Interventi |
CARLEVARIS Cinzia Grazie, Presidente. Sono contenta di riuscire finalmente a discutere quest’atto, che avevo presentato a febbraio, perché a 4 anni quasi esatti dall’omicidio di Giulio Regeni, c’è un altro giovane ricercatore, che è iscritto all’Università in Italia ed è nuovamente nelle mani delle forze di sicurezza dell’Egitto, del Generale al-Sisi, e si tratta di Patrick George Zaki, un ragazzo di 28 anni, egiziano, studente del master internazionale Erasmus Mundus, vincitore di una borsa di studio Erasmus in Women’s and Gender Studies all’Università di Bologna ed è quindi a pieno titolo parte della comunità universitaria italiana ed europea. Zaki si trovava a Bologna dallo scorso agosto, proprio per frequentare questo master ed era tornato a casa in Egitto per una breve vacanza, approfittando dell’interruzione delle lezioni del semestre, nella sua città natale, a Mansura, e quando il suo volo è atterrato, il 7 febbraio mattina, alle 4.00 di mattina, ha trovato gli agenti dei servizi segreti ad aspettarlo ed è stato arrestato, e l’arresto sarebbe avvenuto in esecuzione di un mandato di cattura emesso lo scorso 23 settembre, ma mai notificato né alla famiglia, né a Zaki, con l’accusa di sedizione per alcuni post a lui attribuiti, pubblicati su Facebook, per istigazione al rovesciamento del Governo e della Costituzione e gli viene imputato di essere un attivista per i diritti della comunità LGBT. Dal momento del suo arresto, non se ne sono avute più notizie per 27 ore. In queste 27 ore, dalle 4.00 di mattina dell’arresto, Zaki è stato interrogato, è rimasto bendato tutto il tempo, ammanettato, è stato picchiato ed è stato torturato con l’elettricità. Il Procuratore che lo ha interrogato si è rifiutato di mettere agli atti la sua testimonianza, dichiarando che non era quello il luogo, trattandosi solo di un interrogatorio preliminare e da allora sono trascorsi circa 100 giorni in cui la detenzione preventiva è stata rinnovata di 15 giorni in 15 giorni, che è una pratica consentita dall’ordinamento giudiziario egiziano, per cui la detenzione preventiva può essere rinnovata fino a 2 anni, di 15 giorni in 15 giorni, e dopo 2 anni di 45 giorni in 45 giorni, senza mai necessariamente arrivare ad un processo, come accade alla gran parte dei dissidenti detenuti senza condanna; e l’udienza che dovrebbe dirci se e per cosa Zaki merita un processo oggi non è ancora stato svolto. I ripetuti rinnovi della custodia cautelare sono una strategia che la Magistratura egiziana utilizza da tempo per non rinviare a giudizio i dissidenti e le figure politicamente più scomode, lasciandole lì in una sorta di limbo. Nel frattempo, Zaki è stato trasferito dalla struttura di detenzione di Talca, la prigione pubblica di Mansura e poi alla prigione di Tora al Cairo, dove è reclusa la maggior parte delle decine di migliaia di dissidenti politici del Paese. Tora è quel carcere che è stato definito il buco nero dell’Egitto da vari report, sia di Amnesty International, che di Humans Right Watch, perché i dissidenti politici entrano e poi difficilmente escono, ed è lo stesso carcere in cui venerdì scorso, venerdì 1° maggio, è morto il giovane regista Shady Habash, un ragazzo di 20 anni, che da più di 2 anni era trattenuto, esattamente come Zaki, in attesa di processo, dopo essere stato arrestato poco più che diciottenne, appunto più di due anni fa, per avere diretto un video musicale di una canzone critica nei confronti del Generale al-Sisi. L’ultima volta che i familiari hanno potuto vedere Zaki è stato il 9 marzo, quindi quasi 2 mesi fa, ed è anche l’ultimo giorno in cui si sono avuto sue notizie. Né i legali, né la famiglia hanno più potuto vederlo, né avere sue notizie. Inoltre, Patrick è asmatico, il che lo rende più esposto ai rischi connessi al Covid, chiaramente, specialmente in un posto così pericoloso ed affollato come le carceri egiziane. Tutto questo premesso, richiamata la mozione numero 61 del 2017, già votata da questo Consiglio, a prima firma Versaci, avente ad oggetto: “Verità per Giulio Regeni”, con quest’ordine del giorno noi condividiamo l’appello di Amnesty International al rilascio di Patrick Zaki; chiediamo per Patrick, membro della nostra comunità, il rispetto dei diritti fondamentali, dei diritti politici, la tutela della libertà di espressione e soprattutto il diritto alla libertà individuale; contestualmente chiediamo verità sui mandanti ed esecutori dell’omicidio di Giulio Regeni. Inoltre, con quest’ordine del giorno, il Consiglio si impegna ad intervenire presso il Governo e tramite gli organi nazionali competenti, affinché si attivino con il massimo impegno per il rilascio di Patrick Zaki, perché purtroppo l’unica speranza per Zaki risiede nella comunità internazionale e nel non far spegnere i riflettori sulla sua incarcerazione. Vi ringrazio. Ho finito. |