Interventi |
CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola all'Assessore Curti. CURTI Ilda (Assessore) Prego i Consiglieri di avere pazienza dieci minuti perché la questione ha una sua complessità e vorrei essere molto precisa nelle risposte. Inizierò cercando di affrontare il quadro all'interno del quale ci muoviamo, ossia quello dei principi, della legge e della realtà torinese. Sostenere ed accompagnare i processi di integrazione e di inclusione di una parte rilevante di abitanti di un territorio, siano essi cittadini italiani o meno, significa anche fare i conti con la dimensione religiosa e spirituale di cui essi sono portatori. Questo significa attuare politiche ragionevoli di concretizzazione dei principi costituzionali, che riconoscono la libertà di culto all'interno di un quadro condiviso di principi fondamentali, in particolare, gli articoli 3, 8, 19 e 20 della Costituzione Italiana. La Costituzione della Repubblica Italiana ci offre il quadro dei principi fondanti del nostro essere comunità nazionale, cittadini capaci di coabitare e coesistere nel rispetto delle differenze e delle libertà. Lo dico perché il tema emerge in tutta la sua complessità per quanto riguarda la relazione con l'Islam, religione a cui si richiamano più di 30.000 abitanti a Torino. Tra questi, immigrati con o senza la cittadinanza, di prima o seconda generazione, cittadini italiani autoctoni (tra l'altro, non tutti arabi, che hanno già, come elemento unificante, la lingua italiana), cittadini torinesi di fede islamica: turchi, bangladeshi, sudanesi, senegalesi, albanesi, bosniaci, italiani hanno, come lingua comune, quella italiana. Torino ha da tempo avviato politiche e progetti che riconoscono il pluralismo religioso come elemento di dialogo, di mutuo riconoscimento, di rispetto e relazione tra le diverse comunità religiose presenti in Città. È dal 1848 (cioè dallo Statuto Albertino) che in questa città e in questo territorio si riconosce e si rispetta la libertà di culto. È, quindi, indispensabile, necessario ed ineludibile affrontare il tema dei luoghi di culto in modo sistematico, legittimo sul piano formale, capace di riconoscere dignità ed autorevolezza alle diverse religioni presenti sul territorio, nel pieno rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, fermo restando il principio delle laicità dello Stato e delle Istituzioni pubbliche e del fatto che gli Enti locali non costruiscono, né contribuiscono economicamente a costruire luoghi di culto con risorse pubbliche, ma non devono ostacolare le comunità che desiderino farlo nel rispetto della legge. L'azione dell'Amministrazione torinese risponde, quindi, ad un principio di universalità e di rispetto del pluralismo religioso e delle sue manifestazioni (com'è sancito dalla Costituzione Repubblicana) e si rivolge non solo al cosiddetto "arcipelago islamico", ma anche ad altre religioni minoritarie presenti in città (ortodossia rumena, russa, copti, copti egiziani, muridi senegalesi, evangelici, buddisti, eccetera). Il cosiddetto "arcipelago islamico" numericamente è il più consistente (come dicevo prima, ha più di 30.000 potenziali fedeli), molto differenziato per origine nazionale (anche se a Torino è preponderante la presenza marocchina), sociale (di prima e seconda generazione), culturale, eccetera. I centri islamici più frequentati sono 9 e con attività pubbliche associative. Come più volte ho avuto modo di spiegare in quest'Aula, si tratta di associazioni culturali che hanno stipulato contratti di affitto con proprietari privati. Generalmente, gli spazi che occupano sono insufficienti, non adatti ad ospitare un gran numero di persone e poco dignitosi per chi li frequenta per la promiscuità con altre attività limitrofe (bassi fabbricati in mezzo ai cortili, appartamenti, esercizi commerciali vuoti, eccetera). In alcuni casi, la loro vita interna risente di una certa improvvisazione sia dal punto di vista teologico, sia da quello della conoscenza e del rispetto dell'ordinamento civile ed associativo. Due di queste associazioni culturali hanno spazi adeguati (quelli di Via Chivasso e di Via Botticelli, che dispongono di circa 1.000 metri quadri) ed hanno investito risorse per la riqualificazione degli spazi. La loro silente e non problematica presenza sul territorio limitrofo non suscita particolare impatto e, recentemente, hanno avviato percorsi di collaborazione con altre comunità e con le Istituzioni. Inoltre, a Torino è molto forte la presenza della COREIS, l'organizzazione che riunisce il maggior numero di cittadini italiani musulmani (oltre 50.000 in tutta Italia ed oltre 3.000 a Torino), che, tra l'altro, l'Onorevole Borghezio conosce molto bene, visto che li ha incontrati nella moschea di Milano. COREIS è impegnata a promuovere, da un lato, la piena cittadinanza dell'Islam all'interno della società italiana, dall'altro a valorizzare gli aspetti culturali, filosofici e teologici come elementi costitutivi di una società plurietnica e plurireligiosa. Voglio sottolineare che la COREIS italiana supporta ed accompagna il progetto della moschea di Via Urbino. È, quindi, indispensabile fare uscire le comunità islamiche dalle cosiddette "moschee garage" e ricondurre ad un livello dignitoso la possibilità di esercitare il proprio culto e la propria fede, anche per contrastare ed evitare infiltrazioni non controllate di predicatori fai da te. Il superamento delle moschee improvvisate e delle "moschee garage" è un diritto ed una garanzia non soltanto per i fedeli e per coloro che desiderano professare il loro culto, ma anche per quei cittadini che coabitano in situazioni difficili ed affollate e per la comunità torinese nel suo complesso. Il governo dei processi in atto (e non la loro rimozione o sottovalutazione) è una politica conveniente per tutti. In assenza di una legislazione in merito (che noi tutti auspichiamo), la Città si è fatta interlocutore di una parte della comunità islamica nel volere intraprendere un processo trasparente che ponga le condizioni per l'uscita dal modello delle "moschee garage". Veniamo alla Moschea della Pace di Corso Giulio Cesare 6 ed al suo trasferimento, perché di questo si tratta, non di una nuova moschea, ma di un trasferimento. La Moschea della Pace è collocata nel cuore di Porta Palazzo, in un basso fabbricato interno ad un cortile, in un condominio ad alto livello di conflittualità e degrado delle parti comuni, anche se stanno partendo - per fortuna - i lavori di riqualificazione previsti dai Piani di Recupero Obbligatorio. La Moschea è un punto di riferimento di una parte consistente di fedeli marocchini che, negli anni, si è sempre contraddistinta per un'attiva presenza nelle occasioni di dialogo ed iniziative comuni con altre realtà cittadine laiche e religiose. Faccio riferimento ad un progetto in particolare, "Arte e Moschea e Sinagoga", finanziato, nel 2005, dalla precedente Giunta Regionale, all'iniziativa "Moschee aperte", all'iniziativa tedofori musulmani, ebrei e cattolici nel corso delle Olimpiadi invernali, alla presenza nel Comitato Interfedi Olimpico ancora esistente, eccetera. La Moschea della Pace da anni è al fianco delle Autorità civili, religiose e sociali della Città anche nel condannare forme di violenza e terrorismo (ricordo tra tutte la strage di Nassirya). Nel 2007 il Centro Islamico ha promosso la costituzione dell'Associazione Nazionale UMI (Unione Musulmani d'Italia), che prende le distanze definitivamente da altri organismi di rappresentanza come l'UCOII, ha avviato un percorso di accreditamento con le Istituzioni nazionali e locali ed ha promosso iniziative di formazione e riflessione. L'UMI si rivolge prevalentemente ai marocchini della diaspora in Italia ed ai loro centri islamici diffusi sul territorio nazionale. L'UMI, in collaborazione con la COREIS italiana, ha organizzato, nel 2008, a Torino due seminari di formazione per responsabili di moschee sull'ordinamento giuridico italiano, il rapporto tra laicità e fede in Europa, la relazione tra Islam della diaspora e la Costituzione Italiana. Le due iniziative hanno visto la partecipazione di 50 centri islamici italiani, hanno coinvolto relatori di altissimo livello provenienti dall'Università di Rabat, di Strasburgo e di Parigi, oltre che rappresentanti autorevoli di COREIS ed intellettuali italiani, nonché rappresentanti delle Istituzioni locali (Regione, Provincia e Comune). L'UMI è, inoltre, supportata - e qui veniamo ad un'altra questione - da organismi istituzionali del Regno del Marocco e, in particolare, dal Ministro per gli Affari Religiosi Islamici del Regno del Marocco Ahmad Tewfiq. Il Regno del Marocco è una monarchia costituzionale democratica che sta vivendo una fase importante di riforme e di modernizzazione, impegnato anche sulla scena internazionale per affermare un Islam moderato e di pace. Il Marocco ed il Regno di Giordania sono stati i due Paesi a maggioranza islamica che hanno abbandonato la Conferenza di Ginevra nel momento in cui parlava il rappresentante dell'Iran. A Torino vive una donna che è Deputata del Parlamento del Marocco, eletta dai marocchini della diaspora in Europa e lei è un legame forte con il Parlamento marocchino. Nel 2007 il centro islamico "Moschea della Pace" ha individuato la necessità di cambiare luogo ed adeguare i suoi spazi a standard dignitosi; hanno avviato delle trattative, che si sono concluse recentemente con un contratto di compravendita per acquistare un immobile di circa 1.200 metri quadri in Via Urbino da un privato. Nel frattempo, hanno interloquito con la Città per identificare le procedure corrette per comprare, ristrutturare e gestire il centro in modo trasparente, rispettoso delle leggi e come luogo di culto non mascherato da centro culturale et similia. Si tratta di un progetto di manutenzione straordinaria che, ai sensi dell'articolo 34 della Legge n. 383 del 2000, prevede che la sede delle associazioni di promozioni sociali ONLUS ed i locali nei quali si svolgono le relative attività siano compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee. Si tratta, quindi, di un progetto di manutenzione straordinaria d'interni di un immobile acquistato da un privato. Inoltre, il progetto non prevede la costruzione di un minareto per scelta dei promotori, che hanno ritenuto che i tempi non fossero maturi, dimostrando una grande sensibilità ed un grande rispetto per la comunità cattolica torinese. Il centro islamico ha costituito un soggetto giuridico ad hoc ai sensi della Legge n. 383 del 2000, l'associazione "La Palma ONLUS", formalmente costituita con atto notarile, che risponde all'esigenza di: dichiarare nelle finalità l'aspetto religioso in modo esplicito, per non occultare e mascherare le attività della ONLUS (articolo 4, "Finalità", lo Statuto è qua a disposizione); di individuare - questa è un'altra questione - una modalità di selezione dell'Imam che è stata mutuata dallo Statuto delle comunità ebraiche, nel quale, all'articolo 13, si dice che "il direttivo nomina l'Imam scegliendolo tra persone di profonda conoscenza della religione musulmana e della società, della lingua e della cultura italiana"; inoltre, l'esigenza di rispettare alla lettera i requisiti previsti della Legge n. 383 del 2000 e dell'ordinamento civile italiano e di offrire trasparenza e tracciabilità sugli organismi dirigenti e sui finanziamenti. I bilanci delle ONLUS sono, per legge, pubblici. Le risorse finanziarie necessarie per l'acquisto e la ristrutturazione dell'immobile sono frutto di donazioni ed autofinanziamento della comunità marocchina, debitamente registrate e tracciate, nonché di una donazione del Ministero per gli Affari Religiosi del Marocco, largamente inferiore ai 2 milioni di Euro di cui si è parlato con indiscrezioni di stampa. Infine, è stato sottoscritto l'atto d'acquisto dell'immobile da parte dell'associazione La Palma. Il percorso delineato è caratterizzato dal rispetto scrupoloso delle procedure giuridiche ed amministrative, dall'esigenza di dare risposta a due necessità che emergono in tutti i casi di iniziative simili, cioè chi sono i promotori e da dove provengono i soldi. È evidente che la moschea di Via Urbino rappresenta una parte della comunità islamica torinese, probabilmente la più avanzata e matura per avviare un processo simile ed è altrettanto evidente che questo suscita malumori, invidie e dibattito. Vorrei ricordare due recenti casi. A Bologna, la minoranza del Consiglio Comunale nel caso di una discussione analoga ha chiesto, come condizione, affinché la Giunta Comunale di Bologna potesse avviare trattative con una parte della comunità islamica che voleva acquistare da un privato un immobile da destinare a luogo di culto, che l'ONLUS fosse costituita prima dell'atto di acquisto e che questa non facesse riferimento all'UCOII (due condizioni che, nel nostro caso, ci sono). A Genova, invece, la minoranza del Consiglio Comunale, supportata anche da un sopralluogo del Ministro Ronchi, ha chiesto recentemente, come condizione, alla Giunta Comunale di Genova che non ci fosse concessione di area pubblica, ma fondi ed area privata (due condizioni che, nel nostro caso, ci sono). Concludo con parole non mie, che vorrei leggervi: "In tante zone della città, inoltre, mancano anche gli spazi fisici e le occasioni concrete per fermarsi a riflettere e pregare. Abbiamo bisogno di luoghi di preghiera in tutti i quartieri della città; ne hanno un bisogno ancora più urgente le persone che appartengono a religioni diverse da quella cristiana, in modo particolare, l'Islam. Abbiamo bisogno anche di iniziative culturali che favoriscano la riflessione, non di provocazioni, che suscitano esclusivamente dibattiti sterili e scalpore, ma non crescono l'interiorità". Una città amica sa offrire questi tempi, questi spazi, queste opportunità, perché da qui prendono forma il dialogo e la relazione, rendendo così possibile una convivenza umana e umanizzante". Non sono parole mie: sono parole pronunciate il 5 dicembre 2008 dal Cardinale Tettamanzi nel discorso alla città di Milano durante i Vespri della Solennità di Sant'Ambrogio. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) Ricordo ai Consiglieri che ogni Gruppo, per gli interventi, dispone di cinque minuti. La parola al Consigliere Carossa. CAROSSA Mario Purtroppo, c'è sempre questo discrimine fra il tempo "libero" concesso agli Assessori, il tempo, molto limitato, concesso a noi e la chiusura del Sindaco. Ma non importa. Assessore Curti, se lei e la sua Giunta difendereste con altrettanta enfasi il pubblico che, in questa città, viene sempre più inglobato da un certo tipo di privato, forse staremmo meglio (ma questa mia considerazione si riallaccia alle deliberazioni successive e ne parleremo più avanti, se mai ci arriveremo). Ovviamente, mi fa piacere che lei abbia difeso con tanta enfasi questa situazione e abbia detto tutto ciò che ha detto: evidentemente, sono tutti bravissimi e sono tutti meglio di noi, che siamo gretti e che, nella nostra grettezza, cerchiamo soltanto di difendere la nostra identità, il nostro essere cittadini di questo Stato, il nostro essere cittadini di questa città. L'Assessore, però, ha sorvolato bellamente sul fatto che sapevate questa cosa - e la tenevate nascosta - fin dal novembre 2007. Mi chiedo e chiedo a voi e al Sindaco, che potrà rispondere dopo: perché non avete informato di questo fatto? Forse perché avete timore di quello che pensano i cittadini veri (non certo voi)? Perché avete tenuto nascosta questa cosa? Vi ricordo che, se questa ipotesi di costruzione della moschea non fosse stata svelata, pochi giorni fa, dal quotidiano "La Padania", voi avreste continuato a tenerla nascosta: perché è utile prendere in giro i cittadini e raccontare loro "storie" durante il periodo elettorale, ma bisogna, invece, tenerli all'oscuro di quelle cose che non vanno troppo bene e che non sono molto "politicamente corrette". Sindaco, è dal novembre 2007 che sapevate di questi movimenti: che cosa aspettavate a dirlo ai cittadini torinesi? Che cosa aspettavate a dirlo, quantomeno, alla vostra maggioranza o alla vostra Giunta? Perché non lo sapeva nemmeno buona parte dei componenti della vostra Giunta! Personalmente, non preparo i miei discorsi, soprattutto su questi argomenti, ma vado a cuore, più che a braccio: sono sempre più convinto che occorra fare il possibile per opporsi fino in fondo a quello che volete creare - e state creando - in questa città: sono assolutamente contrario a qualsiasi apertura di moschea. Voglio cercare di difendere i cittadini torinesi, che non sono sicuramente i cittadini islamici. Assessore, vada nei quartieri in cui ci sono le moschee e chieda alle persone (ma, forse, vi siete dimenticati come si fa) cosa ne pensino, e vedrete cosa vi rispondono! Lei ha paragonato (per fortuna, non l'ha ripetuto) l'apertura della moschea alla ristrutturazione di una villa in collina. Vergogna! Lei non si chiede quale sia l'impatto di questa apertura sul quartiere. Ma si è mai chiesta dove saranno parcheggiate le macchine di chi verrà a pregare? E' certamente una banalità, ma poiché non abitate in quella zona, non vi interessa, non vi interessano i problemi dei cittadini che, nei giorni di preghiera, non riusciranno ad entrare nei propri androni. Non vi fate queste domande, non vi interessa, non vi crea proprio alcun problema. Sarei stato molto più contento, se l'UMI avesse chiesto di aprire una moschea in Piazza Vittorio: forse, lì, avrebbe dato fastidio non solo ai cittadini comuni, ma anche al Sindaco. Credo che queste cose debbano essere provate sulla propria pelle. Bisogna provare sulla propria pelle il fatto che il valore degli alloggi sia dimezzato! Sono queste le cose che riguardano i cittadini comuni, che fatto sacrifici per comprare i loro alloggi e che, di punto in bianco, si ritrovano il valore dei propri alloggi dimezzato, a causa di vostra decisione scellerata. Queste cose saranno grette e riduttive, ma sono reali, e sono queste le cose di cui vi dimenticate! È vergognoso che equipariate l'apertura di una moschea, che ha un grande impatto nella cittadinanza, ad una qualsiasi altra ristrutturazione. Naturalmente, la Lega Nord è contraria - senza "se" e senza "ma" - a qualsiasi ipotesi di apertura di moschee; quindi, farà il possibile e seguirà ogni strada per ostacolare ed impedire questo progetto. In chiusura, vi chiedo (e vorrei che mi fosse data risposta) il motivo per cui, dal novembre 2007 ad oggi, non avete detto niente sulla questione, ma vi siete degnati di parlarne soltanto perché stimolati da noi della Lega Nord. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Ravello. RAVELLO Roberto Sergio Ringrazio, in anticipo, il Sindaco, per le risposte che vorrà dare approfittando del diritto di replica, che non viene mai concesso ai Consiglieri Comunali, ma che è giusto sia concesso almeno al Primo Cittadino. (INTERVENTO FUORI MICROFONO). Ci deve un grande favore, allora. Non ho ancora detto niente, e lei, già sdegnato, abbandona l'Aula! (INTERVENTO FUORI MICROFONO). Assessore, mi sento particolarmente stimolato in questo dibattito, perché è stato chiamato in causa un principio, la difesa dell'identità, di cui il sottoscritto in particolare, ma tutta la cultura politica a cui fa riferimento, ha sempre fatto una ragione del proprio agire quotidiano, in ogni contesto, in ogni situazione, in ogni amministrazione, in ogni ente in cui siamo rappresentati. Nel tentativo, però, di voler volare un pochino più alto, è doveroso cercare di chiarire che cosa si intenda per identità, quando si parla di difesa di un'identità, perché ci sono diverse concezioni del valore dell'identità. Per sgombrare, quindi, il campo da qualsivoglia dubbio o forma di strumentalizzazione o di stupida polemica, vorrei prima di tutto chiarire che l'identità che ho sempre ritenuto di dover difendere, l'identità nella quale io mi riconosco e mi sono sempre riconosciuto, nella quale si riconosce il partito al quale appartengo e per il quale lavoro, è l'identità che crede nella libertà, nei diritti e, chiaramente, ancor prima, nei doveri sanciti dalla legge, dalla morale, dalla cultura, financo dalla religione. In ragione di questa convinzione, vorrei chiarire un principio conseguente: la libertà di culto è un valore, è un diritto sacrosanto, che non può essere azzerato, nemmeno nel caso in cui si voglia partecipare nella condivisione del perseguimento di un obiettivo, la difesa di una cultura dall'assalto del fondamentalismo. Fatta questa premessa di carattere culturale (che ritengo giusta, perché noi, spesso, ci confrontiamo senza nemmeno conoscerci, sulla base di un pregiudizio - talvolta capita - e sulla base di uno stereotipo costruito attorno), mi pare che, rispetto al passato, finalmente si possa dire che si stia alimentando, anche in questa città, un percorso virtuoso, di riconoscimento di un diritto e, soprattutto, di partecipazione in un lavoro comune di difesa della reciprocità. Se posso sperare che le parole che stiamo spendendo in questa occasione possano servire per garantire il diritto ai miei compatrioti che vivono lontano da qui di poter esercitare il loro culto in forma libera, senza doversi sentire perseguitati, bene, allora sono convinto di quello che faccio, sarò convinto di ciò che farò e darò il mio sostegno a questa idea e a questo progetto. È chiaro, però - c'è sempre un "ma", ma è un "ma" che ci riporta nella real politik, nel quotidiano, nell'amministrazione delle cose più concrete e materiali - che io credo sia imprescindibile il coinvolgimento della cittadinanza, il coinvolgimento dei rappresentanti dei cittadini anche nella collocazione di un luogo di culto, che credo sia partita da presupposti non del tutto sbagliati. Non so ancora se è vero che voi ci abbiate tenuto all'oscuro di un progetto, non so ancora se è vero che voi ne eravate a conoscenza sin dall'inizio, perché, se così fosse, avrebbe ragione il Consigliere Carossa, credo che avreste dovuto socializzare con il Consiglio Comunale. Arrivo a concludere, Presidente, pregandola di essere minimamente tollerante, poiché stiamo facendo un ragionamento che ritengo importante, di alta valenza collettiva. Credo che ci debba essere coinvolgimento dei cittadini e che questi non possano non essere tenuti in considerazione. È chiaro che sosterremo questo progetto, solo e se ci saranno date precise garanzie riguardo a ciò che accadrà all'interno di questo luogo. Sono convinto che sia doveroso cercare di fare in modo che l'istituzione intervenga, affinché le prediche si tengano in italiano ed affinché si escludano i fondamentalisti dell'UCOII, quelli che addirittura compravano pagine dei giornali per attaccare lo Stato di Israele. Sarei ben contento, se ci deste garanzie rispetto ad un censimento e, successivamente, alla chiusura di tutte le moschee non autorizzate, che non sono altro che luoghi di propagazione del fondamentalismo. Sarei ben lieto, se ci deste garanzie rispetto alla tutela del valore della legalità, rispetto alla difesa del diritto dei cittadini comuni, non necessariamente musulmani, di poter entrare in un luogo della loro città. Quando queste garanzie ci saranno consegnate, noi potremo dirci serenamente d'accordo; altrimenti, se non dovessero arrivare risposte, saremo costretti a perseguire tutte le strade per chiedere almeno un referendum cittadino affinché i torinesi possano esprimersi a riguardo. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Olmeo. OLMEO Gavino L'articolo 3, uno dei principi fondamentali della Costituzione, recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, sono uguali davanti alla Legge senza distinzione di religione". L'articolo 8 (sempre nell'ambito dei principi fondamentali) recita: "Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla Legge". L'articolo 19 recita: "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede, di esercitarne in privato o in pubblico il culto". L'articolo 20 dice, sostanzialmente, cose simili. Questo è quanto stabilisce la Costituzione italiana, e vi spiegherà, poi, meglio il Consigliere Cassiani, avvocato esperto. Alla luce di questi articoli, proprio per parlare a cuore e a braccio, come chiede il Consigliere Carossa, mi domando come un amministratore pubblico possa dire a chi vive nel nostro Paese, magari anche come cittadino italiano, che non ha diritto ad avere un luogo dignitoso per pregare e che, se vuole pregare, deve farlo in cantina o sotto terra. Personalmente, professo una religione che, per secoli, è stata costretta a riunirsi sotto terra e che, anche nell'ultimo secolo, è stata costretta a farlo più o meno nello stesso modo, dal Messico all'Unione Sovietica: quindi, non lo auguro a nessuno. Non auguro certamente ai musulmani di rifare la stessa esperienza. La libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali dell'uomo e la libertà religiosa si esprime innanzitutto con la libertà di culto. Questo diritto va dignitosamente esercitato: non vedo altra maniera per poterlo fare, se non quella di liberamente organizzarsi e di trovare le risorse per realizzare i propri luoghi di culto (naturalmente, nell'ambito della legge, perché, così come non si possono costruire chiese o sinagoghe al di fuori della legge, allo stesso modo non può essere costruita una moschea). Fra l'altro, sono anche un po' preoccupato da alcune affermazioni - già lette sui giornali e in parte richiamate, poco fa, da uno dei primi interventi - in base alle quali occorrerebbe garantire la possibilità di pregare e di predicare liberamente, nell'ambito dei momenti di preghiera, ma soltanto in una lingua piuttosto che in un'altra o che i ministri di culto debbano essere necessariamente di una nazionalità piuttosto che di un'altra. Sempre parlando a cuore e a braccio, ricordo che appartengo ad un Paese e che professo una fede religiosa che ha fatto dell'attività missionaria uno dei suoi capisaldi in giro per il mondo. Oggi vi sono migliaia di torinesi che, per ragioni religiose, sono in altri Paesi. L'ultima mia considerazione riguarda alcune dichiarazioni dell'imam Abdulaziz Khounati, l'imam della Moschea della Pace di Corso Giulio Cesare (cioè della moschea che dovrà trasferirsi), che io, alla luce di tutto quello che ho detto, condivido davvero poco. Mi riferisco, ad esempio, all'affermazione: "Non ci saranno minareti, anche se mi piacerebbe che ci fosse qui lo stesso rispetto che a Casablanca e a Rabat abbiamo per i vostri campanili eretti dalle comunità cristiane di quelle città". (INTERVENTI FUORI MICROFONO) Sì, è vero, Assessore. In due o tre importanti città del Marocco è così, ma in quasi tutti gli altri paesi musulmani la libertà di culto è un sogno: immagino che l'imam lo sappia perfettamente. Nel momento in cui, quindi, ripetiamo che garantire la libertà di culto è un dovere da parte nostra e che la libertà di culto è un diritto per tutti coloro che vivono nel nostro Paese, non possiamo che chiedere reciprocità in tutti gli altri Paesi del mondo. Sono coloro che si trovano nel nostro Paese a doverci dare una mano? No, credo che debbano aiutarci anche nei loro rispettivi Paesi. Anche nel caso in cui non fosse garantita la reciprocità, ad esempio, ai cristiani e agli ebrei che, eventualmente, si trovino in Iraq, Iran o Arabia Saudita, per quale motivo non dovremmo, noi, concedere loro di costruire una moschea? Noi non siamo così. Noi siamo in Italia, le leggi italiane sono regolate da quei quattro articoli della Costituzione, citati poco fa, in merito a questo tema, e quegli articoli noi dobbiamo rispettare. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Cugusi. CUGUSI Vincenzo Ringrazio il Consigliere Olmeo per il suo intervento. Credo che il dibattito di oggi debba essere ricondotto nei suoi giusti termini: infatti, ci sono alcune forze politiche che non so in base a quali principi o norme vogliono impedire di professare la propria religione ad una comunità importante quale quella islamica, presente e radicata in città. Avete detto che il Comune era a conoscenza dell'iniziativa. Ebbene, da tempo la comunità islamica della Moschea della Pace di Corso Giulio Cesare, aveva avviato trattative e procedure di legge per acquisire l'immobile. Però, come diceva anche il Consigliere Olmeo, da tanto tempo, cioè da 61 anni sappiamo che esiste la libertà di culto, così come scritto nell'articolo 8 della nostra Costituzione. Assessore, a questo proposito la invito ad organizzare corsi intensivi di integrazione e di conoscenza delle nostre leggi rivolti a tutti i cittadini ed anche ai Consiglieri, se capita. L'articolo 8 recita: "Tutte le confessioni sono ugualmente libere davanti alla Legge. Le confessioni religiose diverse da quella cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri Statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze". La libertà religiosa, quindi, rappresenta uno dei cardini del nostro Ordinamento, così come la libertà di associazione, di pensiero e l'uguaglianza dei cittadini, davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, razza e credo religioso. Siccome siamo tutti reduci, in questi giorni, da un'importante palestra costituzionale e democratica, siamo sempre più convinti che queste libertà non siano negoziabili, né a Torino, né altrove. Veniamo ai fatti: l'immobile acquistato dalla comunità islamica è destinato a servizi pubblici dal Piano Regolatore e tra i servizi pubblici ci sono anche i luoghi di culto. Essendo in una zona densamente popolata, con problemi di parcheggio, la richiesta di servizi idonei sarà compito della Città e dell'Assessore competente. Poiché, come ha riferito l'Assessore, l'immobile può anche ospitare un'associazione onlus, la comunità che ne ha fatto richiesta è costituita in associazione onlus. Ci sono, dunque, tutti i requisiti di legge necessari per consentire a questa comunità di dire addio a quei luoghi di preghiera, organizzati nei garage e negli scantinati, che hanno creato moltissimi problemi condominiali. Badate bene che impedire la nascita di un luogo di culto significa radicalizzare lo scontro e far nascere fondamentalismi di cui proprio non abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno, invece, di conoscere gli immigrati e di non alimentare la paura nei loro confronti, qualunque sia la loro fede, e dobbiamo dare e assicurare visibilità ai luoghi di culto, perché questo significa far uscire la comunità islamica dalla chiusura identitaria e abituare noi stessi a convivere con loro. La convivenza e la multiculturalità devono diventare parte della nostra biologia politica. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Domenico Gallo. GALLO Domenico Vorrei porre questa domanda ai Consiglieri Carossa e Ravello: è un crimine autorizzare l'attivazione di una moschea, cioè di un luogo di culto? Perché l'avete posta così, Consiglieri. L'avete posta così, come se fosse un crimine. Personalmente, sono spaventato dai vostri interventi. Ormai le elezioni sono finite, e voi le avete vinte: ma è mai possibile che abbiate l'obiettivo di perpetrare una sorta di allarme sociale continuo? Non vi rendete conto che le tensioni sono già troppo alte e che voi, oggi, avete la responsabilità del governo di questo Paese? Cari Consiglieri Carossa e Ravello, i partiti di lotta e di governo hanno ormai esaurito la loro funzione. Io l'ho vissuto sulla mia pelle. Non ci possono più essere partiti di lotta e di governo: voi dovete governare il Paese, assumendovene le responsabilità. Avete un Ministro degli Interni che avrebbe poteri eccezionali, nel caso in cui accadessero eventi eccezionali, un Ministro degli Interni che potrebbe intervenire con tutte le energie, anche con la forza pubblica, se accadessero fatti come quelli citati sui giornali in questi giorni (come, ad esempio, la presenza di terroristi in quella moschea). Credo che un po' di senso di responsabilità non guasti e credo che, oggi, il vostro compito dovrebbe essere quello di impegnarvi per costruire una società nella quale le religioni, come diceva il Consigliere Olmeo, possano essere praticate nella più assoluta libertà. Non credo che, se in altri Paesi questo non è possibile, dobbiamo fare lo stesso. Mi pare che il concetto condiviso del Consigliere Olmeo sia questo: credo che costruiremmo una società dell'odio e dello scontro, se dovessimo cadere nel tranello di chi deve contrapporsi agli altri perché, in quel determinato posto, non può praticare o esprimere la propria libertà religiosa. Voi, di questo, dovete essere consapevoli, dato che, su tutte le questioni (la questione dei profughi, delle etnie in generale, dell'ordine pubblico) continuate a diffondere allarme sociale. Vi siete dati il compito di spaventare i cittadini? È questo il vostro compito? Avrei potuto capirlo prima delle elezioni. Oggi, francamente, non più. Condivido la relazione dell'Assessore, che mi sembra di buon senso; mi pare che l'Assessore abbia fatto un'analisi molto attenta della questione. Credo che quella sia la strada da percorrere: la strada della tolleranza e della solidarietà tra le persone, anche tra persone che hanno culti diversi. Penso che questa sia l'occasione per crescere, per stabilire una civiltà della tolleranza e del rispetto tra le religioni: se non capite questo, significa che questo Paese è veramente in brutte condizioni. Lo dico con molta sincerità. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Tronzano. TRONZANO Andrea Poiché gli aspetti retorici positivi sono già stati espressi dagli altri Consiglieri, vorrei analizzare le questioni più pratiche, che mi sembrano più interessanti per i cittadini. Anzitutto, vorrei informare l'Assessore che, in Via Urbino, è in corso una raccolta di firme che, nel giro di due giorni, è già arrivata ad oltre 500 firme: credo che questo sia un dato importante da sottolineare e da segnalare a voi, che dovete assumere decisioni, anche tenendo conto di queste firme. Personalmente, però, terrei anche conto del fatto che quel luogo in Via Urbino non è assolutamente adatto a diventare luogo di preghiera. Si tratta, infatti, di un luogo angusto, un luogo non facilmente accessibile, un luogo nel quale si potrebbero rivedere gli stessi episodi visti in Viale Jenner a Milano (mi riferisco alle preghiere per strada). Secondo me, questo problema esiste. Assessore, io ho - ed esprimo - la mia opinione, come lei ha la sua: io credo che prevedere un luogo di culto in quella zona rappresenti un problema, essendo molto probabile che, poi, la preghiera si svolga in strada, dando origine alla replica di quanto avvenne in Viale Jenner a Milano. Aggiungo che il problema riguardante Via Urbino si ripropone dopo quello riguardante Via Genova: anche in quella via, infatti, c'era stata la ricerca di un luogo di culto. Mi pare, quindi, che ci sia un po' di schizofrenia della Città e dell'Amministrazione nella ricerca di luoghi di culto in cui ubicare coloro che professano la religione islamica. Sostanzialmente, concordiamo con quanto espresso anche dal Consigliere Olmeo, perché la libertà di culto dei musulmani è sicuramente sancita dalla Costituzione, ma ricordando che l'articolo 8, terzo comma, della Costituzione sancisce anche la reciprocità. Credo che dovremmo cercare di fare in modo che questo avvenga anche nei luoghi da cui partono queste richieste. Vi chiedo di valutare, in senso di principio e con attenzione, quanto sta accadendo in sede di Conferenza di Ginevra, dove sembra quasi che i Paesi razzisti siano i Paesi democratici (ad esempio, Israele), quando invece, in realtà, chi attacca Paesi democratici come Israele è colpevole al 100% di un'evidente serie di danni alla democrazia. Assessore, porti pazienza! Lo so che è fastidioso, ma cosa vuole che le dica? Porti pazienza! Io ho la mia opinione, lei avrà la sua ed ognuno la discute e la dibatte come meglio crede. Anche la zona di Corso Principe Oddone è una zona a rischio, dal punto di vista della sicurezza: la percezione che hanno i cittadini in Via Urbino e Corso Principe Oddone, non è di buon vicinato, come potrebbe pensare la Giunta. Credo che una valutazione dovrebbe essere fatta per quanto riguarda spaccio, criminalità diffusa, eccetera. Alla luce di tutte queste considerazioni, pratiche e di principio, continuiamo a professare la nostra contrarietà al sorgere, in quella zona, della moschea. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) Il Consigliere Angeleri ha chiesto la parola per un breve intervento. Mi rendo conto che non sarebbe dovuto, ma poiché il Consigliere riferisce di voler avanzare una proposta e quindi, in qualche modo, dire cose diverse da quanto riferito dal Consigliere Carossa, gli concedo un minuto di tempo per illustrare brevemente la sua proposta. La parola al Consigliere Angeleri. ANGELERI Antonello In dissenso con il Gruppo no; volevo però chiedere, Poiché ho l'impressione che, in questo momento, la Lega sia strumentalizzata esattamente dalla parte opposta e poiché non è nostra intenzione essere strumentalizzati, voglio rispondere, in particolare, al Consigliere Gallo, dicendogli che è vero che noi siamo partito di Governo, ma che non è lui ad essere spaventato. In realtà, ad essere spaventati sono i cittadini di una realtà come quella di Borgo Aurora, che già soffre della particolare situazione descritta poc'anzi dal Consigliere Tronzano. Vengo, ora, alla proposta, perché penso che, quando l'Assessore Curti parla di integrazione, in qualche modo, si debbano tenere in considerazione il sito e la soluzione evidenziata. Siamo di fronte ad una situazione in cui, purtroppo, l'intolleranza dei cittadini residenti, dovuta alla mancanza di legalità e, quindi, alla mancanza di tutela dei cittadini residenti, sta crescendo. Chiedo, allora, al Sindaco e all'Assessore Curti di organizzare un confronto con la cittadinanza su questo tema, un confronto che, finora, non c'è stato: purtroppo, il tema è stato tenuto non dico nascosto, ma non se n'è parlato. E' opportuno, allora, che ci sia questo confronto, perché la preoccupazione è che la situazione, in quella zona particolarmente difficile, peggiori ulteriormente. Non sto a ripetere e sottolineare quale sia la situazione a Borgo Aurora, perché tutti la conosciamo bene e tutti sappiamo bene quale sia la preoccupazione dei cittadini che risiedono in quel luogo. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Consigliere Grimaldi, al quale ricordo che dispone di poco più di un minuto per il suo intervento. GRIMALDI Marco Ieri una donna di 100 anni diceva che sperava, per il suo futuro e per questo Paese, che alla lunga l'attività neocorticale vincesse sull'attività limbico-emotiva. Quella donna non solo aveva ragione - e si chiama Rita Levi-Montalcini - ma, di fatto, ha predetto semplicemente che, nella sua città, nella città in cui lei ha visto un luogo di culto come poteva essere la Mole Antonelliana o una sinagoga, questo dibattito si svolgesse così. Voglio fare i ringraziamenti all'Assessore Curti, perché tanti miei amici, giovani musulmani d'Italia, dopo queste parole, si sentono un po' più torinesi. CASTRONOVO Giuseppe (Presidente) La parola al Sindaco, per la replica. SINDACO Se dovessi replicare soltanto al Consigliere Carossa, devo dire che mi verrebbe voglia di replicare con la stessa sua pesantezza, dicendo che, da quando al Governo c'è il centrodestra e da quando il Ministro degli Interni è Roberto Maroni (che, peraltro, apprezzo e stimo per il suo impegno) i clandestini in Italia sono aumentati del 108%. Di questi, non so quanti siano musulmani e quanti siano cristiani, ma certamente, se c'è una cosa da dire è che, dopo un anno di Governo a muso duro della Lega Nord, il risultato è stato esattamente opposto a quello che si era predicato. Vi pregherei, quindi, di prendere atto di questo, perché non sono fenomeni che si limitano a Lampedusa, ma sono fenomeni che si allargano in Italia e che sono incontrollabili. Per fortuna, il Ministro sembra rendersene conto, tant'è che stamattina ha avuto la bontà - e lo ringrazio pubblicamente - di chiamarmi, per cercare di organizzare un incontro in cui affrontare il tema dei richiedenti asilo e dei rifugiati, tema su cui lo Stato ha doveri che non sta esercitando e che sta scaricando sui Comuni. Devo dare atto, però, che il Ministro, almeno, ha sentito l'esigenza di chiamare. Non mi fermo, però, qui, ma vado oltre, dicendo che, come ha spiegato molto bene l'Assessore Ilda Curti (tra poco risponderò alle domande), siamo di fronte ad un processo che, in seguito alle verifiche di legge e di regolamento che spettano a noi (ed aggiungo anche le verifiche di trasparenza che abbiamo potuto fare sul piano della provenienza dei finanziamenti e sul piano del rapporto con i rischi terroristici), siamo incoraggiati a proseguire perché, con questa operazione, riduciamo il rischio che, nelle cosiddette "moschee fai da te", si inseriscano fenomeni incontrollabili, sia di tipo finanziario, sia di tipo predicatorio, sia di iniziativa varia. Personalmente, alla luce di questa discussione, dico che chiederò formalmente al Ministro Maroni e al Ministro Frattini di attuare, con i loro strumenti, quelle verifiche che noi non possiamo fare (non dico che non "vogliamo" fare, ma che non "possiamo" fare), perché gli strumenti di intelligence nazionale ed internazionale di spionaggio e di controspionaggio e le verifiche sui canali diplomatici non sono alle dipendenze del Sindaco, ma del Ministro della Difesa e del Ministro degli Interni. Chiederò, allora, a questi due Ministri di fare una verifica, perché siano loro a dare un parere negativo, spiegandone le ragioni, se c'è un solo dubbio sulla trasparenza di questo fenomeno. È chiaro? Farò questo, mandando una lettera formale ai Ministri, perché mi facciano sapere che cosa ne pensano, e la porterò in Consiglio. Consigliere Tronzano, noi stiamo discutendo del trasferimento di una moschea. Sono consapevole delle difficoltà di quel quartiere, però vorrei che lei ragionasse su quale sarà la moschea che non ci sarà più: quella di Corso Giulio Cesare 6, quella moschea (l'unica, a dire la verità) che ha creato, in tutti questi lunghi anni (conosco la sua storia dal '96 in poi, forse anche da prima), problemi a tutta la zona di Porta Palazzo, dove avveniva esattamente quello che ha detto lei (in 100 metri quadrati, per il principio dell'impenetrabilità dei corpi, più di un certo numero di persone non potevano entrare, quindi le preghiere erano recitate nel cortile, nel Corso). Per quanto riguarda la zona in cui la moschea sarà trasferita, i dati tecnici ci dicono che lo spazio è assolutamente adatto per ospitare tutti coloro che solitamente pregano in quella moschea: anzi, la moschea è più che capiente. Non solo: se ho capito bene i progetti tecnici, si tratta di una moschea che non ospiterebbe soltanto il luogo di culto in senso stretto, ma anche strutture per le relazioni, per le informazioni, per l'aiuto alle persone immigrate. In qualche modo, quindi, è una struttura che, secondo il progetto, aiuterà ad integrare le persone, cioè potrà essere un punto di riferimento per il quartiere. Il pericolo viene dalle "moschee fai da te", dai luoghi che nessuno controlla in alcun modo. Penso, quindi, che lo spostamento possa servire e vada esattamente in quella direzione. Vengo, ora, alle considerazioni - che ho molto apprezzato - fatte dal Consigliere Ravello, dal Consigliere Olmeo e, in parte, anche dal Consigliere Tronzano: facciamo attenzione, qui stiamo parlando, a meno che il Ministro Frattini non mi dica cose diverse - di un Paese, il Marocco, che finanzia in modo trasparente, di un Paese laico, di un Paese che, quando Ahmadinejad ha pronunciato il suo ennesimo attacco ad Israele, ha abbandonato la Conferenza sul Razzismo, comportandosi esattamente come gli altri Paesi che hanno voltato le spalle all'integralismo islamico rappresentato dall'Iran. Stiamo parlando di un Paese in cui, con tutti i limiti, c'è un principio di reciprocità affermato (principio di reciprocità che c'è, forse, solo in Marocco e in Tunisia). Vi prego di ragionare su questo aspetto: se siamo affezionati a questo principio, se siamo affezionati al fatto di favorire chi fa prevalere il moderatismo islamico, dobbiamo favorire questi processi, non ostacolarli. Perché, se noi chiudiamo la porta in faccia ad una nazione moderata, laica, che propone di dare una mano a favorire l'integrazione dei suoi cittadini nel nostro Paese, spiegatemi come si fa ad impedire che, invece, gli islamici fondamentalisti e le persone che possono essere a rischio di contatto con il terrorismo non prendano il sopravvento nelle loro comunità nazionali. Quindi, ripeto: anche se lo esaminiamo da questo punto di vista più politico - e credo che abbia ragione il Consigliere Olmeo -, non possiamo applicare in modo meccanico il principio di reciprocità, perché la differenza tra noi e loro (parlo di regimi politici, non di persone singole) sta esattamente nel fatto che noi abbiamo un impianto democratico che prevede che, a certe condizioni, ci sia la libertà di culto per tutti. E' questa la differenza. Per applicare il principio di reciprocità, non possiamo metterci al livello di chi non consente a persone di una certa fede di pregare. Dobbiamo cercare di andare verso l'alto, oppure no? Rispondetemi. Se la risposta è sì, vi chiedo: quale altra strada intraprendere, se non quella di incoraggiare chi, nel suo Paese, è disponibile a dare una mano perché qui prevalga la trasparenza, perché qui prevalga una fede che non sia strumento occulto per far passare altri messaggi politici, per far passare messaggi terroristici? Io credo che questa sia la strada maestra: quindi, da questo punto di vista, penso che la scelta fatta finora sia stata giusta. Perché non abbiamo informato prima? Non abbiamo informato prima perché gli atti formali con cui si è concluso il procedimento (in base ai quali si poteva dire che si dava inizio) sono, rispettivamente, di 20 giorni fa la compravendita e di due mesi fa gli atti precedenti. E' vero, quindi, che qualcuno stava lavorando ad un'operazione, che andava in quella direzione, ma si tratta di un'operazione che poteva anche trovare degli intoppi: poteva, infatti, succedere che non ci fossero i finanziamenti o che non dessero le necessarie garanzie di trasparenza, poteva succedere che qualcuno degli organismi di sicurezza da noi interpellati ci dicesse che era meglio essere prudenti e lasciar perdere. Noi abbiamo fatto tutte le verifiche necessarie, e tutte ci danno semaforo verde. Sicuramente noi avremmo informato, nel momento in cui avessimo avuto il progetto definito e compiuto. Per quanto riguarda il confronto, sono d'accordo a farlo subito, o quando volete voi. Sono anche andato tra i militanti della Lega a confrontarmi, non ho problemi in questo senso. Sappiate soltanto che non credo sia costituzionalmente possibile indire un referendum su un diritto che attiene ai rapporti tra i privati. Posso sottoporre a referendum qualsiasi decisione pubblica, ma non posso sottoporre a referendum, con effetti cogenti (se, poi, si vuole fare una consultazione politica è un altro discorso), una scelta che appartiene unicamente alla sfera privata. Non credo, quindi, che sia formalmente possibile. Bisogna, allora, che ci capiamo su che cos'è il confronto, Consigliere Angeleri. Se il confronto è un dibattito politico o una forma di consultazione politica, possiamo attuarli tranquillamente. Vogliamo fare come abbiamo fatto nella Biennale Democrazia sul testamento biologico? Lo possiamo fare. Volete altre forme di confronto? Facciamo quello che ritenete; si sappia, però, che il valore che hanno queste forme può essere un puro valore indicativo politico, perché, diversamente, credo che si metterebbe in discussione uno dei fondamenti della Costituzione, cioè la libertà del privato di agire come ritiene all'interno delle regole. |