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Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 12 Gennaio 2009 ore 15,00
Paragrafo n. 5
INTERPELLANZA 2008-07443
"MOSCHEA DI VIA GENE' 4/A UN ANNO DOPO" PRESENTATA DAL CONSIGLIERE COMUNALE CAROSSA IN DATA 11 NOVEMBRE 2008.
Interventi

COPPOLA Michele (Vicepresidente)
Passiamo alla discussione dell'interpellanza n. mecc. 200807443/02, presentata in data
11 novembre 2008, avente per oggetto:
"Moschea di Via Genè 4/A un anno dopo"

COPPOLA Michele (Vicepresidente)
A questa interpellanza avrebbero dovuto rispondere sia l'Assessore Borgogno, che
l'Assessore Curti. L'Assessore Borgogno giustifica l'assenza per malattia.
La parola, per la risposta, all'Assessore Curti.

CURTI Ilda (Assessore)
Proverò a rispondere, punto per punto, sinteticamente, anche se il tema è complesso, ma
non è la prima volta che rispondo ad interpellanze del Consigliere Carossa su questo
argomento.
La prima domanda è "se è a conoscenza che in tale stabile è situata una moschea"; si
tratta di un tema controverso. Negli stabili di Via Genè c'è un'associazione, affittuaria
di uno spazio privato, con cui le Istituzioni, la Città e l'Amministrazione non ha
particolari rapporti e relazioni. Questa associazione è regolarmente iscritta all'Ufficio
del Registro ed affitta uno spazio da un proprietario privato, per cui lo spazio di Via
Genè si configura come uno spazio privato, regolamentato dal Codice Civile. Infatti, è il
Codice Civile che interviene in una relazione tra un privato ed un'associazione e, se
regolarmente costituita ed iscritta all'Ufficio del Registro, le sue attività all'interno di
uno spazio privato risultano garantite dal principio della libertà di associazione prevista
dalla Costituzione.
Quindi, la definizione di "moschea" è uno dei problemi che, molto spesso, dobbiamo
affrontare quando facciamo riferimento a luoghi, che hanno tutte le caratteristiche dei
luoghi privati, in cui ci si può incontrare per svolgere le attività delle associazioni,
comprese quelle del culto e della preghiera. Eventuali questioni che riguardino
situazioni non chiare dal punto di vista della gestione dell'ordine pubblico prevedono
una pronuncia delle Autorità competenti, in particolare delle forze dell'ordine, e non del
Comune.
La seconda domanda è "se essa rispetta tutte le normative comunali e non, relative ai
locali adibiti a culto"; non esistono normative relative ai locali adibiti a culto, se non per
quelli riconosciuti dall'intesa Stato-Chiesa. Cioè, l'unica normativa esistente, in questo
momento, in questo Paese è quella che prevede un'intesa Stato-Chiesa (l'articolo n. 8
della Costituzione), nonostante l'articolo n. 3 della Costituzione garantisca la libertà di
culto e la non discriminazione per origine religiosa. Quindi, ribadisco che non esistono
normative relative ai locali adibiti a culto.
Trattando questi argomenti in una Città come la nostra (ma mi rendo conto che è un
tema che ricorre per tutte le città e le realtà locali che vedono la presenza di un culto
minoritario, ma significativo dal punto di vista numerico, come quello islamico),
auspico che riprenda, presso il Ministero dell'Interno, la Consulta per gli Affari Islamici
(avviata dal Ministro Pisanu prima del 2006, proseguita con il Ministro Amato e di cui,
al momento, non ci sono notizie), che ha permesso di arrivare a qualche risultato,
soprattutto nella definizione della Carta dei Valori e di meccanismi di mutuo
riconoscimento con il cosiddetto arcipelago islamico.
Questo lavoro deve garantire i principi costituzionali della libertà di culto e della non
discriminazione, ma, allo stesso tempo, auspichiamo che si definisca una normativa
giuridicamente vincolante, che consenta, da un lato, ai fedeli di vedere riconosciuto il
loro diritto alla libertà di culto, e, dall'altro lato, alle Pubbliche Amministrazioni di
attuare politiche, di intervenire e di governare un fenomeno che, in questo momento, in
un'assenza legislativa e in una vacatio legis, in realtà, non prevede strumenti
significativi e giuridicamente vincolanti.

COPPOLA Michele (Vicepresidente)
La parola al Consigliere Carossa.

CAROSSA Mario
Ovviamente, non sono d'accordo sulle linee generali.
Nell'interpellanza ho posto tre domande molto semplici e vorrei che dal Comune
provenissero delle risposte per quanto riguarda il Comune, non citando i macrosistemi
dello Stato, accordi bilaterali, nazionali o internazionali.
Per quanto riguarda la seconda domanda, Assessore, ha dimenticato che la frase citava
"tutte le normative comunali e non", quindi anche comunali. Quando un luogo - non
chiamiamolo moschea - è occupato, com'è accaduto il 26 settembre, da più di 400
persone e, abitualmente, da decine di persone e, indipendentemente da come si chiama,
è adibito a preghiera, a mio parere, anche se si chiama palestra o magazzino, è
qualcos'altro. Il Comune di Torino, come tutti i Comuni, ha un Regolamento molto
preciso sul cambio di destinazione d'uso. Tra l'altro, quel locale ha dato origine ad un
contenzioso tra un condomino e la proprietà, che è italiana, e lo preciso a verbale
affinché sia ben chiaro che ritengo che le maggiori colpe siano nostre: basterebbe
cominciare a non affittare locali a queste persone, perché, poi, si sa come vanno a finire
queste vicende. Ovviamente, le persone che vengono in Italia sono tutte onestissime,
però la prima cosa che fanno è un'opera abusiva a livello edilizio, così si adeguano
subito all'"italianità" media e, come direbbe lei, si integrano. E, quindi, torniamo al
discorso del cambio di destinazione d'uso. Un cittadino italiano, per ottenere il
permesso di abitabilità o agibilità di un qualsiasi locale, deve superare non so quante
forche caudine della burocrazia italiana e torinese. In questo caso, c'è un palese cambio
di destinazione d'uso e il Comune non può dire che non ci sono gli accordi a livello
nazionale, ma deve intervenire per quanto di sua competenza.
Quando ho chiesto se era a conoscenza del fatto che in quello stabile c'è una moschea,
sapevo che mi avrebbe risposto che fuori non c'è scritto "moschea" e, quindi, non lo è;
però, sappiamo tutti che è quello il suo reale utilizzo.
Un Comune dovrebbe essere attento ed accertare questi fatti. È chiaro che non dipende
dal suo Assessorato, ma da quelli degli Assessori Borgogno e Viano. Lei mi ha risposto,
ma, in definitiva, devo ammettere che lei è l'Assessore che è meno coinvolto, perché, a
livello di controlli, è competenza dell'Assessore Borgogno e, a livello di sanzioni e di
controllo dello svolgimento dei fatti, dell'Assessore Viano.
Il Comune di Torino (ed è questo il motivo della mia interpellanza) fa finta di nulla,
perché gli va bene che - pregando che non succeda niente, lo dico sinceramente - 400 o
più persone siano assiepate in un luogo che non ha ottenuto l'agibilità. Si parla del
dramma del cinema Statuto e che qualsiasi attività privata deve assoggettarsi alle
normative e, poi, permettiamo che si verifichino questi fatti. Preghiamo veramente che
non capiti mai nulla, ma non si può nascondere la testa sotto la sabbia!
Vuole che non la chiamiamo moschea? Va bene, però voglio che rimanga a verbale
(almeno lo spero, perché, con il cambio del sistema, mi auguro che rimanga tutto
correttamente a verbale) che voi siete consapevoli che si verificano questi fatti sul
territorio cittadino e, in futuro, non potrete dire che non lo sapevate.

COPPOLA Michele (Vicepresidente)
La parola, per una breve replica, all'Assessore Curti.

CURTI Ilda (Assessore)
Voglio ribadire che l'Amministrazione intende agire all'interno della legge. Agire
all'interno della legge in assenza di una legge rende molto complicato attuare delle
politiche di controllo, che risultano esclusivamente discriminatorie.

CAROSSA Mario
(Intervento fuori microfono).

CURTI Ilda (Assessore)
Ci sono moltissime associazioni e ribadisco che si tratta di un'associazione privata che
agisce all'interno di un luogo privato.
Naturalmente, nel caso di palesi abusi con denuncia, piuttosto che di questioni di ordine
pubblico, è prerogativa delle forze dell'ordine e delle Autorità competenti intervenire.
Detto questo, auspichiamo che venga prevista una normativa che consenta alle
Pubbliche Amministrazioni di attuare delle politiche non discriminatorie, ma che diano
dignità a chi intende esercitare il suo culto, che, in questo momento, in assenza di una
legislazione, non può che esercitarsi all'interno di situazioni sicuramente opache, non a
norma e poco dignitose, non solo per la città che le ospita, ma anche per i fedeli, che, se
vogliono andare a pregare insieme ad altri, non hanno alternative.
Quindi, auspico che ci possa essere una legislazione che ci consenta di agire in termini
costituzionalmente corretti, in modo da poter intervenire ed offrire delle alternative.

COPPOLA Michele (Vicepresidente)
L'interpellanza è discussa.
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