Interventi |
TEVERE Carlotta Grazie, Presidente. Mi sentite bene? Sto parlando con il microfono. TEVERE Carlotta Grazie. Allora, grazie Presidente e grazie ovviamente Assessora Schellino per la risposta puntuale. Ho depositato la richiesta di comunicazioni perché alcune affermazioni lette sulla stampa hanno attirato la mia attenzione, e mi lasci precisare, Presidente, che non sono le medesime citate da alcuni Colleghi delle Minoranze, mi riferisco ovviamente a chi nella richiesta le ha specificate. Diciamo che ho ritenuto opportuno non limitarmi alla lettura del solo titolo, ma leggere il contenuto degli articoli. È noto il tema delle richieste di comunicazioni e da una delle affermazioni apprendo che a quelle persone sono già state proposte soluzioni e le hanno rifiutate. Ad onor del vero, le parole del Comandante descrivono una realtà di cui l’Assessora Schellino, rispondendo a precedenti e numerose interpellanze, e anche oggi in risposta alle nostre richieste di comunicazioni, ha più volte reso edotto il Consiglio tutto, e cioè che alcune persone in difficoltà rifiutano le possibilità offerte dal Comune per superare la situazione di disagio in cui vivono. In qualità di Presidente della Commissione Legalità, però, le parole che maggiormente hanno attirato la mia attenzione sono state quelle in cui, leggo testualmente: “Viene il sospetto che in realtà ci sia anche qualcuno che queste persone le sfrutta per ottenere profitto”. E devo dire che sono molto dispiaciuta che nessuno delle Minoranze le abbia riprese queste parole, perché per me sono molto gravi. Ovviamente, le indagini non rientrano tra i compiti di un Consigliere Comunale e ricordo a tutti che l’attività investigativa è chiaramente coperta da segreto, al fine di non vanificarne il risultato, e dunque comprendo l’impossibilità, oltre che il divieto per il Comandante, qualora ci fosse, di annunciarla a mezzo stampa o in quest’Aula l’attività investigativa; ma il sospetto che nella nostra città possa verificarsi un fenomeno così deplorevole credo debba essere condannato da chiunque rappresenti un’Istituzione. In passato, purtroppo, il suddetto fenomeno è stato oggetto di inchieste giudiziarie e fonte di preoccupazione anche da parte delle Associazioni di volontariato. Cito a proposito alcuni articoli, e in particolare: 26 gennaio 2018 su “La Stampa” leggiamo: “Le Associazioni di volontariato: ‘Dietro le elemosine ai clochard soldi spesi in alcol e l’ombra del racket’”; 5 settembre 2018, “CronacaQui”: “Le elemosine non sono un aiuto, dare denaro a chi sta in strada spesso finisce per alimentare dipendenze o, nel peggiore dei casi, dei veri e propri racket”. Quindi, Presidente, sono almeno due gli scenari che emergono dalle dichiarazioni di questi ultimi giorni e che, come Amministratori pubblici, abbiamo già affrontato in passato e sui quali oggi siamo chiamati nuovamente a riflettere. Da una parte abbiamo persone che decidono di non accettare l’aiuto del Comune e in questo caso bisogna caprine il motivo, il motivo profondo, ovvero quale sia la circostanza che renda la scelta di continuare a vivere in strada migliore della possibilità di essere seguito ed accompagnato in un percorso di assistenza prima e di riappropriazione della propria vita poi. Dall’altra parte, cosa molto grave qualora risultasse vera, potremmo avere addirittura lo sfruttamento delle persone più fragili da parte della criminalità organizzata per raccogliere soldi. Invero, ricordo a tutti che non molto tempo fa la nostra città è stata teatro di una delle più grosse indagini, parte delle quali svolte, tra l’altro, dalla nostra Polizia Municipale, che hanno portato al riconoscimento dell’esistenza della mafia nigeriana, anche qui cito un articolo, “CronacaQui”, 13 giugno 2018: “Prostituzione, elemosina e riti vudù: come la mafia nigeriana si è presa Torino”. Una mafia che ha allargato il proprio business ad un settore non violento, almeno non nella forma esteriore, quale quello del racket dell’elemosina. La soluzione al problema è certamente complessa, ma dipende anche secondo me dalla presa di coscienza dell’esistenza del fenomeno e dall’impegno di tutti, cittadini e Istituzioni. Infatti, chi - pur in buona fede, chiaramente - donando, alimenta economicamente questo mercato, anche solamente con pochi spiccioli, sostiene purtroppo una criminalità sempre più vorace ed aggressiva che non si ferma di fronte a nulla. L’alternativa è ovviamente quella di elargire il contributo alle Associazioni di volontariato che lo impegneranno al meglio, segnalando situazioni di reale difficoltà e prevenendo attività di questua basata sullo sfruttamento, se del caso, informandone anche le competenti Autorità Giudiziarie. Tornando, però, al primo scenario al quale ho accennato, credo che si debba partire dal fatto che la questione non è legata al fatto che il Comandante abbia evidenziato l’esistenza di un problema, ma che la politica alle volte non lo evidenzia abbastanza: esiste un problema, se ne prende coscienza, si cerca di conoscerlo meglio e lo si deve affrontare in tutti i suoi aspetti per risolverlo. L’Assessore, rispondendo alle richieste di comunicazioni ha spiegato bene le difficoltà riscontrate, evidenziando numeri e tipologie dei diversi approcci con i quali vengono avvicinate le persone fragili. Ringrazio l’Assessore anche per aver ricordato le azioni e l’impegno profuso negli anni dagli Uffici dei Servizi Sociali e dagli operatori della Polizia Municipale, in collaborazione e in sinergia ovviamente con tutto il mondo del Terzo Settore, nel farsi carico di tutte le persone della nostra comunità che si trovano in difficoltà, perché in passato mi è dispiaciuto leggere su alcuni quotidiani locali messaggi che lasciassero intendere invece una incapacità del Comune nell’affrontare e gestire queste situazioni. Il problema è annoso e già nel 2018 la politica di questa Amministrazione era stata chiara ed invitava i cittadini ad elargire un contributo alle Associazioni che si occupano delle fragilità; dunque, nulla è cambiato rispetto a tre anni fa, se non il fatto di aver continuato a lavorare a testa bassa per cercare di eliminare la necessità di ricorrere all’elemosina. Sono anni che la Città ha costruito e adottato un modello diverso rispetto al passato, volto a - come è stato più volte ribadito a mezzo stampa, ma anche, durante le sedute, dalla Commissione Consiliare competente - ridimensionare grandi strutture in favore di un’accoglienza diffusa e dai numeri ridotti perché nelle piccole strutture ci si sente protetti e si può creare un vero senso di comunità. Certamente è una strada molto più faticosa, ma è l’unica che potevamo intraprendere per non rassegnarci a lasciare le persone in strada; inoltre, grazie all’ASL si sono avviati i percorsi di assistenza perché queste persone spesso hanno dipendenze da curare, come abbiamo sentito anche dall’Assessore; essere comunità è salvare le persone prima che cadano nel baratro, e non limitarsi a piccoli gesti sicuramente a fin di bene e lodevoli, ma che rischiano di peggiorare le cose. Questo è il significato che ho dato io alle parole del Comandante e dell’Assessore e per questo non ho trovato motivo alcuno per indignarmi. Nessuno ha detto che donare non sia un gesto apprezzabile, un’affermazione di questo tenore avrebbe sicuramente avuto il mio biasimo; ma ritengo che incomba su noi tutti, quali Amministratori pubblici, informare correttamente e fare in modo che i cittadini abbiamo la consapevolezza della reale situazione in cui vivono le persone fragili e credo si debba avere l’onestà intellettuale di dire che, sebbene l’elemosina sia un atto amorevole, è sbagliato pensare che dando delle monete si risolva il problema. La situazione descritta anche oggi dall’Assessore dimostra che nonostante l’enorme lavoro fatto, sono sicuramente necessari ulteriori interventi a tutti i livelli, questo è fuor di dubbio. La giustizia sociale, infatti, non si risolve con l’elemosina; lo Stato, che rappresenta tutti i cittadini, ha il compito di realizzare le premesse necessarie affinché vi sia una giustizia sociale compiuta. Torino, nel sociale, ha avuto apprezzamenti da parte di molti soggetti, istituzionali e non; da ultimo, Don Ciotti, che è stato nostro ospite giovedì scorso in Commissione, ha dichiarato - e cito testualmente dall’articolo di giornale - di aver apprezzato la sensibilità della Sindaca Appendino riguardo le questioni sociali. “In questa città si fa tanto ed è merito di tutti”, questa è un’affermazione del Comandante che mi ha colpito, e questi “tutti” sono, ovviamente oltre alla Diocesi sempre presente, anche le numerose Associazioni di volontariato che hanno sposato la linea del Comune sui clochard. Cito ancora una volta l’articolo 26 gennaio 2018, “La Stampa”, per evidenziare che la questione dell’elemosina non l’ha certo sollevata il Comandante la scorsa settimana, ma solo ripresa, in quanto nota a questo Consiglio da tempo. Il Direttore della Caritas e il fondatore del SERMIG, infatti, in quell’articolo del 2018 affermavano che le persone continuano a dare le monetine perché è più facile e immediato. Un gesto che innegabilmente ti coinvolge e ci coinvolge emotivamente, ma si esaurisce in un attimo. Presidente, lei sa bene che nei miei interventi in Aula non sono solita polemizzare, ma questa volta è indubbio che le parole del Comandante e dell’Assessore siano state volutamente mal interpretate, altrimenti la polemica non avrebbe trovato seguito alcuno, e bene ha fatto l’Assessore a chiarirne i contenuti, che mi trovano concorde. Le stesse Associazioni di volontariato ritengono non risolutiva la semplice donazione di denaro, e così anche l’Arcivescovo Nosiglia, invero, nella sua nota uscita proprio a seguito della questione sollevata, afferma che - e di nuovo cito testualmente - “Solidarietà non è la moneta buttata là mentre si prosegue il cammino sotto i portici; se nessuno può mettere in discussione il valore e il significato dell’elemosina, è anche vero che quel gesto da solo non basta, non mette a posto nessuna coscienza individuale e nessuna responsabilità civica. Ecco perché noi dobbiamo fare ogni giorno sempre di più”. Io, quale Amministratore pubblico, mi devo soffermare invece ed interrogare sul perché è sbagliato donare soldi alle persone bisognose, e per capirlo mi rivolgo e ascolto chi con queste persone è a contatto tutti i giorni, per lavoro o per volontariato. Don Adriano Gennari, il fondatore della “Mensa dei Poveri” di via Belfiore, ci invita a riflettere chiedendoci che fine facciano quei soldi donati, perché come dice lui stesso, spesso le persone che aiutiamo non si sanno gestire. I commercianti del centro hanno più volte dichiarato che spesso si trovano a cambiare fino a 70/80 euro di monete portate dai senzatetto, cifre che necessitano di una gestione oculata da parte di chi versa in difficoltà, oppure raccontano di soldi spesi acquistando alcolici. Forse, dobbiamo interrogarci - io per prima - sui motivi per i quali le persone rifiutano l’aiuto che viene offerto loro, ed ecco perché la Città attraverso gli operatori dei Servizi Sociali e della Polizia Municipale da anni opera dando risposte concrete, ascolto, accoglienza secondo il nuovo modello descritto dall’Assessore di cui ho detto poc’anzi. Un intervento quindi a 360 gradi, non solo economico, ma di vera presa in carico del soggetto, di accompagnamento verso una consapevolezza della propria persona, affinché possa sentirsi parte della comunità alla quale appartiene e, con il tempo e il supporto necessari, reimparare a gestirsi non solo economicamente per potersi riappropriare della propria vita. Quindi - e mi avvio alla conclusione dell’intervento, Presidente - davvero non ho compreso, anche dopo aver ascoltato gli interventi che mi hanno preceduta - e mi scuso, perché forse rappresenta un mio limite -, le polemiche sollevate dalle dichiarazioni di cui alle richieste che hanno preceduto la mia. Siamo tutti d’accordo nel ritenere l’elemosina o qualsiasi gesto rivolto alle persone più bisognose un atto di profonda e sincera generosità, ma siamo tutti consapevoli di correre il rischio di destinare involontariamente il nostro aiuto a persone non realmente bisognose, sottraendole così ai soggetti che vivono situazioni di autentico disagio. Ecco, dunque, l’invito che ho letto nelle parole del Comandante e dell’Assessore, ovvero quello di preferire una donazione di beni o denaro alle Organizzazioni riconosciute che portano avanti, insieme all’Amministrazione, progetti chiari e significativi. Grazie, Presidente. |