Interventi |
ARTESIO Eleonora Grazie. Questo delle Farmacie Comunali Torino S.p.A. è un caso di scuola, e poiché, almeno per quel che mi riguarda, a scuola io cerco di apprendere, ho studiato e ripercorso le tappe di questa vicenda e vorrei riproporle all’attenzione del pensiero mio e soprattutto dei colleghi, anche se, ho ascoltato, si sono ritenuti già sufficientemente convinti, in senso opposto al mio, dalle conversazioni intercorse in Commissione. Quindi lo farò almeno a beneficio del verbale. La questione dell’interesse pubblico e della funzione di pubblica utilità delle farmacie è stata ampiamente sottolineata dal collega Lavolta, non è quindi casuale che il Comune sia titolare della concessione, non è casuale che il Sindaco pro tempore di un Comune sia chiamato agli interessi generali di tutela della salute della popolazione e di eguaglianza delle opportunità nell’accesso alla tutela della salute. Sui principi quindi non intervengo ulteriormente, ed era in ragione di questi principi che il Comune e i Comuni gestivano direttamente in economia le farmacie, le Farmacie Comunali, di cui vorremmo conservare memoria e competenza non soltanto nelle insegne. C’è un’evoluzione da questa gestione in economia alla gestione in azienda speciale, secondo la logica della flessibilità dei meccanismi di gestione tipici dei modelli aziendali che pervadeva gli anni ’90 e gli anni 2000, e che ha portato nel 2000 a costituire una Società per Azioni a capitale pubblico - a capitale pubblico - nel corso della quale costituzione, anche con il concorso di una valutazione del decentramento che all’epoca seguivo come responsabilità, aveva anche individuato quali fossero i livelli essenziali di distribuzione di questi servizi nei diversi quartieri, era anche pervenuto ad un’operazione di cessione ma nella salvaguardia della distribuzione territoriale che garantisse il principio di capillarità in ragione di quello dell’eguaglianza di accesso. Quel capitale pubblico resse fino al 2008, quando si costituì Farmacie Comunali Torino S.p.A. con il 51% di capitale pubblico: il 51% al Comune, il 49% tra Farmagestioni e Unioncoop. E questo sicuramente è già un elemento di evoluzione, l’introduzione della partecipazione privata, sulla quale dovremmo riflettere, perché anche il pensiero liberale, quello più rigoroso, quello più netto, quando ragiona di concorrenza difficilmente riesce ad immaginare un principio di concorrenza dove i competitor sono soltanto due, perché quali erano gli interlocutori alternativi alla gestione privata delle farmacie? Solo le farmacie pubbliche. Non esistono dimensioni di competizione in nome dell’efficienza, per usare gli argomenti del pensiero liberale, in cui uno dei due competitor (voci sovrapposte), ed è invece quello che sta succedendo, cioè noi stiamo passando da una situazione in cui il modello di distribuzione di servizio vedeva, fino al 2008, i due soggetti presenti in quel comparto, uno con la Maggioranza in ragione del suo ruolo di concessionario e di tutore, garante degli interessi generali, e l’altro - quello privato - da quel modello passiamo nel 2014 ad un modello in cui il Comune cede ulteriori quote e riserva per sé solo il 20% con un nuovo ingresso di un altro socio privato, Unifarma Distribuzione, e oggi, questa sera, in questo Consiglio, siamo chiamati a rinunciare anche a quella quota del 20% attraverso delle modifiche di Statuto che vengono prescritte all’interno della deliberazione. Ora, mi si dirà, come mi si è detto in Commissione: “E certo, la privatizzazione non è iniziata ora con la delibera di questo mandato amministrativo, è iniziata nel 2014”, o addirittura, come mi è stato detto dal Presidente di Farmacie Comunali Torino S.p.A. “Il vero processo di privatizzazione era cominciato nel 2008, quando il Comune decise di coinvolgere nell’assetto societario, sia pure in funzione di minoranza, le organizzazioni private”, e così scrive Farmacie Comunali Torino S.p.A., vantandola, peraltro, come appunto l’elemento di agibilità, di flessibilità di gestione aziendale, quel passaggio del 2008. Ora, la lezione che io traggo da questo caso di scuola è quello per il quale si parte prevedendo una società di capitale pubblico, e così funziona per qualche anno, si procede prevedendo una maggioranza di capitale pubblico, e così funziona per qualche anno, e poi si finisce con la dismissione della partecipazione pubblica. Allora, se questo è il caso di scuola, io mi domando come facciano delle formazioni politiche che giustamente, e in questo hanno tutto il mio supporto, chiedono di convertire la natura giuridica di gestori privati di beni comuni e di farla tornare ad una natura giuridica a totale partecipazione pubblica, possano su questo caso, che riguarda la tutela della salute, essere così sereni nel dismettere completamente qualunque partecipazione nella gestione di un servizio pubblico essenziale. Ma mi si dirà, come mi si è detto in Commissione: “Ma mica stiamo parlando, proprio perché questo era un settore che dal punto di vista economico aveva solo due competitor - le farmacie private e le farmacie comunali -, non si può applicare un ragionamento tout court privato versus pubblico o pubblico versus privato, perché comunque in questo comparto intervengono solo soggetti che privatamente svolgono l’attività di esercizio delle farmacie, che per missione, che per professione, che per deontologia perseguono gli stessi fini di interesse generale, benissimo. Tra 10 anni vedremo se le partecipazioni in una società che non è più pubblica, che è privata magari non deciderà di investire qualche soggetto con interessi meramente finanziari, o con altri tipi di interessi rispetto all’erogazione dei farmaci, alle misure di prevenzione della salute, agli interventi di domiciliazione dei farmaci e delle prestazioni, agli indirizzi della popolazione verso il farmaco più opportuno - quello da banco e quello più economico - tutti principi scritti all’interno del nostro Statuto e delle regole, magari soggetti che già oggi presenti all’interno del capitale societario acquisiscono, legittimamente, nelle loro attività imprenditoriali dei rami d’azienda di altri comparti, magari quelli della protesica, potrebbero essere interessati a mutare la natura prevalente dell’erogazione delle Farmacie Comunali. Quindi, questo caso dovrebbe servirci da lezione per introdurre tutta una serie di anticorpi per le situazioni nelle quali l’interesse pubblico dovrebbe essere prevalente. Ma questi anticorpi questa discussione non li ha voluti introdurre, non ha voluto nemmeno considerare le palesi contraddizioni che sussisteranno tra l’essere meramente concessionario in rapporto agli elementi di garanzia che ora erano introdotti nello Statuto, e che rilevavano ed enfatizzavano la funzione pubblica dell’Ente Locale; non si è voluto, ragionando sugli emendamenti, nemmeno badare all’interesse economico, l’ho detto prima, guardate che la valorizzazione delle quote è scritta in un modo nello Statuto, è scritta in un altro modo nella delibera di indirizzo generale del 2019, ed è peraltro non risolta la questione degli aspetti statutari nell’avviso pubblico; per cui noi non sappiamo nemmeno con un avviso pubblico che anticipa la delibera, in esecuzione di un indirizzo generale delle partecipate dell’anno scorso, se poi interverranno dei contenziosi successivi perché magari gli elementi statutari non corrispondono alle aspettative dei concorrenti in quella determinata gara. Quindi, da questo punto di vista, io credo che si stia veramente tradendo un principio comportamentale di tutela dei beni comuni che a me è caro, ma che ho sentito proclamare anche da questa Maggioranza. E concludo su una questione di metodo: ogni qualvolta vengo a proporre questi elementi, mi sento dire: “La questione è cominciata prima”, la questione è cominciata prima? Non evidentemente con una mia compartecipazione, già questo dovrebbe comportare una risposta alle mie obiezioni che non è avvenuta; ma a parte questo aspetto, ma anche se la questione è cominciata prima, oggi siamo chiamati a contenere e a ridurre le conseguenze di una questione cominciata prima, non essendo inevitabili queste conseguenze, essendo evitabili, non cedendo questo 20%. Ma ancora, voglio usare una metafora che so che è particolarmente irritante per qualche Consigliere, e la metafora è la seguente: se i cittadini e le cittadine di Torino ci hanno consegnato un veicolo con il quale noi abbiamo agevolmente guidato nel loro interesse verso le loro direzioni per un certo numero di anni, e poi abbiamo cominciato a dire: “Vendiamo gli specchietti retrovisori”, che fra l’altro guardare indietro magari ci servirebbe ad imparare e a prevenire, ma questo è già troppo sofisticato; “Vendiamo gli specchietti retrovisori”, ma tanto continuo a usare il veicolo; e poi venderemo un po’ le gomme, ma tanto continuo a usare il veicolo, in nome delle cittadine e dei cittadini; e poi vendo la batteria, piuttosto che i raggi delle ruote, a seconda del veicolo che vorrete immaginare; e poi alla fine che me ne faccio della scocca e del telaio? Vendo tutto. Ed è quello che stiamo facendo. Se poi si vuole dire che la colpa di aver ceduto il veicolo sia quella di chi ha venduto gli specchietti retrovisori, liberi di fare questo tipo di argomento e la democrazia, quella autentica, quella dei cittadini che esprimono poi nel voto la loro opinione vi dirà se è stato un argomento convincente; personalmente, io non ne sono convinta, soprattutto non sono convinta di un Comune che mi dice: “Rinuncio a co-guidare anche in co-partecipazione perché tanto io regolo il Codice della Strada; tanto io, titolare della concessione, sarò sempre in grado di garantire, di valutare, se nel caso sanzionare”, salvo che a oggi nessuno ci sta dicendo né nello Statuto, né nel contratto dei servizi, né nella carta di qualità come saranno introdotti questi elementi di garanzia, e nessuno ci sta dicendo come quella cessione per 99 anni del canone di concessione, cioè quelle licenze di esercizio per il quale il pubblico, e solo il pubblico, può dire ad altri di esercitare funzioni di interesse generale e che oggi produce una restituzione annuale pro quota al Comune di Torino, continui ad essere salvaguardato. Insomma, quest’operazione mi pare un’operazione in sé profondamente sbagliata, nella logica generale delle politiche con le quali il Comune rivendica per sé, in quanto rappresentanza dei cittadini, la tutela degli interessi generali profondamente contraddittoria, ed è questa la ragione per la quale io mi ostino a riproporre gli argomenti che ho già sottolineato in Commissione, sperando in un ripensamento della Giunta e della Maggioranza, e in una ricerca di tutti, almeno di tutti gli approfondimenti su questioni che ho cercato di rappresentare e che mi paiono rilevanti. Grazie. |