Interventi |
ARTESIO Eleonora Grazie. La Collega Carlevaris, che ringrazio per la sintesi che ha prodotto, di una serie di confronti svolti nella Commissione Diritti e Pari Opportunità, ha preso in considerazione il significato del conferimento della cittadinanza italiana ai fini delle relazioni tra diplomazie ed ai fini delle tutele in sede di giustizia. Io a questo aspetto vorrei aggiungerne uno complementare, il fatto, cioè, che le più alte Istituzioni del nostro Stato siano coinvolte in una missione democratica irrinunciabile, quale quella, appunto, della tutela dei diritti umani e, nella condizione particolare della quale stiamo parlando, della tutela del giovane Zaki. Noi abbiamo verificato nelle cronache che ci hanno accompagnato in questi mesi, non solo quanto la detenzione sia serenamente giudicabile arbitraria, in quanto non fondata da dati di fatto, ma soprattutto quanto le condizioni della detenzione siano drammaticamente compromettenti dello stato di salute. Bisogna dire che il fatto di avere un legame per le ragioni di studio, di amicizia, di frequentazione, che Patrick Zaki ha con una democrazia europea, consente di avere sotto i riflettori una condizione drammatica, quale quella egiziana, rispetto a coloro che, purtroppo, finiscono in un carcere egiziano, ma non hanno la possibilità di rendere visibili le loro condizioni purtroppo simili a quelle del nostro, vorrei chiamare, concittadino, perché lo sentiamo emotivamente nel cuore e nella vicinanza, al di là degli aspetti formali. In questo quadro, quindi, noi stiamo esercitando non soltanto un’offerta, una proposta di percorso giuridico, il riconoscimento della cittadinanza, quanto anche una opportunità di aggiungere intorno alla battaglia puntuale il tema complessivo del rispetto dei diritti umani nei Paesi con i quali noi intratteniamo delle relazioni. Vorrei dire in tutto il mondo, mi limito a fare questo riferimento ai Paesi nei quali intratteniamo delle relazioni, proprio perché il fatto di avere questo tipo di relazioni ci consente di aumentare l’autorevolezza nel subordinare quelle relazioni al rispetto dei diritti umani, ovvero non possiamo avere partner con i quali si stipulano accordi economici e commerciali, se questi partner non rispettano le condizioni minime di tutela della vita e dei diritti delle persone, così come stiamo assistendo accadere oggi nei confronti di Patrick Zaki. Certo, il nostro concittadino è persona unica, persona irripetibile, come tutte le persone, ma è anche il simbolo e la punta di un iceberg di questa condizione più generale, che riguarda, appunto, la pratica di censura del dissenso, le detenzioni arbitrarie, le condizioni carcerarie, le modalità di esercizio della giustizia che abbiamo visto verificare in Egitto - e voglio solo ricordarlo cosa stiamo ascoltando, vedendo, apprendendo intorno al caso Regeni -, ebbene, questa situazione è quella che ci permette di accendere i riflettori su tutte le tante persone che vivono in condizioni egualmente inaccettabili, ma che sono meno visibili. Allora, io credo che noi facciamo bene a non lasciare soli quanti si sono già mobilitati: le organizzazioni dell’Università, le rappresentanze delle associazioni di tutela dei diritti umani, le stesse espressioni individuali e di gruppo dei tanti giovani studenti, organizzazioni politiche giovanili che si sono espresse. Facciamo bene ad essere vicini istituzionalmente ed a impegnarci nei ruoli istituzionali che competono al nostro Stato. Facciamo altrettanto bene, io credo, a ricordare che questa particolare situazione, per la quale dobbiamo mettere in campo tutti gli strumenti perché la persona possa uscire nelle condizioni di salute migliori e possa uscire libero dall’arbitrarietà di una giustizia che non si sta esercitando secondo i canoni della parola giustizia, accanto a questo costruire anche, non dico costruire, perché fortunatamente è il patrimonio della nostra storia, ma costruirla momento per momento, giorno per giorno, quella missione democratica a cui gli Stati come il nostro sono chiamati. Grazie. |