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Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 27 Aprile 2009 ore 15,00
Paragrafo n. 21

Comunicazioni del Sindaco su "Notizie relative a finanziamento da parte dello Stato del Marocco per costruzione moschea a Torino"
Interventi

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
La parola all'Assessore Curti.

CURTI Ilda (Assessore)
Prego i Consiglieri di avere pazienza dieci minuti perché la questione ha una sua
complessità e vorrei essere molto precisa nelle risposte.
Inizierò cercando di affrontare il quadro all'interno del quale ci muoviamo, ossia
quello dei principi, della legge e della realtà torinese.
Sostenere ed accompagnare i processi di integrazione e di inclusione di una parte
rilevante di abitanti di un territorio, siano essi cittadini italiani o meno, significa
anche fare i conti con la dimensione religiosa e spirituale di cui essi sono portatori.
Questo significa attuare politiche ragionevoli di concretizzazione dei principi
costituzionali, che riconoscono la libertà di culto all'interno di un quadro condiviso di
principi fondamentali, in particolare, gli articoli 3, 8, 19 e 20 della Costituzione
Italiana.
La Costituzione della Repubblica Italiana ci offre il quadro dei principi fondanti del
nostro essere comunità nazionale, cittadini capaci di coabitare e coesistere nel
rispetto delle differenze e delle libertà. Lo dico perché il tema emerge in tutta la sua
complessità per quanto riguarda la relazione con l'Islam, religione a cui si richiamano
più di 30.000 abitanti a Torino. Tra questi, immigrati con o senza la cittadinanza, di
prima o seconda generazione, cittadini italiani autoctoni (tra l'altro, non tutti arabi,
che hanno già, come elemento unificante, la lingua italiana), cittadini torinesi di fede
islamica: turchi, bangladeshi, sudanesi, senegalesi, albanesi, bosniaci, italiani hanno,
come lingua comune, quella italiana.
Torino ha da tempo avviato politiche e progetti che riconoscono il pluralismo
religioso come elemento di dialogo, di mutuo riconoscimento, di rispetto e relazione
tra le diverse comunità religiose presenti in Città. È dal 1848 (cioè dallo Statuto
Albertino) che in questa città e in questo territorio si riconosce e si rispetta la libertà
di culto. È, quindi, indispensabile, necessario ed ineludibile affrontare il tema dei
luoghi di culto in modo sistematico, legittimo sul piano formale, capace di
riconoscere dignità ed autorevolezza alle diverse religioni presenti sul territorio, nel
pieno rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, fermo
restando il principio delle laicità dello Stato e delle Istituzioni pubbliche e del fatto
che gli Enti locali non costruiscono, né contribuiscono economicamente a costruire
luoghi di culto con risorse pubbliche, ma non devono ostacolare le comunità che
desiderino farlo nel rispetto della legge.
L'azione dell'Amministrazione torinese risponde, quindi, ad un principio di
universalità e di rispetto del pluralismo religioso e delle sue manifestazioni (com'è
sancito dalla Costituzione Repubblicana) e si rivolge non solo al cosiddetto
"arcipelago islamico", ma anche ad altre religioni minoritarie presenti in città
(ortodossia rumena, russa, copti, copti egiziani, muridi senegalesi, evangelici,
buddisti, eccetera).
Il cosiddetto "arcipelago islamico" numericamente è il più consistente (come dicevo
prima, ha più di 30.000 potenziali fedeli), molto differenziato per origine nazionale
(anche se a Torino è preponderante la presenza marocchina), sociale (di prima e
seconda generazione), culturale, eccetera.
I centri islamici più frequentati sono 9 e con attività pubbliche associative. Come più
volte ho avuto modo di spiegare in quest'Aula, si tratta di associazioni culturali che
hanno stipulato contratti di affitto con proprietari privati. Generalmente, gli spazi che
occupano sono insufficienti, non adatti ad ospitare un gran numero di persone e poco
dignitosi per chi li frequenta per la promiscuità con altre attività limitrofe (bassi
fabbricati in mezzo ai cortili, appartamenti, esercizi commerciali vuoti, eccetera). In
alcuni casi, la loro vita interna risente di una certa improvvisazione sia dal punto di
vista teologico, sia da quello della conoscenza e del rispetto dell'ordinamento civile
ed associativo.
Due di queste associazioni culturali hanno spazi adeguati (quelli di Via Chivasso e di
Via Botticelli, che dispongono di circa 1.000 metri quadri) ed hanno investito risorse
per la riqualificazione degli spazi. La loro silente e non problematica presenza sul
territorio limitrofo non suscita particolare impatto e, recentemente, hanno avviato
percorsi di collaborazione con altre comunità e con le Istituzioni.
Inoltre, a Torino è molto forte la presenza della COREIS, l'organizzazione che
riunisce il maggior numero di cittadini italiani musulmani (oltre 50.000 in tutta Italia
ed oltre 3.000 a Torino), che, tra l'altro, l'Onorevole Borghezio conosce molto bene,
visto che li ha incontrati nella moschea di Milano.
COREIS è impegnata a promuovere, da un lato, la piena cittadinanza dell'Islam
all'interno della società italiana, dall'altro a valorizzare gli aspetti culturali, filosofici
e teologici come elementi costitutivi di una società plurietnica e plurireligiosa.
Voglio sottolineare che la COREIS italiana supporta ed accompagna il progetto della
moschea di Via Urbino.
È, quindi, indispensabile fare uscire le comunità islamiche dalle cosiddette "moschee
garage" e ricondurre ad un livello dignitoso la possibilità di esercitare il proprio culto
e la propria fede, anche per contrastare ed evitare infiltrazioni non controllate di
predicatori fai da te.
Il superamento delle moschee improvvisate e delle "moschee garage" è un diritto ed
una garanzia non soltanto per i fedeli e per coloro che desiderano professare il loro
culto, ma anche per quei cittadini che coabitano in situazioni difficili ed affollate e
per la comunità torinese nel suo complesso.
Il governo dei processi in atto (e non la loro rimozione o sottovalutazione) è una
politica conveniente per tutti. In assenza di una legislazione in merito (che noi tutti
auspichiamo), la Città si è fatta interlocutore di una parte della comunità islamica nel
volere intraprendere un processo trasparente che ponga le condizioni per l'uscita dal
modello delle "moschee garage".
Veniamo alla Moschea della Pace di Corso Giulio Cesare 6 ed al suo trasferimento,
perché di questo si tratta, non di una nuova moschea, ma di un trasferimento.
La Moschea della Pace è collocata nel cuore di Porta Palazzo, in un basso fabbricato
interno ad un cortile, in un condominio ad alto livello di conflittualità e degrado delle
parti comuni, anche se stanno partendo - per fortuna - i lavori di riqualificazione
previsti dai Piani di Recupero Obbligatorio.
La Moschea è un punto di riferimento di una parte consistente di fedeli marocchini
che, negli anni, si è sempre contraddistinta per un'attiva presenza nelle occasioni di
dialogo ed iniziative comuni con altre realtà cittadine laiche e religiose. Faccio
riferimento ad un progetto in particolare, "Arte e Moschea e Sinagoga", finanziato,
nel 2005, dalla precedente Giunta Regionale, all'iniziativa "Moschee aperte",
all'iniziativa tedofori musulmani, ebrei e cattolici nel corso delle Olimpiadi
invernali, alla presenza nel Comitato Interfedi Olimpico ancora esistente, eccetera.
La Moschea della Pace da anni è al fianco delle Autorità civili, religiose e sociali
della Città anche nel condannare forme di violenza e terrorismo (ricordo tra tutte la
strage di Nassirya). Nel 2007 il Centro Islamico ha promosso la costituzione
dell'Associazione Nazionale UMI (Unione Musulmani d'Italia), che prende le
distanze definitivamente da altri organismi di rappresentanza come l'UCOII, ha
avviato un percorso di accreditamento con le Istituzioni nazionali e locali ed ha
promosso iniziative di formazione e riflessione.
L'UMI si rivolge prevalentemente ai marocchini della diaspora in Italia ed ai loro
centri islamici diffusi sul territorio nazionale. L'UMI, in collaborazione con la
COREIS italiana, ha organizzato, nel 2008, a Torino due seminari di formazione per
responsabili di moschee sull'ordinamento giuridico italiano, il rapporto tra laicità e
fede in Europa, la relazione tra Islam della diaspora e la Costituzione Italiana. Le due
iniziative hanno visto la partecipazione di 50 centri islamici italiani, hanno coinvolto
relatori di altissimo livello provenienti dall'Università di Rabat, di Strasburgo e di
Parigi, oltre che rappresentanti autorevoli di COREIS ed intellettuali italiani, nonché
rappresentanti delle Istituzioni locali (Regione, Provincia e Comune).
L'UMI è, inoltre, supportata - e qui veniamo ad un'altra questione - da organismi
istituzionali del Regno del Marocco e, in particolare, dal Ministro per gli Affari
Religiosi Islamici del Regno del Marocco Ahmad Tewfiq. Il Regno del Marocco è
una monarchia costituzionale democratica che sta vivendo una fase importante di
riforme e di modernizzazione, impegnato anche sulla scena internazionale per
affermare un Islam moderato e di pace. Il Marocco ed il Regno di Giordania sono
stati i due Paesi a maggioranza islamica che hanno abbandonato la Conferenza di
Ginevra nel momento in cui parlava il rappresentante dell'Iran. A Torino vive una
donna che è Deputata del Parlamento del Marocco, eletta dai marocchini della
diaspora in Europa e lei è un legame forte con il Parlamento marocchino.
Nel 2007 il centro islamico "Moschea della Pace" ha individuato la necessità di
cambiare luogo ed adeguare i suoi spazi a standard dignitosi; hanno avviato delle
trattative, che si sono concluse recentemente con un contratto di compravendita per
acquistare un immobile di circa 1.200 metri quadri in Via Urbino da un privato. Nel
frattempo, hanno interloquito con la Città per identificare le procedure corrette per
comprare, ristrutturare e gestire il centro in modo trasparente, rispettoso delle leggi e
come luogo di culto non mascherato da centro culturale et similia. Si tratta di un
progetto di manutenzione straordinaria che, ai sensi dell'articolo 34 della Legge n.
383 del 2000, prevede che la sede delle associazioni di promozioni sociali ONLUS
ed i locali nei quali si svolgono le relative attività siano compatibili con tutte le
destinazioni d'uso omogenee.
Si tratta, quindi, di un progetto di manutenzione straordinaria d'interni di un
immobile acquistato da un privato. Inoltre, il progetto non prevede la costruzione di
un minareto per scelta dei promotori, che hanno ritenuto che i tempi non fossero
maturi, dimostrando una grande sensibilità ed un grande rispetto per la comunità
cattolica torinese.
Il centro islamico ha costituito un soggetto giuridico ad hoc ai sensi della Legge n.
383 del 2000, l'associazione "La Palma ONLUS", formalmente costituita con atto
notarile, che risponde all'esigenza di: dichiarare nelle finalità l'aspetto religioso in
modo esplicito, per non occultare e mascherare le attività della ONLUS (articolo 4,
"Finalità", lo Statuto è qua a disposizione); di individuare - questa è un'altra
questione - una modalità di selezione dell'Imam che è stata mutuata dallo Statuto
delle comunità ebraiche, nel quale, all'articolo 13, si dice che "il direttivo nomina
l'Imam scegliendolo tra persone di profonda conoscenza della religione musulmana e
della società, della lingua e della cultura italiana"; inoltre, l'esigenza di rispettare alla
lettera i requisiti previsti della Legge n. 383 del 2000 e dell'ordinamento civile
italiano e di offrire trasparenza e tracciabilità sugli organismi dirigenti e sui
finanziamenti. I bilanci delle ONLUS sono, per legge, pubblici.
Le risorse finanziarie necessarie per l'acquisto e la ristrutturazione dell'immobile
sono frutto di donazioni ed autofinanziamento della comunità marocchina,
debitamente registrate e tracciate, nonché di una donazione del Ministero per gli
Affari Religiosi del Marocco, largamente inferiore ai 2 milioni di Euro di cui si è
parlato con indiscrezioni di stampa. Infine, è stato sottoscritto l'atto d'acquisto
dell'immobile da parte dell'associazione La Palma.
Il percorso delineato è caratterizzato dal rispetto scrupoloso delle procedure
giuridiche ed amministrative, dall'esigenza di dare risposta a due necessità che
emergono in tutti i casi di iniziative simili, cioè chi sono i promotori e da dove
provengono i soldi. È evidente che la moschea di Via Urbino rappresenta una parte
della comunità islamica torinese, probabilmente la più avanzata e matura per avviare
un processo simile ed è altrettanto evidente che questo suscita malumori, invidie e
dibattito.
Vorrei ricordare due recenti casi. A Bologna, la minoranza del Consiglio Comunale
nel caso di una discussione analoga ha chiesto, come condizione, affinché la Giunta
Comunale di Bologna potesse avviare trattative con una parte della comunità
islamica che voleva acquistare da un privato un immobile da destinare a luogo di
culto, che l'ONLUS fosse costituita prima dell'atto di acquisto e che questa non
facesse riferimento all'UCOII (due condizioni che, nel nostro caso, ci sono). A
Genova, invece, la minoranza del Consiglio Comunale, supportata anche da un
sopralluogo del Ministro Ronchi, ha chiesto recentemente, come condizione, alla
Giunta Comunale di Genova che non ci fosse concessione di area pubblica, ma fondi
ed area privata (due condizioni che, nel nostro caso, ci sono).
Concludo con parole non mie, che vorrei leggervi: "In tante zone della città, inoltre,
mancano anche gli spazi fisici e le occasioni concrete per fermarsi a riflettere e
pregare. Abbiamo bisogno di luoghi di preghiera in tutti i quartieri della città; ne
hanno un bisogno ancora più urgente le persone che appartengono a religioni diverse
da quella cristiana, in modo particolare, l'Islam. Abbiamo bisogno anche di iniziative
culturali che favoriscano la riflessione, non di provocazioni, che suscitano
esclusivamente dibattiti sterili e scalpore, ma non crescono l'interiorità".
Una città amica sa offrire questi tempi, questi spazi, queste opportunità, perché da
qui prendono forma il dialogo e la relazione, rendendo così possibile una convivenza
umana e umanizzante".
Non sono parole mie: sono parole pronunciate il 5 dicembre 2008 dal Cardinale
Tettamanzi nel discorso alla città di Milano durante i Vespri della Solennità di
Sant'Ambrogio.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
Ricordo ai Consiglieri che ogni Gruppo, per gli interventi, dispone di cinque minuti.
La parola al Consigliere Carossa.

CAROSSA Mario
Purtroppo, c'è sempre questo discrimine fra il tempo "libero" concesso agli
Assessori, il tempo, molto limitato, concesso a noi e la chiusura del Sindaco. Ma non
importa.
Assessore Curti, se lei e la sua Giunta difendereste con altrettanta enfasi il pubblico
che, in questa città, viene sempre più inglobato da un certo tipo di privato, forse
staremmo meglio (ma questa mia considerazione si riallaccia alle deliberazioni
successive e ne parleremo più avanti, se mai ci arriveremo). Ovviamente, mi fa
piacere che lei abbia difeso con tanta enfasi questa situazione e abbia detto tutto ciò
che ha detto: evidentemente, sono tutti bravissimi e sono tutti meglio di noi, che
siamo gretti e che, nella nostra grettezza, cerchiamo soltanto di difendere la nostra
identità, il nostro essere cittadini di questo Stato, il nostro essere cittadini di questa
città. L'Assessore, però, ha sorvolato bellamente sul fatto che sapevate questa cosa -
e la tenevate nascosta - fin dal novembre 2007.
Mi chiedo e chiedo a voi e al Sindaco, che potrà rispondere dopo: perché non avete
informato di questo fatto? Forse perché avete timore di quello che pensano i cittadini
veri (non certo voi)? Perché avete tenuto nascosta questa cosa? Vi ricordo che, se
questa ipotesi di costruzione della moschea non fosse stata svelata, pochi giorni fa,
dal quotidiano "La Padania", voi avreste continuato a tenerla nascosta: perché è utile
prendere in giro i cittadini e raccontare loro "storie" durante il periodo elettorale, ma
bisogna, invece, tenerli all'oscuro di quelle cose che non vanno troppo bene e che
non sono molto "politicamente corrette".
Sindaco, è dal novembre 2007 che sapevate di questi movimenti: che cosa
aspettavate a dirlo ai cittadini torinesi? Che cosa aspettavate a dirlo, quantomeno,
alla vostra maggioranza o alla vostra Giunta? Perché non lo sapeva nemmeno buona
parte dei componenti della vostra Giunta!
Personalmente, non preparo i miei discorsi, soprattutto su questi argomenti, ma vado
a cuore, più che a braccio: sono sempre più convinto che occorra fare il possibile per
opporsi fino in fondo a quello che volete creare - e state creando - in questa città:
sono assolutamente contrario a qualsiasi apertura di moschea.
Voglio cercare di difendere i cittadini torinesi, che non sono sicuramente i cittadini
islamici.
Assessore, vada nei quartieri in cui ci sono le moschee e chieda alle persone (ma,
forse, vi siete dimenticati come si fa) cosa ne pensino, e vedrete cosa vi rispondono!
Lei ha paragonato (per fortuna, non l'ha ripetuto) l'apertura della moschea alla
ristrutturazione di una villa in collina. Vergogna!
Lei non si chiede quale sia l'impatto di questa apertura sul quartiere. Ma si è mai
chiesta dove saranno parcheggiate le macchine di chi verrà a pregare? E' certamente
una banalità, ma poiché non abitate in quella zona, non vi interessa, non vi
interessano i problemi dei cittadini che, nei giorni di preghiera, non riusciranno ad
entrare nei propri androni. Non vi fate queste domande, non vi interessa, non vi crea
proprio alcun problema. Sarei stato molto più contento, se l'UMI avesse chiesto di
aprire una moschea in Piazza Vittorio: forse, lì, avrebbe dato fastidio non solo ai
cittadini comuni, ma anche al Sindaco. Credo che queste cose debbano essere
provate sulla propria pelle. Bisogna provare sulla propria pelle il fatto che il valore
degli alloggi sia dimezzato! Sono queste le cose che riguardano i cittadini comuni,
che fatto sacrifici per comprare i loro alloggi e che, di punto in bianco, si ritrovano il
valore dei propri alloggi dimezzato, a causa di vostra decisione scellerata. Queste
cose saranno grette e riduttive, ma sono reali, e sono queste le cose di cui vi
dimenticate! È vergognoso che equipariate l'apertura di una moschea, che ha un
grande impatto nella cittadinanza, ad una qualsiasi altra ristrutturazione.
Naturalmente, la Lega Nord è contraria - senza "se" e senza "ma" - a qualsiasi ipotesi
di apertura di moschee; quindi, farà il possibile e seguirà ogni strada per ostacolare
ed impedire questo progetto.
In chiusura, vi chiedo (e vorrei che mi fosse data risposta) il motivo per cui, dal
novembre 2007 ad oggi, non avete detto niente sulla questione, ma vi siete degnati di
parlarne soltanto perché stimolati da noi della Lega Nord.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
La parola al Consigliere Ravello.

RAVELLO Roberto Sergio
Ringrazio, in anticipo, il Sindaco, per le risposte che vorrà dare approfittando del
diritto di replica, che non viene mai concesso ai Consiglieri Comunali, ma che è
giusto sia concesso almeno al Primo Cittadino. (INTERVENTO FUORI
MICROFONO). Ci deve un grande favore, allora. Non ho ancora detto niente, e lei,
già sdegnato, abbandona l'Aula! (INTERVENTO FUORI MICROFONO).
Assessore, mi sento particolarmente stimolato in questo dibattito, perché è stato
chiamato in causa un principio, la difesa dell'identità, di cui il sottoscritto in
particolare, ma tutta la cultura politica a cui fa riferimento, ha sempre fatto una
ragione del proprio agire quotidiano, in ogni contesto, in ogni situazione, in ogni
amministrazione, in ogni ente in cui siamo rappresentati. Nel tentativo, però, di voler
volare un pochino più alto, è doveroso cercare di chiarire che cosa si intenda per
identità, quando si parla di difesa di un'identità, perché ci sono diverse concezioni
del valore dell'identità.
Per sgombrare, quindi, il campo da qualsivoglia dubbio o forma di
strumentalizzazione o di stupida polemica, vorrei prima di tutto chiarire che l'identità
che ho sempre ritenuto di dover difendere, l'identità nella quale io mi riconosco e mi
sono sempre riconosciuto, nella quale si riconosce il partito al quale appartengo e per
il quale lavoro, è l'identità che crede nella libertà, nei diritti e, chiaramente, ancor
prima, nei doveri sanciti dalla legge, dalla morale, dalla cultura, financo dalla
religione.
In ragione di questa convinzione, vorrei chiarire un principio conseguente: la libertà
di culto è un valore, è un diritto sacrosanto, che non può essere azzerato, nemmeno
nel caso in cui si voglia partecipare nella condivisione del perseguimento di un
obiettivo, la difesa di una cultura dall'assalto del fondamentalismo.
Fatta questa premessa di carattere culturale (che ritengo giusta, perché noi, spesso, ci
confrontiamo senza nemmeno conoscerci, sulla base di un pregiudizio - talvolta
capita - e sulla base di uno stereotipo costruito attorno), mi pare che, rispetto al
passato, finalmente si possa dire che si stia alimentando, anche in questa città, un
percorso virtuoso, di riconoscimento di un diritto e, soprattutto, di partecipazione in
un lavoro comune di difesa della reciprocità.
Se posso sperare che le parole che stiamo spendendo in questa occasione possano
servire per garantire il diritto ai miei compatrioti che vivono lontano da qui di poter
esercitare il loro culto in forma libera, senza doversi sentire perseguitati, bene, allora
sono convinto di quello che faccio, sarò convinto di ciò che farò e darò il mio
sostegno a questa idea e a questo progetto. È chiaro, però - c'è sempre un "ma", ma è
un "ma" che ci riporta nella real politik, nel quotidiano, nell'amministrazione delle
cose più concrete e materiali - che io credo sia imprescindibile il coinvolgimento
della cittadinanza, il coinvolgimento dei rappresentanti dei cittadini anche nella
collocazione di un luogo di culto, che credo sia partita da presupposti non del tutto
sbagliati.
Non so ancora se è vero che voi ci abbiate tenuto all'oscuro di un progetto, non so
ancora se è vero che voi ne eravate a conoscenza sin dall'inizio, perché, se così fosse,
avrebbe ragione il Consigliere Carossa, credo che avreste dovuto socializzare con il
Consiglio Comunale.
Arrivo a concludere, Presidente, pregandola di essere minimamente tollerante,
poiché stiamo facendo un ragionamento che ritengo importante, di alta valenza
collettiva.
Credo che ci debba essere coinvolgimento dei cittadini e che questi non possano non
essere tenuti in considerazione.
È chiaro che sosterremo questo progetto, solo e se ci saranno date precise garanzie
riguardo a ciò che accadrà all'interno di questo luogo. Sono convinto che sia
doveroso cercare di fare in modo che l'istituzione intervenga, affinché le prediche si
tengano in italiano ed affinché si escludano i fondamentalisti dell'UCOII, quelli che
addirittura compravano pagine dei giornali per attaccare lo Stato di Israele. Sarei ben
contento, se ci deste garanzie rispetto ad un censimento e, successivamente, alla
chiusura di tutte le moschee non autorizzate, che non sono altro che luoghi di
propagazione del fondamentalismo. Sarei ben lieto, se ci deste garanzie rispetto alla
tutela del valore della legalità, rispetto alla difesa del diritto dei cittadini comuni, non
necessariamente musulmani, di poter entrare in un luogo della loro città.
Quando queste garanzie ci saranno consegnate, noi potremo dirci serenamente
d'accordo; altrimenti, se non dovessero arrivare risposte, saremo costretti a
perseguire tutte le strade per chiedere almeno un referendum cittadino affinché i
torinesi possano esprimersi a riguardo.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
La parola al Consigliere Olmeo.

OLMEO Gavino
L'articolo 3, uno dei principi fondamentali della Costituzione, recita: "Tutti i cittadini
hanno pari dignità sociale, sono uguali davanti alla Legge senza distinzione di
religione". L'articolo 8 (sempre nell'ambito dei principi fondamentali) recita: "Tutte
le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla Legge". L'articolo 19
recita: "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede, di esercitarne in
privato o in pubblico il culto". L'articolo 20 dice, sostanzialmente, cose simili.
Questo è quanto stabilisce la Costituzione italiana, e vi spiegherà, poi, meglio il
Consigliere Cassiani, avvocato esperto.
Alla luce di questi articoli, proprio per parlare a cuore e a braccio, come chiede il
Consigliere Carossa, mi domando come un amministratore pubblico possa dire a chi
vive nel nostro Paese, magari anche come cittadino italiano, che non ha diritto ad
avere un luogo dignitoso per pregare e che, se vuole pregare, deve farlo in cantina o
sotto terra.
Personalmente, professo una religione che, per secoli, è stata costretta a riunirsi sotto
terra e che, anche nell'ultimo secolo, è stata costretta a farlo più o meno nello stesso
modo, dal Messico all'Unione Sovietica: quindi, non lo auguro a nessuno. Non
auguro certamente ai musulmani di rifare la stessa esperienza.
La libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali dell'uomo e la libertà religiosa si
esprime innanzitutto con la libertà di culto. Questo diritto va dignitosamente
esercitato: non vedo altra maniera per poterlo fare, se non quella di liberamente
organizzarsi e di trovare le risorse per realizzare i propri luoghi di culto
(naturalmente, nell'ambito della legge, perché, così come non si possono costruire
chiese o sinagoghe al di fuori della legge, allo stesso modo non può essere costruita
una moschea).
Fra l'altro, sono anche un po' preoccupato da alcune affermazioni - già lette sui
giornali e in parte richiamate, poco fa, da uno dei primi interventi - in base alle quali
occorrerebbe garantire la possibilità di pregare e di predicare liberamente,
nell'ambito dei momenti di preghiera, ma soltanto in una lingua piuttosto che in
un'altra o che i ministri di culto debbano essere necessariamente di una nazionalità
piuttosto che di un'altra.
Sempre parlando a cuore e a braccio, ricordo che appartengo ad un Paese e che
professo una fede religiosa che ha fatto dell'attività missionaria uno dei suoi capisaldi
in giro per il mondo. Oggi vi sono migliaia di torinesi che, per ragioni religiose, sono
in altri Paesi.
L'ultima mia considerazione riguarda alcune dichiarazioni dell'imam Abdulaziz
Khounati, l'imam della Moschea della Pace di Corso Giulio Cesare (cioè della
moschea che dovrà trasferirsi), che io, alla luce di tutto quello che ho detto,
condivido davvero poco. Mi riferisco, ad esempio, all'affermazione: "Non ci saranno
minareti, anche se mi piacerebbe che ci fosse qui lo stesso rispetto che a Casablanca
e a Rabat abbiamo per i vostri campanili eretti dalle comunità cristiane di quelle
città". (INTERVENTI FUORI MICROFONO) Sì, è vero, Assessore. In due o tre
importanti città del Marocco è così, ma in quasi tutti gli altri paesi musulmani la
libertà di culto è un sogno: immagino che l'imam lo sappia perfettamente.
Nel momento in cui, quindi, ripetiamo che garantire la libertà di culto è un dovere da
parte nostra e che la libertà di culto è un diritto per tutti coloro che vivono nel nostro
Paese, non possiamo che chiedere reciprocità in tutti gli altri Paesi del mondo.
Sono coloro che si trovano nel nostro Paese a doverci dare una mano? No, credo che
debbano aiutarci anche nei loro rispettivi Paesi.
Anche nel caso in cui non fosse garantita la reciprocità, ad esempio, ai cristiani e agli
ebrei che, eventualmente, si trovino in Iraq, Iran o Arabia Saudita, per quale motivo
non dovremmo, noi, concedere loro di costruire una moschea? Noi non siamo così.
Noi siamo in Italia, le leggi italiane sono regolate da quei quattro articoli della
Costituzione, citati poco fa, in merito a questo tema, e quegli articoli noi dobbiamo
rispettare.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
La parola al Consigliere Cugusi.

CUGUSI Vincenzo
Ringrazio il Consigliere Olmeo per il suo intervento.
Credo che il dibattito di oggi debba essere ricondotto nei suoi giusti termini: infatti,
ci sono alcune forze politiche che non so in base a quali principi o norme vogliono
impedire di professare la propria religione ad una comunità importante quale quella
islamica, presente e radicata in città.
Avete detto che il Comune era a conoscenza dell'iniziativa.
Ebbene, da tempo la comunità islamica della Moschea della Pace di Corso Giulio
Cesare, aveva avviato trattative e procedure di legge per acquisire l'immobile. Però,
come diceva anche il Consigliere Olmeo, da tanto tempo, cioè da 61 anni sappiamo
che esiste la libertà di culto, così come scritto nell'articolo 8 della nostra
Costituzione.
Assessore, a questo proposito la invito ad organizzare corsi intensivi di integrazione
e di conoscenza delle nostre leggi rivolti a tutti i cittadini ed anche ai Consiglieri, se
capita. L'articolo 8 recita: "Tutte le confessioni sono ugualmente libere davanti alla
Legge. Le confessioni religiose diverse da quella cattolica hanno il diritto di
organizzarsi secondo i propri Statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento
giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di
intese con le relative rappresentanze".
La libertà religiosa, quindi, rappresenta uno dei cardini del nostro Ordinamento, così
come la libertà di associazione, di pensiero e l'uguaglianza dei cittadini, davanti alla
Legge, senza distinzione di sesso, razza e credo religioso.
Siccome siamo tutti reduci, in questi giorni, da un'importante palestra costituzionale
e democratica, siamo sempre più convinti che queste libertà non siano negoziabili, né
a Torino, né altrove.
Veniamo ai fatti: l'immobile acquistato dalla comunità islamica è destinato a servizi
pubblici dal Piano Regolatore e tra i servizi pubblici ci sono anche i luoghi di culto.
Essendo in una zona densamente popolata, con problemi di parcheggio, la richiesta
di servizi idonei sarà compito della Città e dell'Assessore competente.
Poiché, come ha riferito l'Assessore, l'immobile può anche ospitare un'associazione
onlus, la comunità che ne ha fatto richiesta è costituita in associazione onlus.
Ci sono, dunque, tutti i requisiti di legge necessari per consentire a questa comunità
di dire addio a quei luoghi di preghiera, organizzati nei garage e negli scantinati, che
hanno creato moltissimi problemi condominiali.
Badate bene che impedire la nascita di un luogo di culto significa radicalizzare lo
scontro e far nascere fondamentalismi di cui proprio non abbiamo bisogno. Abbiamo
bisogno, invece, di conoscere gli immigrati e di non alimentare la paura nei loro
confronti, qualunque sia la loro fede, e dobbiamo dare e assicurare visibilità ai luoghi
di culto, perché questo significa far uscire la comunità islamica dalla chiusura
identitaria e abituare noi stessi a convivere con loro.
La convivenza e la multiculturalità devono diventare parte della nostra biologia
politica.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
La parola al Consigliere Domenico Gallo.

GALLO Domenico
Vorrei porre questa domanda ai Consiglieri Carossa e Ravello: è un crimine
autorizzare l'attivazione di una moschea, cioè di un luogo di culto? Perché l'avete
posta così, Consiglieri. L'avete posta così, come se fosse un crimine. Personalmente,
sono spaventato dai vostri interventi.
Ormai le elezioni sono finite, e voi le avete vinte: ma è mai possibile che abbiate
l'obiettivo di perpetrare una sorta di allarme sociale continuo? Non vi rendete conto
che le tensioni sono già troppo alte e che voi, oggi, avete la responsabilità del
governo di questo Paese?
Cari Consiglieri Carossa e Ravello, i partiti di lotta e di governo hanno ormai
esaurito la loro funzione. Io l'ho vissuto sulla mia pelle. Non ci possono più essere
partiti di lotta e di governo: voi dovete governare il Paese, assumendovene le
responsabilità.
Avete un Ministro degli Interni che avrebbe poteri eccezionali, nel caso in cui
accadessero eventi eccezionali, un Ministro degli Interni che potrebbe intervenire con
tutte le energie, anche con la forza pubblica, se accadessero fatti come quelli citati
sui giornali in questi giorni (come, ad esempio, la presenza di terroristi in quella
moschea).
Credo che un po' di senso di responsabilità non guasti e credo che, oggi, il vostro
compito dovrebbe essere quello di impegnarvi per costruire una società nella quale le
religioni, come diceva il Consigliere Olmeo, possano essere praticate nella più
assoluta libertà.
Non credo che, se in altri Paesi questo non è possibile, dobbiamo fare lo stesso. Mi
pare che il concetto condiviso del Consigliere Olmeo sia questo: credo che
costruiremmo una società dell'odio e dello scontro, se dovessimo cadere nel tranello
di chi deve contrapporsi agli altri perché, in quel determinato posto, non può
praticare o esprimere la propria libertà religiosa. Voi, di questo, dovete essere
consapevoli, dato che, su tutte le questioni (la questione dei profughi, delle etnie in
generale, dell'ordine pubblico) continuate a diffondere allarme sociale. Vi siete dati il
compito di spaventare i cittadini? È questo il vostro compito? Avrei potuto capirlo
prima delle elezioni. Oggi, francamente, non più.
Condivido la relazione dell'Assessore, che mi sembra di buon senso; mi pare che
l'Assessore abbia fatto un'analisi molto attenta della questione. Credo che quella sia
la strada da percorrere: la strada della tolleranza e della solidarietà tra le persone,
anche tra persone che hanno culti diversi.
Penso che questa sia l'occasione per crescere, per stabilire una civiltà della tolleranza
e del rispetto tra le religioni: se non capite questo, significa che questo Paese è
veramente in brutte condizioni. Lo dico con molta sincerità.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
La parola al Consigliere Tronzano.

TRONZANO Andrea
Poiché gli aspetti retorici positivi sono già stati espressi dagli altri Consiglieri, vorrei
analizzare le questioni più pratiche, che mi sembrano più interessanti per i cittadini.
Anzitutto, vorrei informare l'Assessore che, in Via Urbino, è in corso una raccolta di
firme che, nel giro di due giorni, è già arrivata ad oltre 500 firme: credo che questo
sia un dato importante da sottolineare e da segnalare a voi, che dovete assumere
decisioni, anche tenendo conto di queste firme.
Personalmente, però, terrei anche conto del fatto che quel luogo in Via Urbino non è
assolutamente adatto a diventare luogo di preghiera. Si tratta, infatti, di un luogo
angusto, un luogo non facilmente accessibile, un luogo nel quale si potrebbero
rivedere gli stessi episodi visti in Viale Jenner a Milano (mi riferisco alle preghiere
per strada). Secondo me, questo problema esiste. Assessore, io ho - ed esprimo - la
mia opinione, come lei ha la sua: io credo che prevedere un luogo di culto in quella
zona rappresenti un problema, essendo molto probabile che, poi, la preghiera si
svolga in strada, dando origine alla replica di quanto avvenne in Viale Jenner a
Milano.
Aggiungo che il problema riguardante Via Urbino si ripropone dopo quello
riguardante Via Genova: anche in quella via, infatti, c'era stata la ricerca di un luogo
di culto.
Mi pare, quindi, che ci sia un po' di schizofrenia della Città e dell'Amministrazione
nella ricerca di luoghi di culto in cui ubicare coloro che professano la religione
islamica.
Sostanzialmente, concordiamo con quanto espresso anche dal Consigliere Olmeo,
perché la libertà di culto dei musulmani è sicuramente sancita dalla Costituzione, ma
ricordando che l'articolo 8, terzo comma, della Costituzione sancisce anche la
reciprocità. Credo che dovremmo cercare di fare in modo che questo avvenga anche
nei luoghi da cui partono queste richieste.
Vi chiedo di valutare, in senso di principio e con attenzione, quanto sta accadendo in
sede di Conferenza di Ginevra, dove sembra quasi che i Paesi razzisti siano i Paesi
democratici (ad esempio, Israele), quando invece, in realtà, chi attacca Paesi
democratici come Israele è colpevole al 100% di un'evidente serie di danni alla
democrazia.
Assessore, porti pazienza! Lo so che è fastidioso, ma cosa vuole che le dica? Porti
pazienza! Io ho la mia opinione, lei avrà la sua ed ognuno la discute e la dibatte come
meglio crede.
Anche la zona di Corso Principe Oddone è una zona a rischio, dal punto di vista della
sicurezza: la percezione che hanno i cittadini in Via Urbino e Corso Principe
Oddone, non è di buon vicinato, come potrebbe pensare la Giunta. Credo che una
valutazione dovrebbe essere fatta per quanto riguarda spaccio, criminalità diffusa,
eccetera.
Alla luce di tutte queste considerazioni, pratiche e di principio, continuiamo a
professare la nostra contrarietà al sorgere, in quella zona, della moschea.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
Il Consigliere Angeleri ha chiesto la parola per un breve intervento.
Mi rendo conto che non sarebbe dovuto, ma poiché il Consigliere riferisce di voler
avanzare una proposta e quindi, in qualche modo, dire cose diverse da quanto riferito
dal Consigliere Carossa, gli concedo un minuto di tempo per illustrare brevemente la
sua proposta.
La parola al Consigliere Angeleri.

ANGELERI Antonello
In dissenso con il Gruppo no; volevo però chiedere,
Poiché ho l'impressione che, in questo momento, la Lega sia strumentalizzata
esattamente dalla parte opposta e poiché non è nostra intenzione essere
strumentalizzati, voglio rispondere, in particolare, al Consigliere Gallo, dicendogli
che è vero che noi siamo partito di Governo, ma che non è lui ad essere spaventato.
In realtà, ad essere spaventati sono i cittadini di una realtà come quella di Borgo
Aurora, che già soffre della particolare situazione descritta poc'anzi dal Consigliere
Tronzano.
Vengo, ora, alla proposta, perché penso che, quando l'Assessore Curti parla di
integrazione, in qualche modo, si debbano tenere in considerazione il sito e la
soluzione evidenziata.
Siamo di fronte ad una situazione in cui, purtroppo, l'intolleranza dei cittadini
residenti, dovuta alla mancanza di legalità e, quindi, alla mancanza di tutela dei
cittadini residenti, sta crescendo. Chiedo, allora, al Sindaco e all'Assessore Curti di
organizzare un confronto con la cittadinanza su questo tema, un confronto che,
finora, non c'è stato: purtroppo, il tema è stato tenuto non dico nascosto, ma non se
n'è parlato.
E' opportuno, allora, che ci sia questo confronto, perché la preoccupazione è che la
situazione, in quella zona particolarmente difficile, peggiori ulteriormente. Non sto a
ripetere e sottolineare quale sia la situazione a Borgo Aurora, perché tutti la
conosciamo bene e tutti sappiamo bene quale sia la preoccupazione dei cittadini che
risiedono in quel luogo.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
La parola al Consigliere Grimaldi, al quale ricordo che dispone di poco più di un
minuto per il suo intervento.

GRIMALDI Marco
Ieri una donna di 100 anni diceva che sperava, per il suo futuro e per questo Paese,
che alla lunga l'attività neocorticale vincesse sull'attività limbico-emotiva. Quella
donna non solo aveva ragione - e si chiama Rita Levi-Montalcini - ma, di fatto, ha
predetto semplicemente che, nella sua città, nella città in cui lei ha visto un luogo di
culto come poteva essere la Mole Antonelliana o una sinagoga, questo dibattito si
svolgesse così.
Voglio fare i ringraziamenti all'Assessore Curti, perché tanti miei amici, giovani
musulmani d'Italia, dopo queste parole, si sentono un po' più torinesi.

CASTRONOVO Giuseppe (Presidente)
La parola al Sindaco, per la replica.

SINDACO
Se dovessi replicare soltanto al Consigliere Carossa, devo dire che mi verrebbe
voglia di replicare con la stessa sua pesantezza, dicendo che, da quando al Governo
c'è il centrodestra e da quando il Ministro degli Interni è Roberto Maroni (che,
peraltro, apprezzo e stimo per il suo impegno) i clandestini in Italia sono aumentati
del 108%. Di questi, non so quanti siano musulmani e quanti siano cristiani, ma
certamente, se c'è una cosa da dire è che, dopo un anno di Governo a muso duro della
Lega Nord, il risultato è stato esattamente opposto a quello che si era predicato.
Vi pregherei, quindi, di prendere atto di questo, perché non sono fenomeni che si
limitano a Lampedusa, ma sono fenomeni che si allargano in Italia e che sono
incontrollabili. Per fortuna, il Ministro sembra rendersene conto, tant'è che
stamattina ha avuto la bontà - e lo ringrazio pubblicamente - di chiamarmi, per
cercare di organizzare un incontro in cui affrontare il tema dei richiedenti asilo e dei
rifugiati, tema su cui lo Stato ha doveri che non sta esercitando e che sta scaricando
sui Comuni. Devo dare atto, però, che il Ministro, almeno, ha sentito l'esigenza di
chiamare.
Non mi fermo, però, qui, ma vado oltre, dicendo che, come ha spiegato molto bene
l'Assessore Ilda Curti (tra poco risponderò alle domande), siamo di fronte ad un
processo che, in seguito alle verifiche di legge e di regolamento che spettano a noi
(ed aggiungo anche le verifiche di trasparenza che abbiamo potuto fare sul piano
della provenienza dei finanziamenti e sul piano del rapporto con i rischi terroristici),
siamo incoraggiati a proseguire perché, con questa operazione, riduciamo il rischio
che, nelle cosiddette "moschee fai da te", si inseriscano fenomeni incontrollabili, sia
di tipo finanziario, sia di tipo predicatorio, sia di iniziativa varia.
Personalmente, alla luce di questa discussione, dico che chiederò formalmente al
Ministro Maroni e al Ministro Frattini di attuare, con i loro strumenti, quelle
verifiche che noi non possiamo fare (non dico che non "vogliamo" fare, ma che non
"possiamo" fare), perché gli strumenti di intelligence nazionale ed internazionale di
spionaggio e di controspionaggio e le verifiche sui canali diplomatici non sono alle
dipendenze del Sindaco, ma del Ministro della Difesa e del Ministro degli Interni.
Chiederò, allora, a questi due Ministri di fare una verifica, perché siano loro a dare
un parere negativo, spiegandone le ragioni, se c'è un solo dubbio sulla trasparenza di
questo fenomeno.
È chiaro? Farò questo, mandando una lettera formale ai Ministri, perché mi facciano
sapere che cosa ne pensano, e la porterò in Consiglio.
Consigliere Tronzano, noi stiamo discutendo del trasferimento di una moschea. Sono
consapevole delle difficoltà di quel quartiere, però vorrei che lei ragionasse su quale
sarà la moschea che non ci sarà più: quella di Corso Giulio Cesare 6, quella moschea
(l'unica, a dire la verità) che ha creato, in tutti questi lunghi anni (conosco la sua
storia dal '96 in poi, forse anche da prima), problemi a tutta la zona di Porta Palazzo,
dove avveniva esattamente quello che ha detto lei (in 100 metri quadrati, per il
principio dell'impenetrabilità dei corpi, più di un certo numero di persone non
potevano entrare, quindi le preghiere erano recitate nel cortile, nel Corso).
Per quanto riguarda la zona in cui la moschea sarà trasferita, i dati tecnici ci dicono
che lo spazio è assolutamente adatto per ospitare tutti coloro che solitamente pregano
in quella moschea: anzi, la moschea è più che capiente. Non solo: se ho capito bene i
progetti tecnici, si tratta di una moschea che non ospiterebbe soltanto il luogo di culto
in senso stretto, ma anche strutture per le relazioni, per le informazioni, per l'aiuto
alle persone immigrate. In qualche modo, quindi, è una struttura che, secondo il
progetto, aiuterà ad integrare le persone, cioè potrà essere un punto di riferimento per
il quartiere. Il pericolo viene dalle "moschee fai da te", dai luoghi che nessuno
controlla in alcun modo.
Penso, quindi, che lo spostamento possa servire e vada esattamente in quella
direzione.
Vengo, ora, alle considerazioni - che ho molto apprezzato - fatte dal Consigliere
Ravello, dal Consigliere Olmeo e, in parte, anche dal Consigliere Tronzano:
facciamo attenzione, qui stiamo parlando, a meno che il Ministro Frattini non mi dica
cose diverse - di un Paese, il Marocco, che finanzia in modo trasparente, di un Paese
laico, di un Paese che, quando Ahmadinejad ha pronunciato il suo ennesimo attacco
ad Israele, ha abbandonato la Conferenza sul Razzismo, comportandosi esattamente
come gli altri Paesi che hanno voltato le spalle all'integralismo islamico
rappresentato dall'Iran. Stiamo parlando di un Paese in cui, con tutti i limiti, c'è un
principio di reciprocità affermato (principio di reciprocità che c'è, forse, solo in
Marocco e in Tunisia).
Vi prego di ragionare su questo aspetto: se siamo affezionati a questo principio, se
siamo affezionati al fatto di favorire chi fa prevalere il moderatismo islamico,
dobbiamo favorire questi processi, non ostacolarli. Perché, se noi chiudiamo la porta
in faccia ad una nazione moderata, laica, che propone di dare una mano a favorire
l'integrazione dei suoi cittadini nel nostro Paese, spiegatemi come si fa ad impedire
che, invece, gli islamici fondamentalisti e le persone che possono essere a rischio di
contatto con il terrorismo non prendano il sopravvento nelle loro comunità nazionali.
Quindi, ripeto: anche se lo esaminiamo da questo punto di vista più politico - e credo
che abbia ragione il Consigliere Olmeo -, non possiamo applicare in modo
meccanico il principio di reciprocità, perché la differenza tra noi e loro (parlo di
regimi politici, non di persone singole) sta esattamente nel fatto che noi abbiamo un
impianto democratico che prevede che, a certe condizioni, ci sia la libertà di culto per
tutti.
E' questa la differenza. Per applicare il principio di reciprocità, non possiamo
metterci al livello di chi non consente a persone di una certa fede di pregare.
Dobbiamo cercare di andare verso l'alto, oppure no? Rispondetemi. Se la risposta è
sì, vi chiedo: quale altra strada intraprendere, se non quella di incoraggiare chi, nel
suo Paese, è disponibile a dare una mano perché qui prevalga la trasparenza, perché
qui prevalga una fede che non sia strumento occulto per far passare altri messaggi
politici, per far passare messaggi terroristici? Io credo che questa sia la strada
maestra: quindi, da questo punto di vista, penso che la scelta fatta finora sia stata
giusta.
Perché non abbiamo informato prima? Non abbiamo informato prima perché gli atti
formali con cui si è concluso il procedimento (in base ai quali si poteva dire che si
dava inizio) sono, rispettivamente, di 20 giorni fa la compravendita e di due mesi fa
gli atti precedenti. E' vero, quindi, che qualcuno stava lavorando ad un'operazione,
che andava in quella direzione, ma si tratta di un'operazione che poteva anche
trovare degli intoppi: poteva, infatti, succedere che non ci fossero i finanziamenti o
che non dessero le necessarie garanzie di trasparenza, poteva succedere che qualcuno
degli organismi di sicurezza da noi interpellati ci dicesse che era meglio essere
prudenti e lasciar perdere. Noi abbiamo fatto tutte le verifiche necessarie, e tutte ci
danno semaforo verde.
Sicuramente noi avremmo informato, nel momento in cui avessimo avuto il progetto
definito e compiuto.
Per quanto riguarda il confronto, sono d'accordo a farlo subito, o quando volete voi.
Sono anche andato tra i militanti della Lega a confrontarmi, non ho problemi in
questo senso.
Sappiate soltanto che non credo sia costituzionalmente possibile indire un
referendum su un diritto che attiene ai rapporti tra i privati. Posso sottoporre a
referendum qualsiasi decisione pubblica, ma non posso sottoporre a referendum, con
effetti cogenti (se, poi, si vuole fare una consultazione politica è un altro discorso),
una scelta che appartiene unicamente alla sfera privata. Non credo, quindi, che sia
formalmente possibile.
Bisogna, allora, che ci capiamo su che cos'è il confronto, Consigliere Angeleri. Se il
confronto è un dibattito politico o una forma di consultazione politica, possiamo
attuarli tranquillamente. Vogliamo fare come abbiamo fatto nella Biennale
Democrazia sul testamento biologico? Lo possiamo fare.
Volete altre forme di confronto? Facciamo quello che ritenete; si sappia, però, che il
valore che hanno queste forme può essere un puro valore indicativo politico, perché,
diversamente, credo che si metterebbe in discussione uno dei fondamenti della
Costituzione, cioè la libertà del privato di agire come ritiene all'interno delle regole.
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