Interventi |
FERRERO Viviana (Vicepresidente) Passiamo all’interpellanza successiva, in cui abbiamo sempre la Consigliera Artesio e l’Assessore Giusta. Allora, si tratta della n. mecc. 202002045/002: “Il Piano di coordinamento dei tempi e degli orari della Città: un obbligo di legge ignorato dalla Giunta” FERRERO Viviana (Vicepresidente) È stata presentata il 28 settembre del 2020, la prima ed unica firmataria è la Consigliera Artesio. Risponde l’Assessore Giusta, grazie. GIUSTA Marco (Assessore) Grazie, Presidente. Allora, rispondo invece a quest’altra interpellanza, una risposta un po’ più lunga, quindi chiedo scusa per il tempo che mi prenderà. Allora, con riferimento all’interpellanza in oggetto si risponde quanto segue: “Con delibera del Consiglio Comunale del 2001, del 1° ottobre 2001 venne approvato il Piano tempi orari della Città di Torino, fra l’altro uno dei primi in Italia. Il tavolo di concertazione che si era insediato nel settembre del 2000 era composto dal Prefetto, dal Presidente della Provincia o la Città Metropolitana, i rappresentanti sindacali di lavoratori, lavoratrici e gli imprenditori e imprenditrici, i Presidenti delle aziende di trasporti, il Rettore dell’Università, il Provveditorato agli Studi, così come prevedeva la normativa. La Città intese in allora di allargarlo alle aziende pubbliche locali responsabili degli uffici periferici dei Ministeri, Poste Italiane, associazioni di volontariato, imprese e privato sociale maggiormente rappresentative e i principali istituti di credito torinesi. Di lì gli interventi recepiti poi in deliberazioni e decisi al tavolo riguardavano soprattutto all’ottimizzazione della fruibilità e dell’accessibilità dei servizi per tutte le cittadine e i cittadini; l’accelerazione della semplificazione e dello snellimento dei procedimenti nell’Amministrazione Pubblica e la diminuzione della mobilità necessaria a favorire e a incentivare l’utilizzo di mezzi collettivi e pubblici nel razionalizzare appunto quella prevedibile e ripetibile. Tra i possibili interventi nella fase di elaborazione del Piano sono stati individuati cinque, anzi vennero individuati cinque: lo sportello unico del cittadino, il centro prenotazioni unificato per esami di routine e visite specialistiche; gli orari di apertura degli esercizi commerciali e degli esercizi pubblici; il sistema di mobilità cittadina e i servizi culturali e sportivi. Per quanto riguarda quindi per delineare appunto in estrema sintesi i contenuti allora del Piano dei tempi orari della Città nel 2001 frutto di approfondite ricerche durante gli anni, in questi 20 anni poi successivi, molto di quanto prospettato è stato fatto e i tavoli di concertazione si sono mantenuti, sebbene si siano focalizzati specificandosi sui singoli ambiti. Torino in questi due decenni ovviamente è fortemente cambiata, si è ridimensionata soprattutto per quanto riguarda l’occupazione e le attività dei suoi abitanti, il peso diretto dell’industria che ne ha segnato lo sviluppo per molti decenni. Si è allargata l’area delle attività terziarie anche nei settori della New Economy e del delivery hi-tech, delle quali è stata certamente uno dei centri e trainanti del Paese. Ha puntato e punta ad essere una città importante anche per il turismo. Nel frattempo c’è stata la crisi economica del 2008, che ha segnato il territorio e che ha favorito lo sviluppo di forme di lavoro precario con orari molto flessibili. Si sono formate e si stanno consolidando nuove abitudini in ordine alla mobilità dolce, eccetera, per l’uso del tempo libero e di alcuni spazi della città piuttosto che altri. Lo scenario, quindi, all’interno del quale ci muoviamo e all’interno del quale batte il ritmo della Città è radicalmente cambiato e servono alcune riflessioni. Se negli anni 2000 alcune delle difficoltà erano determinate dai vincoli, si pensi alla modifica e alle difficoltà nel modificare magari i contenuti della contrattazione collettiva su uno dei temi più classici come quello dell’orario di lavoro, negli anni successivi all’opposto sembra derivare soprattutto un ragionamento delle flessibilità polverizzate, plurali e fluide. I cambiamenti in atto soprattutto con, ad esempio, gli accordi di secondo livello, i cambiamenti in atto negli ultimi anni hanno inciso radicalmente sulla prospettiva temporale vissuta come polverizzata e quindi molto difficilmente governabile. A cambiare sembra essere proprio il concetto stesso del tempo, la percezione diffusa del superamento delle rigidità e il conseguente impoverimento dell’idea base fondativa, ovvero quello di affidare all’Amministrazione territoriale l’ambizioso progetto del governo mediante il coordinamenti dei tempi, in modo da fare incontrare quelli rigidi dei servizi al pubblico con quelli flessibili e necessari per soddisfare le esigenze individuali, per lo più provenienti dalle donne, di conciliazione tra vita professionale e lavoro (incomprensibile). Gli orari di lavoro sono diventati più flessibili con l’introduzione, ad esempio, anche del lavoro subordinato, più tradizionale rispetto all’orario multiperiodale e più recentemente del lavoro agile. Numerosi interventi si stanno registrando anche nel lavoro delle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni. La flessibilizzazione ha avuto importanti ricadute sugli orari di apertura dei servizi, con la rimozione dei vincoli storici, come ad esempio il reperimento al lavoro domenicale. Come risulta evidente non siamo più nella città fordista in cui i tempi coincidevano con i tempi del lavoro e della produzione e dove gli spazi segnavano anche i diritti delle persone. Questo rende palese ancora in più lo scollamento tra un impianto normativo fondato sul lavoro stabile e diffuso e una realtà di cui il primo caratterizza un’area sempre più ristretta, soprattutto sopravanzato da fenomeni di disarticolazione e frammentazione del lavoro. Quindi si può affermare che l’impianto della Legge 53 del 2000 può considerarsi in parte almeno superato ormai da un decennio e da ciò l’apparente disaffezione ai suoi contenuti è dimostrata già dalle legislature precedenti a quella attuale. Invece però la portata culturale dell’impianto della Legge 53/2000 è rimasta invariata ed è oggi quanto mai attuale. Però è necessaria un’integrazione di analisi al fine di adottare una visione complessiva, una reale presa di coscienza di quanto la convivenza con i fenomeni epidemici o pandemici in cui ci stiamo catapultando in cambiamenti epocali. Comprendere i ritmi temporali consente di risalire alle determinanti dei cambiamenti e di fornire strumenti di governo dei territori ed è quello che si intende fare andando nella revisione e nell’aggiornamento del Piano dei tempi orari della Città. Si ribadisce pertanto l’intenzione di andare alla revisione dello stesso tenendo conto della necessità di proporre preliminarmente delle ricerche sul territorio al fine di aggiornare la mappa dei bisogni delle istanze dei cittadini e delle cittadine. Per far questo occorre tener conto che il territorio non è solo lo spazio all’interno dei confini giuridici o delle cinte daziarie, ma è lo spazio di fruizione dei servizi che li scavalca ovviamente e ne disegna altri, è la dimensione della Città Metropolitana intesa come area urbana senza soluzione di continuità intorno alla Città di Torino ed è necessario adeguare queste caratteristiche anche per l’offerta dei servizi ai cittadini e alle cittadine e agli utenti della città, la loro presenza sul territorio e la loro tipologia, la loro accessibilità e il loro standard di qualità. Ora, non nascondo però che ci siano delle difficoltà oggettive nel riuscire a costruire questa azione: da un lato difficoltà di tipo, di ambito finanziario, le ricerche costano, bisogna iscrivere delle risorse in merito; delle ricerche in ambito personale il cui numero causa pensionamenti negli ultimi 20 anni è drasticamente ridotto e anche con questo nel momento in cui ci sono delle integrazioni di personale esse ovviamente vanno immediatamente a tappare le primarie esigenze, i primari mandati che la Città ha nell’occasione di rispondere ai servizi, Anagrafe, Servizi Sociali, Servizi Tributari, Polizia Municipale, eccetera. In ultimo la pandemia stessa ridisegna i bisogni e la modifica delle abitudini e ha alterato la programmazione delle attività degli uffici che si sono trovati ad affrontare nuove imprevedibili emergenze tralasciando attività precedentemente avviate, tra le quali il ripensamento del Piano tempi e orari della Città. Rispetto all’organizzazione degli uffici l’attività inserita nell’Area giovani, Opportunità, divenuta un po’… FERRERO Viviana (Vicepresidente) Concluda, Assessore, grazie. GIUSTA Marco (Assessore) Allora, molto velocemente, queste revisioni sono molto complesse e molto articolate. Noi abbiamo agito su alcune istanze da un punto di vista molto puntuale, ne ricordo alcune tanto per intenderci: il prolungamento ad esempio dell’orario cimiteriale; la modifica dei tracciati e la modifica dei percorsi degli autobus della GTT, sia nella visione complessiva, sia nella visione Night Buster e altre attività che piano piano vengono fatte, la revisioni degli orari di servizio, la modalità di immaginare un lavoro più dematerializzato rispetto ai servizi che vengono offerti da un punto di vista della cittadinanza. Quindi una serie di azioni puntuali sono state svolte, sono state portate avanti da questo Assessorato in cordata con altri Assessorati. La revisione complessiva di un Piano in tal senso in questo periodo è particolarmente complessa. FERRERO Viviana (Vicepresidente) Allora grazie, Assessore Giusta. Passo la parola alla Consigliera Artesio, grazie. ARTESIO Eleonora Grazie. Se l’autore della risposta non è direttamente l’Assessore, avrei poi piacere di incontrare l’estensore di questa risposta, che francamente mi lascia profondamente interdetta. Io credo ci sia una omissione grave della Città durata quattro anni e un po’, e alcuni mesi, che a questa omissione grave non si possa mettere mano negli ultimi mesi e nelle ultime settimane del mandato, ma che questa omissione grave abbia profondamente segnato anche la capacità di programmazione delle diverse politiche di settore, perché francamente credo che se il rimprovero mosso alla legge istitutiva del coordinamento orari e tempi della città è quella di essere stata impostata su una città fordista, francamente penso che le leggi nazionali saranno pure state presentate con sperimentazioni e anticipazioni in città laboratorio qual è quella di Torino, ma certamente non sono leggi che rispecchiano la natura di una città ma le necessità generali delle città di questo Paese. Se quindi quei fondamenti sono superati nella visione che li avevano ispirati si trattava di rifondarli con le caratteristiche aggiornate perché il livello di necessità è assolutamente comune e attuale. Faccio alcuni esempi: quanto sarebbe necessario conoscere, non a spanne, gli studenti, i pensionati ma in modo dettagliato attraverso valutazioni e specifiche indagini. Sarebbe necessario conoscere i comportamenti rispetto all’utilizzo delle diverse forme di mobilità urbana. Devo dire che questa occasione di indagine mancata si accompagna all’indagine mancata sempre in capo all’Assessore Giusta relativa al gender City Manager, cioè ai diversi comportamenti dovuti alle diverse collocazioni e ruoli sociali tra donne e uomini. Ovvero ancora, se le modalità di organizzazione del lavoro anche in termini orari hanno le caratteristiche di flessibilità o di precarietà che sono state qui ricordati, anche le relazioni di questi diversi contesti lavorativi nei rapporti con le offerte del sistema pubblico o dei servizi di pubblico interesse mutano. Quanto sarebbe stato necessario, ad esempio, conoscere in ordine la disarticolazione degli orari per l’accesso agli uffici anagrafici in momenti di difficoltà. Quali siano le pratiche prevalenti, in capo a chi insistano queste pratiche, con che caratteristiche anche di competenza per accessi diversi da quelli in presenza i singoli utenti si comportano. Mi sembra di poter dire che l’attualità dal punto di vista della necessità del coordinamento orari e tempi della Città c’era tutta e c’è tutta. Ora il fatto di non avervi messo mano per così tanto tempo posso anche arrivare ad ammettere che non sia soltanto una omissione di questo mandato amministrativo, ma che la disaffezione sia cominciata persino prima. Tuttavia è una disaffezione colpevole perché sottrae alla capacità della programmazione gli elementi conoscitivi che sono indispensabili alla programmazione stessa. Io non ho attese sul fatto che cambierà questo stato delle cose o perlomeno non ho attese sul fatto che possa cambiare di qui fino alla fine del mandato. Prendo soltanto atto della risposta a questa interpellanza come un’ammissione del non aver fatto compiutamente il lavoro che invece era in capo all’Amministrazione a norma di legge e che era in capo all’Amministrazione in nome della necessità di conoscere per intervenire, cosa che evidentemente non ha toccato la sensibilità in questo mandato amministrativo. Grazie. FERRERO Viviana (Vicepresidente) Allora ringrazio la Consigliera Artesio. |