico dell'azienda non faccia una battaglia in questa direzione, come dicevano il Consigliere Tedesco e il Consigliere Cantore nella prima parte del suo intervento - è scindere le reti dai servizi, perché sono le reti che devono essere pubbliche. In quel modo, infatti, potrei chiedere di prevedere nello Statuto che la rete debba essere pubblica, nel senso che il Comune (o chi per esso, il pubblico) deve garantire che i binari delle ferrovie ci siano (anche dove l'interesse privato non arriva) e che i tubi dell'acqua ci siano. Chi apre il rubinetto o chi fa partire il treno, più compete meglio è; il Comune deve fare la rete e deve fare il regolatore, cioè quello che, con il contratto di servizio, dice quali sono le tariffe, qual è la qualità del servizio e così via. È questo il compito del Comune, non è quello di fare anche il gestore: facendo anche il gestore si inserisce una contraddizione palese, patente, tra gli stakeolders e gli shareolders, che rischia di essere una contraddizione che a lungo può conflagrare. La battaglia, quindi, la farei su questo; i patti parasociali garantirebbero - per i loro tempi e per loro rinnovabilità - tutto il tempo necessario a fare gli scorpori delle reti, dell'acqua (questo riguarda Genova, non Torino). Personalmente, non ho la competenza aggiornata sulle grandi questioni filosofiche ed economiche del Consigliere Grimaldi, però tutti ci ricordiamo (avendo visto qualche film western) che la Northern (o la Southern) Pacific Railway è stata costruita dai privati, non dal pubblico. Da quel che mi ricordo, è lì la vera differenza vera tra il liberismo e il giusto ruolo del pubblico e della politica, nel fatto che lo Stato è il soggetto che deve garantire che la ferrovia si faccia in ogni caso, e non soltanto se ci sono gli interessi per farla, che si faccia a prescindere da tutto e che attraversi gli Stati Uniti d'America. Ho fatto questo esempio, soltanto per puntualizzare che la differenza vera fra il liberismo e il giusto ruolo della politica rispetto al mercato sta in questo, non nell'inserimento del 51% nello Statuto. Ma voglio chiudere la digressione. Il Vicesindaco Dealessandri ha precisato molto bene una cosa: siamo di fronte al fatto che c'è uno Statuto, votato da altri Comuni (mi risulta che lo stesso Comune di Genova stia cercando di definire un parere giuridico per spiegare che quanto votato in Consiglio Comunale equivale ad un indirizzo, ad un mandato e non ha un valore cogente), e quindi, se vogliamo portare avanti la fusione, dobbiamo farla, approvando un testo che dia un mandato ad apportare modifiche che vadano nella stessa direzione indicata dal patto di ENÌA. Voterò per senso di responsabilità non soltanto verso gli altri soci, com'è ovvio (in particolare verso i soci emiliani), ma soprattutto per senso di responsabilità verso la forza del progetto industriale che andiamo a costruire, con l'augurio che la forza di questo progetto industriale possa servire a fare piazza pulita dei rischi di appesantimenti politici, motivati forse più da ragioni politiciste ed elettorali che non da un vero interesse per le società e per i cittadini. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) Il dibattito generale sulla deliberazione è concluso. |