Interventi |
ARTESIO Eleonora Grazie. Mi pare evidente da questa discussione specifica, ma anche dai dati complessivi e dalla sensibilità generale, che il tema della capacità di ampie fasce sociali di conservare nel tempo il costo della propria abitazione è un tema che è diventato strutturale, purtroppo, per le condizioni socio-economiche del Paese e non è relegabile alle condizioni di marginalità sociale o di difficoltà temporanea dei nuclei familiari. La grande illusione della soluzione del problema abitativo, attraverso lo strumento della proprietà, che ha attraversato il nostro Paese, quasi esclusivamente solo il nostro Paese in Europa, è finita; e quindi siamo di fronte alla necessità, da un lato, di affrontare la contingenza, evitando dei disastri sociali, quindi la caduta ulteriore in condizioni di povertà e di emarginazione e, dall’altro lato, di conservare quello che sembrava un principio praticabile nelle democrazie avanzate, vale a dire il passaggio da casa a casa per quelle condizioni sociali che avessero dovuto abbandonare la prima soluzione abitativa, ma poter essere accompagnati verso altra soluzione abitativa, senza incorrere in rischi di deprivazione. Ora, la tematica nella quale siamo immersi è una tematica che ci rende del tutto evidente come quest’obiettivo e questo percorso sia difficilmente praticabile e lo sia anche perché continuiamo ad avere consapevolezza di una situazione variegata e differenziata, dal punto di vista delle condizioni sociali e dei soggetti, e rispondiamo con una condizione altrettanto variegata dell’offerta, che però si orienta prevalentemente nella possibilità di sostenere quelle condizioni familiari che sono capaci di procedere, come l’Assessore ci ha ricordato, verso una progressiva condizione di autonomia. E in qualche modo abbiamo sostituito…, mi spiace usare il termine perché non è corretto, la prima leva non è stata abbandonata e non era nelle competenze del Comune, però si è sostituita la pratica dell’housing sociale a quella degli investimenti in Edilizia Residenziale Pubblica. È vero che le condizioni sociali sono differenti, quindi le risposte dovranno esserlo altrettanto, ma è altrettanto vero che gli avanzamenti che sono stati fatti sono stati prevalentemente sulle questioni del partenariato pubblico e privato in direzione dell’housing sociale. Invece, il tema dell’Edilizia Residenziale Pubblica, che oggi ha quella connotazione di soddisfazione del bisogno abitativo per condizioni sociali ed economiche particolarmente fragili, ha le caratteristiche, che tutti ben conosciamo, di insufficienza dell’offerta, rispetto alla domanda; insufficienza di vani abitativi, rispetto alla domanda emergente di casa da parte dei nuclei familiari. Ora, da questo punto di vista, la strategia di programmazione territoriale di un Comune è fondamentale. La strategia di programmazione territoriale ci dice, perché lo dicono gli allegati della Variante strutturale del Piano Regolatore Generale, che nella Città di Torino sono più di 53.000 gli alloggi vuoti e la condizione degli alloggi vuoti, se commisurata alla domanda in attesa di Edilizia Residenziale Pubblica, ci fa rilevare una forbice insopportabile; una forbice insopportabile che, da un lato, parla di alloggi vuoti non assegnabili per carenza di manutenzioni straordinarie e ordinarie - mi tocca dire che ho letto sui giornali che tre giorni fa la Regione Piemonte ha stanziato 1 milione, proprio per intervenire relativamente al recupero con manutenzioni straordinarie degli alloggi non assegnati -, ma dall’altro lato anche relativamente ad un patrimonio abitativo inutilizzato che non appartiene alla rappresentazione, che trova sempre tutti unanimi, del piccolo proprietario, a fronte del contratto di locazione di un inquilino moroso, perché gran parte delle proprietà immobiliari non sono solo dei piccoli proprietari; cioè, quei 53.000 alloggi, che non vengono resi disponibili di fronte ad un bisogno abitativo, non sono della signora che ha investito lì i suoi risparmi, ma sono anche di grandi agenzie che fanno riferimento a proprietà di tipo bancario e anche ad attività svolte da grandi organizzazioni, penso anche alle Cooperative edilizie, perché non mi sfugge il fatto che l’ultimo Piano Casa, varato in Piemonte, che fu quello dell’Assessore Conti nella Giunta Bresso, aveva reso disponibili 15.000 alloggi sulla cui attivazione fu, essenzialmente, non la dimensione micro, ma la dimensione macro delle proprietà immobiliari a muoversi. Allora, io concludo soltanto con questo, anche a me stride il fatto che a volte ascoltiamo qui delle relazioni sui risultati ottenuti che rendono conto della fatica che si è fatta, e quindi da questo punto di vista le apprezzo, ma non rendono conto della divergenza con i dati di realtà, perché se ci fosse stata questa condivisione nel pensare che la situazione a Torino sia gestibile, non avremmo avuto la lettera scritta dai Sindacati degli inquilini il 21 aprile ai Parlamentari piemontesi. Quindi forse, di fronte ad una situazione… ARTESIO Eleonora Finisco… di fronte ad una situazione emergenziale vanno anche assunti dei provvedimenti strutturali. Mi domando perché accanto al Tavolo in cui si provano a mitigare gli effetti tra piccole dimensioni, non se ne debba aprire uno più grande con le proprietà immobiliari degli alloggi sfitti. |