Interventi |
PAOLI Maura Grazie, Presidente. Anche io purtroppo ho dovuto ridimensionare il mio intervento. Siamo qui oggi a commentare alcune frasi indegne espresse, ed è questo il tema di cui parliamo, non di altro, frasi indegne espresse prima con cinica superficialità dal nostro Comandante della Polizia Municipale e poi ripetute - e questo credo sia ancora più immorale, indecente e osceno - dalla nostra Assessora alle Politiche Sociali, nonché Vicesindaca, concetti che sono stati ripetuti anche oggi in Aula, Assessora che non solo difende le parole del Comandante Bezzon, ma aggiunge il carico. A volte sarebbe più dignitoso prendere le distanze e chiedere scusa, invece no, secondo l’Assessora, Bezzon ha ragione; c’è chi in centro in un solo giorno tira su anche 100 euro, è un dato di fatto, ci sono delle persone che stanno in strada per convenienza. Questa è una visione corretta dello stato delle cose. Per convenienza? Sì, è vero. C’è convenienza a stare in strada in questo momento, ma non per le motivazioni che ci si affanna a giustificare in maniera imbarazzante, c’è un piccolo particolare che in tutte queste interviste e in tutti questi interventi si tende a scordare: il Covid. I dormitori, infatti, non sono immuni ai contagi e, anzi, le caratteristiche dei dormitori li rendono in questo momento dei luoghi pericolosi in cui è quasi impossibile evitare contagi una volta che il virus è entrato nella struttura, l’abbiamo visto ad esempio in via Reiss Romoli. Un dormitorio è evidente che è la negazione del diritto ad avere uno spazio di privacy, e da sempre questo è stato un problema, infatti è per quello che si investe nell’Housing First, benissimo, progetti bellissimi, ma sappiamo che in questo momento non sono predominanti. Oggi, a maggior ragione, questo problema si traduce nell’impossibilità di garantire l’isolamento in una situazione di rischio di contagio e di conseguenza nella negazione del diritto alla salute, nonostante Torino sia un esempio positivo nel panorama nazionale, nessuno lo mette in dubbio. Ma di questo non è importante parlare, perché ci sono motivi più convenienti per non andare in dormitorio, è vero. Ad esempio, in un dormitorio è assente il diritto alla scelta, alla privacy, ad un abitare sicuro, ad avere uno spazio personale in cui poter coltivare la socialità; ci sono diversi studi che spiegano che l’approccio dominante nelle strutture si fonda su una riduzione di vita dei senza dimora alla dimensione fisico-biologica, ovvero mangiare, dormire e lavarsi. Come è stato osservato in anni di ricerca, accettare l’ingresso nei dormitori spesso equivale ad una morte sociale, e questo è strettamente connesso alle più ampie economie morali sulla povertà estrema che circolano nella nostra società, orientate a colpevolizzare gli homeless per la propria condizione e di conseguenza di limitare fortemente le risorse a loro riservate. Però questo non è degno di riflessione perché per essere dei buoni homeless bisogna adattarsi, obbedire, non pretendere, dimostrarsi impegnati, meritevoli e dire “grazie”. È così che si rientra nella categoria dei “buoni”, quelli che non costituiscono una minaccia e verso cui è facile essere compassionevoli, in cui però le scelte di giustizia vengono giustificate con il vocabolario dell’impegno sociale, della coscienza personale, non con quello della giustizia sociale; e se non sei buono, sei brutto, sporco e puzzolente, perché non sei docile e non hai voglia di cambiare la tua supposizione o, peggio, sei cattivo, sei da espellere, da escludere, sei quello che sta in strada per convenienza, perché si guadagna bene. Ma io mi aspetto dalla mia Assessora alle Politiche Sociali che non si faccia ingabbiare da questi luoghi comuni da benpensante, io mi aspetto che rifletta su come certe rappresentazioni stereotipate dei poveri possano alimentare forme di aporofobia, di paura, ripugnanza e ostilità verso i poveri, che ragioni su come certi atteggiamenti vengano poi accompagnati a orientamenti punitivi e colpevolizzanti che si manifestano nella tendenza a reprimere con la forza la criminalità di sussistenza, come i piccoli furti nei supermercati o l’occupazione abusiva degli edifici abbandonati o addirittura a compiere forme di vessazione dei poveri negli spazi pubblici; ci si rende conto delle conseguenze sociali che potrebbero derivare facendo passare certi concetti? Secondo voi dire pubblicamente che i senza fissa dimora sono pieni di soldi non mette queste persone sotto una lente in un modo di cui non hanno bisogno? Evidentemente, no. Non c’è un pensiero dietro queste parole oppure c’è ed è spaventoso perché dopo aver capito che i senzatetto in realtà sono dei falsi poveri, che si approfittano del buon cuore della gente ignorante, perché non sa che sicuramente quei soldi li useranno per drogarsi e alcolizzarsi tutto il giorno perché a loro piace così, qual è la soluzione allora? La prova di forza di Bezzon: “Se i clochard per una settimana non beccassero un euro, arriverebbero a cercare noi Vigili, la Caritas, e verrebbero subito aiutati per davvero, risolvendo anche il problema di degrado generato da queste situazioni”. E finalmente capiamo qual è la linea politica dietro tutto ciò: il tema del decoro. Peccato che questa non è la mia linea politica, non è quella del movimento in cui mi sono candidata e quindi non dovrebbe neanche essere quella della Sindaca, dell’Assessora o dei miei Colleghi che ora si alzano a difendere l’indifendibile. Grazie, Presidente. |